Fino a quando è durata la stagione delle vacche grasse, con sussidi a go go per tutti, la differenza tra proprietari terrieri e coltivatori diretti o affittuari, almeno per quanto riguardava il diritto a incassare gli aiuti della Politica agricola comune, era molto sfumata.

Ce n’era per tutti e tutti, a seconda delle diverse situazioni, percepivano ugualmente gli aiuti Pac.

Ora che invece il budget si annuncia più austero, e con la crisi economica in atto diventa più realistico prevedere un ulteriore taglio rispetto alle ipotesi fin qui prospettate, la situazione è cambiata.

Soprattutto in Italia, dove c’è un esercito di oltre 1,2 milioni di agricoltori (quanto la Francia e la Spagna messe insieme, che però hanno un monte premi triplo), sono già cominciate da parte delle organizzazioni agricole le grandi manovre per avviare la selezione della specie agricola.

La prima a porsi il problema, dopo gli scandali dei fondi erogati alle scarpate delle ferrovie e alle spianate adiacenti gli aeroporti denunciati a più riprese dalla Corte dei conti Ue, è stata la stessa Commissione europea che, per arginare il fenomeno, ha deciso di introdurre la fatidica figura dell’agricoltore attivo, unico beneficiario della futura Pac.
Dicesi produttore attivo “colui che riceve un aiuto storico il cui importo supera il 5% dei ricavi totali ottenuti dalle attività extra agricole”. Questa limitazione non si applica agli agricoltori che incassano meno di 5mila euro di aiuti Pac.

Con questa griglia, l’87% degli agricoltori italiani rientrerebbero nella fascia di esenzione, per un totale di circa un miliardo di euro. Al di là della barricata, resterebbe un modesto 13% di aziende agricole che però concentrano circa i tre quarti dei pagamenti diretti comunitari.

L’ipotesi proposta dalla Commissione è stata duramente contestata dalle organizzazioni italiane che hanno già chiesto (e ottenuto) dal ministro delle Politiche agricole di impegnarsi nel negoziato comunitario perché, passato il principio, siano poi gli Stati membri a decidere i criteri per la definizione di agricoltore attivo.

La proposta, portata avanti dalla Coldiretti e alla fine accettata anche da Confagricoltura, è stata messa nero su bianco nel documento comune firmato in “zona Cesarini” in occasione del Forum sulla Pac dello scorso autunno: “Per quello che riguarda l’Italia, l’agricoltore attivo è l’imprenditore agricolo professionale”. Il cosiddetto Iap, colui cioè che dedica all’attività agricola almeno il 50% del proprio tempo e da essa ricava almeno il 50% del reddito complessivo di lavoro.
Insomma, basta soldi al notaio-proprietario terriero, ma anche al postino proprietario dei pochi ettari avuti in eredità. Il nuovo slogan è “gli aiuti a chi campa di agricoltura”.

 

Due domande per i lettori

A questo punto, mi sembra opportuno girare la domanda ai nostri lettori per sapere cosa pensano: è giusto dare i soldi solo allo Iap?.

Ma visto che ci siamo, avrei anche una domanda di riserva: è più attivo uno Iap che, pur essendo iscritto nei dovuti registri professionali, non coltiva il terreno ma si limita a “pettinare i prati, come fossero bambole” incassando comunque i soldi per il disaccoppiamento dei premi, o il famoso notaio che combinando i fattori di produzione capitale, terra e lavoro salariato manda avanti un’azienda in piena attività?

 

di Ettore Bonavista

 

 

CARI LETTORI, DITECI LA VOSTRA!

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La parola ai lettori

Ritengo sia giusto dare solo allo Iap. Il notaio vive lo stesso, lo Iap probabilmente no.
(d.f.)


Mi sembra giusto che la Pac sia parte integrante del reddito dell'agricoltore Iap, e riguardo ai proprietari di terreni agricoli non agricoltori Iap, penso che si dovrebbero mettere delle più chiare, visto che la maggior parte di essi sceglie il risparmio sulle lavorazioni, penalizzando le produzioni e la qualità del prodotto.
La cosa più vergognosa è che pur lasciando il loro terreno incolto e malcurato, percepiscono ugualmente la Pac come l'agricoltore professionista che sgobba tutto il giorno per migliorare le produzioni e il reddito.
Sono A FAVORE di questa nuova Pac, ma speriamo che lascino respirare Noi agricoltori veri, per pensare ad un futuro agricolo. Grazie.
(r. - macerata)


La Pac deve aiutare solo coloro che sono coltivatori diretti perché vivono di agricoltura.
(o.g.)


