Anche l'agricoltura paga il suo prezzo per la riduzione della spesa pubblica, la famigerata spending review, con la quale il Governo ha deciso di raggranellare i risparmi necessari per evitare l'aumento programmato dell'Iva già nel prossimo mese di ottobre.

Il testo del decreto conferma le indicazioni già delineate dal ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, prima dell'approvazione del provvedimento, e ribadite ieri in Commissione Agricoltura del Senato: con la pianta organica del ministero agricolo già ridotto all'osso, i sacrifici per la causa comune saranno concentrati tutti sugli enti collegati al ministero.

E così è stato, ma non per tutti.
Ovviamente, al dicastero agricolo si applica il taglio lineare della pianta organica dirigenziale. Per il resto, sotto la scure del ministro Catania sono finiti l'Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) che viene soppresso e le competenze passano al Centro per la ricerca agricola (Cra).

Come effetto collaterale di questa operazione c'è il caso dell'ex-Ense, l'Ente nazionale per le sementi elette che, dopo un breve stage per incorporazione nella stessa Inran, ora finisce nell'orbita dell'Ente nazionale risi. E che pure, come detto dallo stesso Catania in Comagri, "non andava soppresso".
E già c'è chi grida al conflitto di interessi.

 

Ma il piatto forte della manovra agricola, non c'è dubbio, è il riordino dell'Agea (Agenzia delle erogazioni in agricoltura), il grande sportello attraverso il quale transitano circa 4 miliardi di euro l'anno di finanziamenti comunitari. Il decreto prevede che le funzioni di coordinamento relative al finanziamento della Politica agricola comune siano svolte direttamente dal Mipaaf, che agirà come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative al Feaga (il Fondo agricolo per il pagamento degli aiuti diretti agli agricoltori e le misure di mercato) e al Feasr (il Fondo Ue per le politiche di sviluppo rurale).

L'altra mossa del ministro riguarda il radicale cambio dell'attuale governace di Agea: il decreto dispone l'azzeramento dell'attuale vertice composto da presidente e consiglio di amministrazione; al loro posto arriva il direttore unico sul modello - come precisa una nota del ministro - dell'Agenzia delle entrate che fa capo al ministero dell'Economia.
Si tratta di Guido Tampieri, la cui nomina è stata ufficializzata dallo stesso Catania ieri a margine della presentazione del pacchetto qualità. Tampieri, a lungo assessore all'Agricoltura dell'Emilia Romagna e sottosegretario (con il ministro De Castro) nel secondo Governo Prodi, faceva già parte del Consiglio di amministrazione di Agea, azzerato dal decreto sulla spending review.


Mano pesante anche con la potatura dei dirigenti: dimezzata la dotazione organica dei dirigenti di prima fascia, riduzione del 10% per il personale dirigenziale di seconda fascia. "Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto - specifica la nota - saranno individuate le risorse umane, strumentali e finanziarie riallocate presso il Mipaaf".

Meno spesa, più efficienza. Ma sarà veramente così per questa agenzia, nata dalle ceneri della vecchia Aima, che pure non aveva brillato per la sua capacità di far fronte alle complesse procedure amministrative e burocratiche della vecchia Pac?

La scommessa è ardua, per una serie di fatti anche oggettivi. In Italia ci sono circa 1,5 milioni di aziende agricole 'clienti' dell'Agea - quanto la Spagna e la Francia messe insieme, per avere un'idea - che intasano computer e archivi degli uffici con una valanga di domande che spesso non superano i 200-300 euro l'anno.
Grasso che cola, invece, per la galassia di associazioni agricole che, per ogni pratica, incassano sia il contributo di Agea sia quello dell'agricoltore-cliente. Il resto lo fa la burocrazia europea, che predica la semplificazione ma impone sempre norme e codicilli, e che sta dando il meglio di sé con le sue bizzarre proposte sulla riforma della Pac.

Ma c'è anche una questione politica. La manovra su Agea va inquadrata anche nel clima di polemiche e colpi di scena che negli ultimi mesi ha coinvolto Agea.
Il defenestramento di Fruscio a opera del precedente ministro dell'Agricoltura, Francesco Saverio Romano, e il suo successivo recente rientro per decisione del Tar. Con intermezzo del solito commissario con le stellette, un generale in pensione.
Una tendenza, quella del ricorso a ex militari - dal generale della Guardia di Finanza Lecca, ai tempi delle quote latte, fino al colonnello dei carabinieri cui l'ex-ministro Zaia aveva affidato ancora il dossier sulle quote latte - che danno l'idea di come Agea sia spesso vissuta come un 'fortino', da attaccare o da difendere, a seconda delle situazioni.

Un clima che aveva recentemente indotto lo stesso ministro Catania, dall'alto della sua lunghissima esperienza come dirigente di rango del dicastero di Via XX Settembre, a nominare una Commissione d'inchiesta sul grande sportello della Pac.

La spending review, gli ha fornito l'assist per fare la sua 'rivoluzione Agea'. Per ora non è andato oltre, ma non è da escludere che presto possa toccare anche ad Agecontrol, società in house della stessa Agea, nata vent'anni fa e cofinanziata per alcuni anni dall'Unione europea per sbarrare le frodi sull'olio d'oliva; ora continua a essere in servizio permanente effettivo e a completo carico delle finanze italiane, con al vertice l'immancabile ex-generale. E poi c'è la Sin, la società mista pubblico-privata che gestisce il sistema informatico, controllata sempre da Agea.

Curiosa, invece, la vicenda dell'Ense, l'Ente nazionale delle sementi elette. Nell'estate 2010 era stato privato della sua autonomia con il trasferimento all'Inran; ora, con la soppressione di questo Istituto trasloca con il suo bagaglio di esperienza presso l'Ente nazionale risi.
Dov'è il conflitto di interessi? "Nel fatto che - precisa il presidente dell'Assosementi, Paolo Marchesini - l'Ente risi è un ente pubblico economico che svolge anche direttamente una propria attività sementiera. Già nel 2007 il Garante per la concorrenza aveva auspicato un ripensamento da parte dell'Ente su questa attività. Finora, per tutta risposta, ha invece intensificato la sua attività facendo concorrenza ai nostri associati".

"Per le altre sementi diverse dal riso - conclude Marchesini - non dimentichiamo che la legge sementiera italiana, l'Ocse e le stesse direttive comunitarie prevedono che i controlli sui prodotti sementieri devono essere garantiti da organismi terzi che non perseguano interessi commerciale ed economici".