Un excursus del credito in agricoltura dalla nascita dei primi istituti di credito fino ad oggi, passando per il protezionismo e l’autarchia del fascismo nei confronti dell’agricoltura, l’ampliamento dei beneficiari fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento (con l’erogazione del credito agrario alle cooperative agricole, anche a quelle esercenti attività commerciale o industriale), il Testo Unico del 1993.

A Firenze la prolusione all’inaugurazione del 261° anno accademico dell’Accademia dei Georgofili è affidata al presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi), Antonio Patuelli, accademico e componente il Consiglio della più antica accademia dedicata all’agricoltura.

Fin dall’Unità d’Italia l’attenzione al comparto primario e al finanziamento è stata centrale, con analisi approfondite sul territorio, per definire la portata del fenomeno agricoltura. Così, ricorda Patuelli, “col primo censimento agrario del ministro all’Agricoltura Jacini, ma anche con la mappatura delle zone malariche, effettuata dall’onorevole Torelli nella seconda metà dell’Ottocento”.
Nastro avanti velocemente. Per arrivare “all’abbandono, negli anni Settanta, dei rappresentanti governativi alle riunioni degli istituti agrari regionali, i cui compiti erano di sorveglianza, affinché non fossero adottate risoluzioni contrarie alle normative”.
“In un percorso di prima liberalizzazione graduale del credito agrario – osserva Patuelli - il credito agrario agevolato si configura, limitatissimo, come un concorso del pagamento degli interessi da parte dello Stato o delle Regioni, che si sono caratterizzate per una nutrita e variegata liberalizzazione in proposito”.

Nel 1993 la vera svolta, “con l’approvazione del Testo Unico sulla legge bancaria, che abolisce gli istituti speciali di credito agrario, che si trasforma in credito all’agricoltura, materia di diritto ordinario, fortemente semplificata rispetto alla legislazione precedente”.
Tutte le banche, dal 1993, possono erogare credito all’agricoltura. “E si modifica, altresì, il target dei beneficiari. I clienti non sono più soltanto agricoltori, ma tutti i soggetti che fanno parte della filiera. Tutto questo ha consentito al settore di evolversi”.

“Oggi – spiega il numero uno dell’Abi – il rapporto fra impresa agricola e mondo bancario è in piena evoluzione, caratterizzato dall’interesse sul primario, come dimostrano i dati sul credito all’agricoltura”.
Inoltre, “dopo il Testo Unico del 1993 è cresciuto progressivamente il credito all’agricoltura in Italia, fino ai circa 44 milioni di euro del 2012 e del 2013, i massimi storici, di fronte ai quali le sofferenze sono ora attestate a circa il 10%, un livello elevato, ma inferiore a quello degli ultimi anni della precedente legislazione”.
Marginale è, invece, divenuto il credito agevolato all’agricoltura, sceso nel 2009 sotto il miliardo di euro e attestato nel 2012 e 2013 a poco più di soli 500 milioni di euro.

“Insomma – ha aggiunto il presidente Patuelli – nonostante la de-specializzazione le banche in Italia hanno sviluppato il credito agrario visto come un settore imprenditoriale e come tale valutandolo senza privilegi o discriminazioni. Possiamo inoltre constatare da parte delle banche in Italia un rinnovato e più forte interesse verso il comparto agricolo, con la nascita anche di nuovi settori dedicati e lo sviluppo di prodotti specifici, conseguente anche a una più corretta applicazione dei principi di Basilea e di una più accurata valutazione del rischio in un comparto così peculiare, quale quello dell’agricoltura”.

Il presidente Patuelli sostiene che “più le aziende agricole vedranno crescere una cultura d’impresa e strutture di gestione proprie delle imprese, più sarà possibile favorire l’ulteriore crescita di una seria e trasparente collaborazione fra banche e imprese agricole in una fase in cui le aziende agricole sono spesso protagoniste di un nuovo interesse”.