Ridurre lo spreco del cibo del 50% entro il 2020.

Questo è l'obiettivo del Protocollo di Milano della Fondazione Barilla, alla luce dei dati decisamente allarmanti. Ogni anno infatti vengono sprecati e persi circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, un terzo della produzione mondiale, equivalente a quasi 1 trilione di dollari in valore. Un quarto del cibo sprecato sarebbe sufficiente per nutrire i 795 milioni di persone, che ancora oggi soffrono la fame nel mondo. In occasione della Giornata dell'Ambiente, quest'anno celebrata ufficialmente all'Expo di Milano, la Fondazione Barilla center for food and nutrition pone come obiettivo il dimezzamento dello spreco di cibo entro il 2020.

Per arrivare a questo, secondo la Fondazione Barilla “bisogna intervenire sull'intera filiera, dagli agricoltori ai consumatori, con attività di prevenzione, per evitare gli sprechi fin dall'inizio del processo produttivo, e poi imparando a riutilizzare gli avanzi di cibo per l'alimentazione umana e per quella animale, ed infine per la produzione di energia e compostaggio”.
Lo spreco di cibo infatti non è soltanto quello che si verifica nella parte finale della catena alimentare, durante la distribuzione, la vendita e il consumo, ma è pure la perdita che avviene nella fase della produzione agricola, dopo la raccolta e la trasformazione degli alimenti.

Secondo i dati della Fondazione, lo spreco di cibo da parte dei consumatori è in media tra i 95 e i 115 chili pro capite all'anno in Europa e Nord America, mentre i consumatori di Africa Sub-sahariana, sud e sud-est asiatico, ne buttano via circa 6-11 chili all'anno. Infatti, se nei paesi industrializzati più del 40% delle perdite si verifica nelle fasi di vendita al dettaglio e consumo finale, nei paesi in via di sviluppo lo stesso 40% degli sprechi si verifica dopo la raccolta e durante la lavorazione.

Gli sprechi alimentari hanno un impatto negativo sull'ambiente, sull'economia, sulla sicurezza alimentare e sulla nutrizione – afferma Ludovica Principato, ricercatrice della Fondazione Barilla – Il carbon footprint globale del cibo perso e sprecato a livello globale è di circa 3,3 miliardi di tonnellate di Co2 ed equivale al 6-10% circa delle emissioni di gas serra antropogeniche, cioè prodotte dall'uomo. Lo spreco inoltre comporta una riduzione della disponibilità globale e locale di cibo e ha un impatto negativo sull'accesso al cibo a causa anche dell'aumento dei prezzi”.

Il cambiamento climatico sia in termini di riscaldamento globale che di scarsità delle precipitazioni in alcune regioni del Pianeta – spiega Riccardo Valentini, professore universitario all'Università della Tuscia e membro dell'Advisory Board della Fondazione Barilla – contribuirà ad aumentare i prezzi globali dei beni alimentari in una forbice dal 3 al 84% entro il 2050, con serie minacce per la produzione di cibo e la sicurezza. 800 milioni di persone soffrono ancora gravemente di malnutrizione nel mondo e circa 36 milioni muoiono per la mancanza di cibo. Affrontare con successo il problema dell'accesso al cibo è quindi la grande sfida degli anni a venire”.

Le possibili soluzioni per ridurre le dimensioni dell'impatto dello spreco vanno dall'investimento prima nella riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari all'avvio di iniziative di recupero degli sprechi non ancora eliminati, passando per accordi di filiera per programmare al meglio l'offerta alimentare fino all'educazione dei consumatori.