Riforma del settore ortofrutticolo, un unico programma di distribuzione prodotti agricoli nelle scuole e al via i negoziati con i Paesi terzi sul biologico. Niente accordo sul futuro settore lattiero e fumata nera sull'indicazione di origine di tutte le carni non trasformate.

Accordo raggiunto sulla futura riforma del settore ortofrutticolo. Entro il 2018 la Commissione europea dovrà pubblicare un rapporto con le possibili proposte legislative su tutte le regole comunitarie di settore. Soddisfatta l'Italia, che preferisce aspettare l'entrata in vigore della nuova Politica agricola comune (Pac) prima di toccare il settore ortofrutticolo - per il quale le nuove regole varranno dal 2020. Soddisfatte anche Francia e Spagna, oltre a Germania, Danimarca e Paesi Bassi che raccomandano una ridiscussione totale dell'Organizzazione comune unica dei mercati (Ocm) per orientarla verso una maggiore ricerca e sviluppo.
Nel dettaglio, dieci Paesi (Ungheria, Bulgaria, Croazia, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Romania e Slovenia) chiedono una migliore ripartizione dei fondi per i produttori di certe regioni.

Il Commissario Ue all'Agricoltura, il rumeno Dacian Ciolos, si è detto intenzionato a rendere l'intervento dell'Ue più efficace per "aumentare l'organizzazione dei produttori all'interno dei Paesi membri". Sempre secondo Ciolos, "la Commissione è d'accordo sul bisogno di rendere il sistema più fruibile e diminuire la burocrazia stabilendo un quadro di regole chiaro e trasparente che riduca gli errori". Per questo, dopo aver raccolto le impressioni del Consiglio Ue e del Parlamento europeo, "la Commissione potrà esaminare la possibilità di un'eventuale opposta di revisione del sistema che implicherebbe una revisione della normativa di base".

Strada in salita per il futuro del settore lattiero. La Presidenza greca del Consiglio Ue non è riuscita a mettere d'accordo le due anime in seno al Consiglio sul futuro del settore lattiero in Europa: da una parte i Paesi che vogliono un minor coefficiente di grasso nel latte (con conseguenti maggiori quote di produzione) e altri che sono contrari. Tra i primi figurano soprattutto Germania, Danimarca e Paesi Bassi. L'Italia, come la Francia, l'Ungheria, la Slovenia e la Slovacchia, vuole solamente rafforzare gli strumenti di mercato. A parte Regno Unito e Svezia che non vogliono né un minor coefficiente di grasso né un ulteriore intervento europeo sul mercato. Al contrario, Austria e Polonia vogliono entrambi gli interventi. Ovviamente i Paesi che vogliono un minor coefficiente di grasso sono quelli che hanno superato le quote di produzione e che non vogliono pagare delle sanzioni.

Un unico programma di distribuzione prodotti agricoli nelle scuole europee. Presentato il progetto di fusione dei due programmi attuali, ma si rischia una battaglia giuridica tra istituzioni europee. L'obiettivo è ottimizzare l'intera distribuzione di frutta, verdura, latte e prodotti lattiero caseari nelle scuole diminuendo i costi amministrativi.
Le regole odierne risalgono al 1977 e al 2007. D'accordo sul fine, il dibattito sta tutto nel metodo: all'orizzonte uno scontro tra Consiglio Ue (Paesi membri) e Parlamento europeo sul metodo giuridico da utilizzare che vede quest'ultimo impegnato a mantenere la codecisione sulla materia (la possibilità di essere incluso nel processo legislativo). Alcune delegazioni nazionali hanno chiesto un'estensione dei prodotti inclusi nel programma ai formaggi e yogurt; altre hanno chiesto di includere anche i prodotti a base di frutta trasformata come i succhi; altre ancora di prendere in considerazione anche il miele, le olive da tavola e l'olio d'oliva.

Niente da fare per l'etichettatura di origine della carne. I ministri hanno rigettato la proposta del Parlamento europeo di indicare l'origine di tutte le carni - ovina, suina, caprina e bianca - come oggi avviene per quella bovina. Il Parlamento aveva votato il 6 febbraio 2014 a grande maggioranza l'obbligo di indicazione in etichetta dell'origine di tutti i prodotti non trasformati a base di carne. Secondo la Commissione europea, la richiesta del Parlamento europeo era troppo azzardata in quanto una simile etichettatura avrebbe aumentato i costi di produzione dei prodotti. Contrari, infatti, si sono detti l'Irlanda, la Spagna, la Francia, i Paesi Bassi, il Belgio e il Portogallo.

Al via i negoziati con i Paesi terzi sul biologico. Il Commissario Ue all'agricoltura, Dacian Ciolos, propone "di rivedere gli accordi internazionali dell'Unione passando da disposizioni amministrative ad accordi reali, con una vera reciprocità tra Paesi, anche per consentire ai produttori comunitari di esportare in modo trasparente e con garanzie giuridiche".
La revisione in corso del quadro giuridico del settore della produzione biologica ha rivelato delle carenze nel sistema attuale di riconoscimento dei Paesi terzi ai fini della reciprocità. Il Consiglio dell'Ue ha quindi incoraggiato la Commissione europea a migliorare gli attuali meccanismi per agevolare il commercio internazionale di prodotti biologici, richiedendo reciprocità e trasparenza in tutti gli accordi commerciali. "Applicheremo la stretta conformità alle regole Ue per le importazioni di prodotti biologici, riducendo così il margine di manovra degli organismi di controllo nei Paesi terzi", ha concluso Ciolos.