"E' merito delle nostre aziende piccole, medie e grandi che hanno saputo guardare al mondo - sottolinea il ministro Maurizio Martina - portando il made in Italy fuori dai nostri confini. Siamo stati al loro fianco in questi anni con Expo, il piano di internazionalizzazione, il marchio unico per l'agroalimentare. Inoltre, con un importante lavoro diplomatico, abbiamo riaperto tanti mercati che prima erano preclusi alle esportazioni italiane, come succedeva con i salumi negli Stati Uniti o con la carne di maiale in Cina. Si tratta di opportunità nuove, a vantaggio di agricoltori, allevatori e produttori, che sono la spina dorsale dell'economia dei nostri territori, protagonisti del rilancio produttivo e occupazionale. Dobbiamo continuare a valorizzare di più e meglio l'origine sull'etichette, come abbiamo fatto per i formaggi, la pasta, il riso e i derivati del pomodoro. Il made in Italy si protegge davvero a 50 miliardi l'export entro il 2020, non con dazi e barriere da propaganda elettorale".
Facendo un focus sui mercati riaperti grazie al lavoro del ministero dello Sviluppo economico e del ministero della Salute per la rimozione delle barriere non tariffarie, negli Stati Uniti è stata aperta l'importazione ai salumi italiani e all'export di pere e mele, mentre in Cina è stato rimosso il bando sulle carni suine italiane, oltre all'ok arrivato per agrumi e kiwi. Sul mercato giapponese si è ottenuto l'ok definitivo per le importazioni di carni bovine, oltre allo stop di arance tarocco, moro e sanguinello.
Via libera per i kiwi italiani anche in Corea Del Sud, Cile e Canada. In quest'ultimo mercato è stato autorizzato pure l'ingresso di uva da tavola e susine. Importante passo avanti per il mercato vivaistico, con Marocco e Algeria che hanno sbloccato lo stallo sull'import dall'Italia di materiale di moltiplicazione di vite e fruttiferi. Soddisfazione dell'associazionismo agricole, anche se con alcune riserve.
"Non si deve abbassare la guardia se vogliamo superare il muro dei 50 miliardi di euro di export e ridurre ulteriormente il nostro deficit commerciale - sottolinea Cia - resta opportuno in questa fase delicata e incerta non chiudersi al mondo, ma esplorando nuovi mercati nel rispetto della reciprocità delle regole commerciali quindi, garantendo i necessari controlli affinché le produzioni in arrivo rispondano agli standard vigenti nell'Unione europea".
"Quello della crescita dell'export agroalimentare complessivo è un successo, ma dimezzato - spiega Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura - questo perché stiamo diventando sempre di più un paese che importa prodotti e materie prime agricole che poi trasforma. La bilancia commerciale di questi prodotti continua a soffrire. Nel 2017 le importazioni sono ancora una volta cresciute più dell'export e il deficit si è riportato oltre i 7 miliardi di euro, il valore peggiore dal 2014".
"Si tratta di un ottimo risultato proprio all'inizio dell'anno del cibo italiano nel mondo - sottolinea Coldiretti - si confermano così le potenzialità del made in Italy a tavola per la ripresa economica e occupazionale del paese. Si tratta di un risultato importante, minacciato da falsi e tarocchi, che ogni anno sui mercati internazionali sottraggono al sistema Italia circa 60 miliardi di euro ogni anno".