Sono un imprenditore agricolo e mi sembra doveroso che il diritto ad aiuti comunitari sia dato a colui che svolge come unico lavoro, o a titolo principale (valutando i giorni lavorativi o il reddito), quello agricolo. Poi, eventualmente, con importo minore a chi lavora nel settore agricolo come seconda attività (vedi il notaio che ha ricevuto l’azienda in eredità e che dunque percepisce un reddito anche cospicuo dall’attività principale).  
(f.d.)


E’  giusto dare i soldi solo allo Iap?
Se lo Iap è colui che dedica all’attività agricola almeno il 50% del proprio tempo e da essa ricava almeno il 50% del reddito complessivo di lavoro certo che è giusto, finchè si tratta di imprese individuali. Diverso è il caso di grosse strutture (cooperative o spa).
Per la seconda domanda: certo che no in tutti e due i casi, bisognerebbe invece favorire chi apre un’azienda agricola dal nulla.

(s.l.)


Buongiorno, ho 50 anni, sono agricoltore dalla nascita e faccio la libera professione. Ho un'azienda agricola con 16 erttari di oliveto da mensa. Come libero professionista mi occupo prevelentemente di controlli.
Prima domanda: giusto dare i soldi solo allo Iap?
Risposta: sì, mi sembra giusto dare un contributo allo Iap! Bisogna, però, rivedere la legislazione inerente lo Iap; faccio un esempio che mi riguarda per meglio farne capire l'importanza. Dedico il 90% del mio tempo all'agricoltura, riordinando tutto il vecchio sistema agricolo ed impiantando nuovi oliveti più competitivi (ho estirpato agrumeti ormai obsoleti); per questo, il reddito principale negli ultimi quattro anni l'ho ricavato fondamentalmente dalla libera professione. Se non ci fosse stata la possibilità di prelevare finanze dalla professione, l'azienda agricola sarebbe rimasta obsoleta e poco produttiva quali-quantitativamente; quindi per legge potrei non essere uno Iap.
Dati i tempi, gli investimenti in agricoltura (da me fatti) sono stati mirati al miglioramento delle condizioni di vita dell'ambiente rurale, sperando di poter abbandonare la professione libera del dottore agronomo - che è diventata davvero una professione per "eroi" (e non voglio, per ora, dilungarmi sulle problematiche della libera professione).

Risposta alla seconda domanda: che ben vengano notai e chi lo desidera ad investire in agricoltura, a dare occupazione, ad aumentare la presenza
dell'uomo nelle aree rurali, a portare internet e coltivazioni, miglioramenti e nuona vitalità alle aziende agricole, contribuendo alla diminuzione dell'esodo rurale! Il problema non sono i benestanti che investono in agricoltura!!! I problemi sono dati da tutti colori che detengono un terreno (a qualsiasi titolo) solo per i "soldi dell'integrazioone"; e così per i postini che ereditano un terreno, o per i "cacciatori di terreni in affitto" che non vogliono perdere le quote
comunatarie: ma non vedete che almeno il 25 % delle superfice agricola è in stato di abbandono?! Fanno la classica frangizzollata annuale solo per non farci arrivare il fuoco.
I controlli effettuati dal 2003 al 2008 in provincia di Cosenza, hanno evidenziato una crisi zootecnica senza precedenti: dal 2005 al 2008, ogni anno ho visto chiudere circa il 30% delle aziende. E oggi, in molti Comuni, i terreni agricoli hanno prezzi inferiori a qualli praticati in Romania qualche anno fa. Si parla anche di 2.500,00 euro/Ha e non si riescono a vendere: nessuno vuole più "zappare" la terra: come dargli torto.

La soluzione è valorizzare i fondi europei a favore dei veri agricoltori che ancora dedicano la maggior parte del loro tempo all'agricoltura. Ecco un buon parametro di riferimento: chi più ha speso in agricoltura (senza finanziamenti regionali o europei) è senza dubbio l'agricoltore vero che crede nella  difesa del mondo rurale, con molta attenzione alle spese Inps. Aumentare i controlli in agricoltura gioverebbe a stanare persone, come il mio vicino, che non coltivano la terra e non ci spendono un euro, facendo solo attenzione a non perdere i finanziamenti comunitari.
Infine, l'aspetto più importante: come si può continuare ad investire se i nostri legislatori non ci difendono dalla globalizzazione, dalla contraffazione dell'agroalimentare, dalla grande distribuzione. I prezzi agricoli all'agricoltore dicono: "chiudete le vostre aziende"! Mentre i costi delle materie prime
aumentano. Come fanno gli agricoltori a portare avanti un'azienda agricola con i costi attuali della manodopera?
E poi: a chi vender oggi i prodotti provenienti dalla terra? A questo proposito ci sarebbe molto da dire, la nuova sfida europea implica accrescere il valore aggiunto" e portare i propri prodotti sulla tavola dei consumatori: questi paramentri rischiano di allontanare i veri agricoltori che sanno sicuramente coltivare e difendere un territorio, ma non conoscono il marketing agricolo, cosa sicuramente ben nota ai contraffattori dell'agroalimentare ed ai "furbetti del quartiere".
Ma così si schiacciano i veri agricoltori a favore, spesso, di figure estranee al vero mondo agricolo. La nuova Pac dovrebbe partire dal "basso", cioé dall'agricoltore". 
(p.b.)



