'Ai tempi di mia nonna non si buttava via niente. Nemmeno l’esperienza. Un bacio era cosa rara e veniva custodito come un tesoro. Il dolore si conservava gelosamente per non dimenticarlo. Adesso calze, dolori e baci, consumiamo tutto, rompiamo tutto, ci disfiamo di tutto'.

Consumiamo. Troppo e male. Disordinatamente e sconsideratamente, senza prestare attenzione a che non tutto si rigenera e torna ad essere come prima. Tutto si consuma, tutto, come nello scorcio del romanzo 'Il tempo di Blanca' della scrittrice cilena Marcela Serrano.
Ora, sotto la spinta urgente indotta da crisi economica e collasso ambientale, si impone un cambio direzione verso un consumo ragionato, attento, in una parola, sostenibile. Questo il fil rouge del workshop dal titolo "Sostenibilità: terreno di incontro tra industria e distribuzione" promosso lo scorso giovedì 7 febbraio da Legambiente con la collaborazione di Aida partners Ogilvy.

Orchestrati da Luigi Rubinelli, direttore di Retail Watch, si sono susseguiti gli interventi degli esponenti dei settori distribuzione - Coop, Sma, Cosidis - Interdis, Conad e Unes - e dei rappresentanti dai marchi Mareblu, Bonduelle Italia, Oleificio Zucchi, Verallia, Carlsberg Italia, Energy efficiency revolution, Mercurio grafiche e Renovo per il comparto industriale.

Ciascuno con i propri punti di vista, raccontando di interventi più o meno virtuosi, ha provato a interpretare il quesito di  Legambiente: "Esistono le basi per una filiera sostenibile, condivisa da industria e distribuzione, che dia risposte concrete alla domanda di valore dei cittadini che consumano sempre meno, ma che sono disposti a usare le loro ridotte capacità di acquisto per consumare meglio?".

Una risposta univoca, naturalmente, non c'è stata.  Anzi, quello che è emerso è stato un quadro di interventi in ordine sparso. 

Ad esempio, le 650 mila tonnellate di rottame di vetro riciclato da Verallia, l'abbattimento del dieci per cento delle emissioni ambientali per l'oleificio Zucchi, la riduzione degli imballi della catena Simply e ancora la scelta di eliminare i volantini come pratica di comunicazione della catena Unes, sono suonati volatili e meno incisivi di quello che potrebbero essere se efficacemente comunicati al consumatore finale. Un cittadino e consumatore, spesso disorientato che deve fare i conti con un prezzo a volte e per molti, non sostenibile. 

Grande assente dal confronto, il segmento a valle. Unica voce fuori dal coro, peraltro sopita dalla stentorea conduzione del dibattito, quella del presidente del Movimento difesa del cittadino.

Nessuna menzione per il custode ultimo delle risorse: l'agricoltore.
Non che fosse indispensabile la presenza dei rappresentanti agricoli, del resto il dibattito era rivolto a produzione e distribuzione e non al comparto agro-alimentare. 
Ma visto che a quest'ultimo è destinata una fetta importante degli interventi e delle risorse disponibili, sarebbe stato almeno utile ricordare che senza le basi che consentono alle imprese agricole di investire in innovazione, senza quei margini contrattuali che rendono sostenibili (anche economicamente) le produzioni, non si potrà parlare - come è stato fatto durante il workshop - di sostenibilità a 360 gradi.