Il tema della vertical farm sta riscuotendo sempre più interesse, come testimonia anche l'esperienza di Expo. Già da qualche anno gruppi di ricerca e team di lavoro hanno affrontato la questione, facendo progetti per recuperare magari aree dismesse delle città e renderle più sostenibili in ambito alimentare ed energetico.

E' il caso di Matteo Benvenuti, giovane ingegnere progettista, che da alcuni anni sta lavorando a una ricerca sulle vertical farm e alla possibilità di applicazione su larga scala nelle città italiane. Dopo aver riscosso interesse, senza però trovare un'occasione realizzativa, Matteo ha creato un piccolo team di lavoro con un gruppo di amici, per sviluppare un primo prototipo italiano di vertical farm acquaponica energeticamente autosufficiente.
Il progetto, partito ufficialmente a novembre 2014, ha visto il 1 maggio di quest'anno la partenza del primo impianto di vertical farm.

L'avvio del prototipo può essere certamente visto come un punto di arrivo ma anche come un punto di partenza – commenta Matteo Benvenuti – Le vertical farm all'inizio sono state concepite, specialmente nelle grandi metropoli americane e del sud-est asiatico, come una possibilità concreta di recupero di aree dismesse. Portando questi progetti nel contesto italiano, fatto più che altro da centri urbani di piccole o medie dimensioni, il pensiero va più che altre a piccole aree industriali non più utilizzate o a capannoni in disuso”.

Parlando con AgroNotizie, Matteo si sofferma sul percorso che l'ha portato fino alla realizzazione del suo prototipo.
Dopo aver finito di studiare all'Università di Perugia, non c'era la possibilità di fare il dottorato, ma ho partecipato a un bando per progetti innovativi. Fortunatamente sono risultato vincitore e con una borsa di studio della Regione Umbria, ho portato avanti la ricerca sull'agricoltura urbana, da quattro anni a questa parte. Con un gruppo di amici siamo riusciti a portare a termine il lavoro a maggio, una grande soddisfazione dopo anni di lavoro e sacrifici”.

Il prototipo è una torre circolare alta circa 5 metri, che occupa una superficie di poco meno di 4 metri quadrati, sulla cui sommità si trova un generatore eolico ad asse verticale. Al suo interno è collocato l'impianto di produzione acquaponico, che consente di coltivare 400 piante e allevare 10 chili di pesce contemporaneamente.
Una volta a regime si potranno coltivare fino a 4000 piante all'anno (dipende dalla specie coltivata) e dai 10 ai 20 chili di pesce all'anno.
Il progetto tende a fare di più con meno, a ridurre l'impatto ambientale (il 90% dei materiali è riciclabile) e creare un sistema a ciclo chiuso che minimizzi la produzione di rifiuti e l'utilizzo di risorse.

A tale scopo la farm è dotata di un impianto ibrido fotovoltaico-eolico ad accumulo che le consente di funzionare in quasi completa autonomia, mentre al suo interno è presente un sistema di monitoraggio e gestione, basato sulla tecnologia Arduino, in modo da monitorare i valori dell'impianto e controllarne le varie parti anche attraverso internet. Altra caratteristica della struttura sono la scalabilità e la facilità di montaggio, caratteristiche che la rendono facilmente adattabile alle diverse situazioni in cui può essere installata.

La vertical farm chiaramente non può risolvere tutti i problemi, guai a pensarlo – dice Benvenuti – Ma può rientrare certamente in una serie di iniziative, volte tutte al recupero sostenibile di spazi non utilizzati e, parallelamente, alla produzione di cibo. La vertical farm può essere quindi una soluzione, non l'unica, nell'ottica di produzione, recupero e sostenibilità”.

Per il futuro - conclude il giovane ingegnere - l'intenzione è naturalmente quella di continuare questo percorso, andando magari ad applicare migliorie al prototipo, che per definizione è imperfetto di natura, rendendolo così appettibile a chi vuole fare un investimento su questo progetto. Sicuramente all'inizio i costi per l'installazione non sono certamente contenuti, ma il ritorno può essere davvero interessante”.