E’ giusto dare gli aiuti solo a chi campa di agricoltura, quindi solo allo Iap!
(c.)


Giusto che i premi vadano solo agli Iap.
(n.s.)
 


Sono un piccolo proprietario di un agrumeto nel reggino-calabrese, di professione sono bracciante agricolo presso altre ditte e la mia proprietà proviene da un'eredità familiare. Gli aiuti che percepisco, dato il reddito molto basso che proviene dai prodotti, mi aiutano a mantenere verde la mia
propietà. Quindi preferisco la risposta del notaio, almeno continuiamo a mantenere verde un angolino d'Italia.
(s.s.)
 


Sicuramente entrambi i quesiti posti sono fonte di ampio dibattito. E' assolutamente giusto che gli aiuti Pac vadano a chi ha una azienda agricola che "fa agricoltura" e non all'aziendina di un ettaro o poco più a pascolo che chiaramente non fa reddito anche se il titolare è iscritto nei registri di impresa agricola e semmai ha un piccolo agriturismo in una zona panoramica, per cui il suo fatturato è logico derivi dal turismo e non dal coltivare la terra.
Altresì, non trovo giusto che riceva un aiuto Pac il grosso industriale che acquista centinaia di ettari per poi tenerli allo stato di semiabbandono, tanto ha ripulito i soldi di altre attività e poi si prende la Pac che gli fa reddito sicuro.
Per come la penso io, quindi, il notaio riportato nell'esempio che conduce in modo attivo con attrezzature aziendali e operai direttamente il suo fondo è giusto che riceva gli aiuti in quanto azienda attiva, ma senza dimenticare quante piccole aziende orticole, iperspecializzate in allevamenti di piccoli animali, florovivaistiche che ottengono con la loro professionalità e con investimenti importanti un valore aggiunto che li porta comunque a far reddito.
Per concludere, bisognerebbe trovare un parametro che tenga conto principalmente della redditività reale per unità di superficie che la terra, e non attività connesse, dà al suo proprietario e conduttore.
Ma tante sono le cose che andrebbero cambiate nel sistema contributivo degli aiuti Pac e di aiuto alle imprese.
Un esempio tra i tanti: è giusto che un agricoltore sulla sessantina faccia una societa con la propria figlia disoccupata come lavoro ma mamma a tempo pieno, in campagna farà 100 ore all'anno e abbia ricevuto fior di soldi di primo insediamento? Il primo insediamento quando lo ricevetti io nel 1997 era legato al fatto che lavorassi attivamente nell'azienda!!!!!! Anche questi sono comunque sprechi nei riguardi di coloro veramente lavorano in campagna. E i controlli dove sono?
(t.t.z.- viticoltore della Pianura modenese con 12 ettari condotti direttamente)


Gentile Redazione, mi sento in dovere di rispondere all’articolo. Sono un agricoltore e allevatore di 24 anni, ricevo il minimo di contributi Pac e mi dà parecchio fastidio vedere che riceve contributi chi di terra non vive. Ad esempio: pensionati, lavoratori autonomi che hanno investito il loro nero comprando terre e magari hanno pure intestato il tutto alla moglie così prendono anche i fondi dei Psr, dipendenti che nel tempo libero tentano di coltivare e invece è più probabile che si facciano male con i mezzi agricoli.....
Infine, uno Iap non può permettersi di pettinare i prati, perché di terra vive e quindi deve necessariamente far reddito.
Per me l’Imprenditore Agricolo Professionale è colui che dedica la vita alla terra.
(m.b.)


