Il Protocollo di Milano
Durante il Sesto Forum internazionale per il cibo e la nutrizione è stata formalmente presentata la versione finale del Protocollo di Milano, documento nato sotto l'impulso del Barilla Center for Food and Nutrition che ha fra i suoi cardini proprio l'agricoltura sostenibile e che punta a risolvere tre grandi paradossi sul cibo: oggi per ogni persona malnutrita nel mondo ce ne sono due in sovrappeso, un terzo dell'intera produzione alimentare globale è destinata alla nutrizione di animali e una quota crescente di terreni agricoli serve per produrre biocarburante, ogni anno nel mondo si sprecano oltre 1,3 tonnellate di cibo mentre 805 milioni di persone soffrono la fame.
“Oggi la quantità di cibo prodotta basterebbe a sfamare 14 miliardi di persone, ma più della metà di quella quantità va sprecata”, ha sottolineato Philip Lymbery, amministratore delegato del Compassion in world farming, ovvero la principale organizzazione internazionale sul benessere degli animali in allevamento.
Il 'Protocollo di Milano' punta all'abbattimento del 50% del cibo sprecato entro il 2020 attraverso campagne mirate e ad accordi che coinvolgano l'intera catena alimentare partendo dalla filiera agricola, a riforme agrarie che promuovano un'agricoltura sostenibile e alla lotta alla speculazione finanziaria che scommette sul prezzo delle materie prime, alla lotta all'obesità incoraggiando la cultura della prevenzione. Sono diversi gli organismi e le aziende che hanno sostenuto il protocollo; l'idea è quella di farlo sottoscrivere agli Stati che a partire dal maggio 2015 parteciperanno all'Expo di Milano.
Guido Barilla: le priorità del Protocollo di Milano
"Il Protocollo di Milano è una grande opporturnità che la Fondazione Barilla ha voluto dare in occasione dell'Expo - ha dichiarato Paolo De Castro, relatore permanente per Expo 2015 della Commissione Agricoltura dell'Europarlamento - L'Expo non va visto solo come vetrina di prodotti ma anche come occasione per comprendere le problematiche che ci sono dietro la sfida di produrre abbastanza cibo per una popolazione che cresce continuamente".
Paolo De Castro: Ttip, greening e Pac alla presentazione del Protocollo di Milano
A margine del Forum internazionale, De Castro si è soffermato anche sulla nuova Pac e in particolare sulla questione greening: "Un rinvio non è possibile" ha detto, confermo che entrerà in vigore dal primo gennaio 2015.
Produrre di più con meno terreni: l'importanza della biodiversità
Durante la tavola rotonda intitolata "Come creare un'agricoltura sostenibile" hanno dibattuto sul tema alcuni dei maggiori esperti mondiali: David Baldock, direttore esecutivo dell'Istituto per la Politica ambientale europea, Marie Haga, direttore esecutivo del Trust per la Diversità globale delle colture, Johan Rockstorm, scienziato di fama internazionale, esperto di sviluppo sostenibile e direttore del Centro di resilienza di Stoccolma e Philip Lymbery, del Compassion in world farming.
I quattro esperti hanno definito gli obiettivi che loro ritengono imprescindibili per il 2015 appellandosi a chi ha la facoltà di decidere, nel mondo. Durante l'anno prossimo è necessario trovare un nuovo accordo sulle emissioni di anidride carbonica, dare una definizione riconosciuta internazionalmente di cosa sia l'agricoltura sostenibile e perseguirla, adottare un approccio olistico in agricoltura e tornare ad allevare gli animali a terra per poter ottenere cibo di qualità. Si tratta di obiettivi ambiziosi, hanno sostenuto i relatori, ma dal momento che, secondo i dati Fao, entro il 2050 la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi e contemporaneamente i cambiamenti climatici in corso porteranno a un aumento delle temperature e a una riduzione delle precipitazioni è evidente che i sistemi agricoli vadano cambiati.
Secondo Johan Rockstorm, al momento, in tutto il pianeta non esiste un modello agricolo che soddisfi a pieno le caratteristiche di sostenibilità.
“L'agricoltura deve affrontare la sfida più grande di tutti i tempi - ha detto Marie Haga - Con gli attuali modelli di produzione le rese per ettaro di terreno diminuiranno a causa dei cambiamenti climatici, bisogna invece produrre di più utilizzando meno terreni. La buona notizia è però che, con le giuste politiche, si può fare: la soluzione è tornare alla biodiversità. Per esempio esistono duecentomila varietà di riso al mondo, tremila varietà di noci di cocco, più di duemila varietà di patate, si tratta di coltivare la varietà giusta nel posto giusto, quella più adatta ai cambiamenti climatici. Negli Stati Uniti oggi si coltiva solo il 7% delle varietà di frutta e verdura che si coltivavano a inizio del '900”.
Il progresso scientifico può venire in soccorso alla necessità di produrre più derrate alimentari: “Si può lavorare sull'adattamento delle piante ai cambiamenti climatici, si possono produrre nuove specie, l'importante è concentrare gli sforzi delle politiche internazionali in questa direzione”, ha detto ancora Marie Haga.