Ho appena letto il vostro articolo: il mio caso ricade in quello simile al postino che coltiva la terra ricevuta in eredità, infatti svolgo l’attività di impiegato e durante il tempo libero mi dedico all’agricoltura con tanto di partita iva ed iscrizione alla Camera di commercio. Pago regolarmente le tasse, non posso rientrare negli Iap in quanto più del 50% del reddito proviene da lavoro dipendente.
Mi sento però più agricoltore attivo di tanti che incassano i contributi e danno tutti i loro terreni a contoterzisti senza sapere cosa accade nei loro fondi. Ma, avendo più superficie di me, potrebbero figurare come Iap. O, ancora, più attivo di certi pensionati che pur di non dare il loro terreno in mano ad un giovane, fanno lavorare terzisti e incassano i contributi dopo aver venduto trattori e macchine agricole.
Mi auguro che dopo il 2013 esca una riforma equa che dia più valore alla capacità di produrre reddito, dando la possibilità a chi vive di agricoltura di avere redditi adeguati.
Io continuerò a lavorare i miei terreni, non avrò più possibilità di fare investimenti ma spenderò il minimo indispensabile, e se questo non basterà - perché senza aiuti non si possono trarre utili - lascerò il mio terreno incolto per il ripopolamento di fauna selvatica.
Grazie
(e.b.)



Secondo me il problema va visto da un'altra ottica: la questione è il peso politico dell'Italia in sede europea, specialmente in materia di agricoltura.
Per quanto riguarda le Vs. due domande, io non sono d'accordo che i contributi siano dati solo agli Iap, per il motivo contenuto nel secondo quesito.
La Pac deve sostenere l'agricoltura in sé, non essere un sussidio assistenzialista per cittadini a basso reddito. Vista la scarsa redditività degli investimenti in agricoltura, il "famoso notaio" potrebbe abbandonare l'azienda (salvo legami sentimentali) perché nessuno getta i profitti di un'attività in un'altra che se li mangia.
Penso ci sia il rischio di trovare sempre più incolti (con buona pace di operatori turistici, fotografi, cantastorie, ecc., per non parlare dell'aspetto idrogeologico).
Cordiali saluti.
(f.p.)


Non credo che “campare di agricoltura” equivalga a “campare di sussidi”, se non forse per le Oo.Pp. agricole.
Io ho un’attività professionale extra agricola che per fortuna mi consente di ricavare ben più del 50% del reddito, per cui non sarò mai uno Iap.
Non di meno, sono rimasto l’unico nella mia cerchia famigliare a coltivare i terreni, a fare insomma “agricoltura attiva”. Altri, compreso qualche ultraottantenne “coltivatore diretto”, si limitano a far trinciare l’erba ad un terzista, un anno si ed uno no, e ad incassare i premi.
Io andrò avanti comunque, sinora per i miei vigneti, uliveti, fruttet. non ho preso praticamente nulla dalla Pac e vorrà dire che continuerò così, finchè ne avrò la forza e la voglia.
Resta l’amarezza: produrre uva, olio, frutta per me è fare agricoltura attiva, chiunque quei prodotti li porti al mercato. Comunque, a questo punto mi va bene anche restringere agli Iap la platea dei beneficiari della Pac perché il passaggio successivo, e a stretto giro, sarà l’eliminazione completa dei sussidi diretti, che a quel punto riguarderanno quattro gatti, comunemente equiparati dall’opinione pubblica a speculatori e parassiti ben più di quanto già non accada e, almeno, chi rimarrà a fare agricoltura attiva – Iapo meno - non avrà più a che fare con soggetti che possono permettersi di produrre anche sotto costo o davvero - questi si – per hobby, in quanto incassatori di premi “professionali”.
(a.a.)


Non mi sembra proprio giusto dare soldi solo allo Iap, anche perché bisogna assicurare la continuità della gestione nel passaggio da una generazione all'altra.
La nuova Legge su patto di famiglia si propone di tutelare le ragioni familiari e le loro aspettative. Con la Legge 14 febbraio 2006 n 55 sono stati introdotti nel codice civile da art. 768bis a 768octies che regolano il patti di famiglia.
Quindi, perché togliere un po' di Pac a queste piccole aziende familiari e non, invece, sostenere chi ha ricevuto in eredità questi terreni e con grande diletto e passione coltiva in nome dei de-cuius, per non lasciare incolti e abbandonati i terreni che fanno parte di un patrimonio italiano da salvaguardare.
Nell'Unione europea le aziende di famiglia rappresentano il 95% delle attività produttive, danno lavoro ai due terzi degli occupati nel settore privato. La maggior parte sono piccole, ma sono tante, quindi il loro peso è grande. Togliendo questo piccolo contributo alle piccole aziende familiari, le si costringe a chiudere. 
E' un sistema discriminante, perché gli Iap oltre a coltivare i propri terreni, esercitano il lavoro di contoterzista, mentre io piccolo conduttore familiare (non iscritto) devo rinunciare ad un piccolo contributo che alla fine diventa reddito per poter sopravvivere in un campo che coltivo con tanta umiltà e piacere, a contatto con la natura.
(daniele)


Carissimi,
io trovo imprecisa la definizione di agricoltore attivo della Comunità europea: ricordiamoci che soprattutto nel sud Italia ci sono tante piccole aziende che, nonostante campino di agricoltura, saranno destinate a non avere fondi e quindi a chiudere: e questo non mi sembra giusto.
Voglio raccontarvi la mia esperienza: i miei genitori sono coltivatori diretti e da 40 anni gestiscono un azienda di circa 13 ha ad oliveto, misto a seminativo. La nostra non è un'azienda specializzata, ma è di tipo tradizionale e da 20 anni facciamo agriturismo.
Da quest’anno io e i miei fratelli abbiamo intenzione di costituire una società, cosa per niente facile, e vi spiego il perché: i miei fratelli sono uno veterinario e l’altro professore; io sono agronomo. Per costituire la società io e mio fratello veterinario dovremmo fare la doppia iscrizione ai coltivatori diretti; cosa ben più difficile per l’altro mio fratello che è dipendente statale. Io e il veterinario abbiamo la nostra attività di libero professionisti ma comunque siamo intenzionati a mandare avanti l’azienda e l’agriturismo, e magari ad usufruire di contributi e finanziamenti che servirebbero almeno come “spinta” iniziale.
Però le prospettive che si prefigurano in futuro non sono per niente incoraggianti. La mia risposta alla mia domanda di riserva è: è più attivo il famoso notaio che combinando i fattori di produzione capitale, terra e lavoro salariato manda avanti un’azienda in piena attività.
(fabrizio c.)


Come al solito, probabilmente la verità (intesa come la cosa giusta) sta nel mezzo, ovvero, secondo me bisognerebbe calibrare gli aiuti in modo che venga salvaguradato il reddito dell'Iap e allo stesso tempo dare qualcosa anche ai "notai". Naturalmente con le vacche grasse tutto andava bene, oggi, first Iap e second Notai (avvocati, medici vari, burocrati superpagati). Non dimentichimoci che i soldi della Pac dovrebbero salvaguardare coloro che di agricoltura vivono.
Nel mio caso, sono un agronomo attualmente dipendente ed ho un premio di circa 200 €, ditemi che senso ha!
(giovanni s.)


Ritengo giusto dare i premi Pac agli agricotori che traggono la maggior parte del proprio reddito dalla terra e non a quelli che speculando sulla terra, speculano su noi coltivatori diretti. Tutti abbiamo il diritto di campare in modo dignitoso. (giuseppe d'i.)


Io sono lavoratore dipendente e coltivo il terreno ereditato, circa 10 ha, e usufruisco di aiuti Pac.
Lo considero un hobby e come tale spesso anche con la Pac ci rimetto soldi.
Perché lo faccio?
1) Ho quattro figli che prospettive di impiego hanno? Non si sa mai!!!
2) Andrò in pensione fra 10-15 anni al 50% forse dello stipendio, ci riuscirò a vivere?
Nel frattempo mantengo in ordine la mia proprietà, casolare, canali di scolo dei terreni, pulizia dagli arbusti (i terreni
abbandonati spesso franano e costa più recuperarli che acquistarli). Questo si chiama “difesa del territorio” fatta gratis.
Inoltre i rivenditori di attrezzi agricoli, fornitori di concimi, semenze mi dicono: “Senza gli agricoltori del fine settimana noi chiuderemmo”.
Riflettete Gente, Riflettete.
(cosmo)


Dal mio punto di vista è più razionale erogare i finanziamenti agli Iap. La scelta da voi posta con il vostro quesito riguarda il particolare, non credo che si possa accontentare tutti. Una regola deve essere adottata considerando la sua applicazione estesa.
(carlo l.b.)


Personalmente, proprietario di soli 6,86 ha,ritengo sperequativo l’accoglimento di considerare attivo solo lo Iap.
L’analisi delle colture praticate nei diversi anni, potrebbe portare alla distinzione di chi ha coltivato nel rispetto della buona pratica agricola e di chi, semplicemente pettinando il prato, ha beneficiato solo dei premi.
Già in passato, il basare l’erogazione dei premi sulla base di quanto frumento duro fosse stato coltivato nel periodo di osservazione, ha penalizzato chi rispettava le rotazioni, pur non percependo aiuti, e premiato chi coltivava, solo in funzione del premio, anche superfici improduttive dal punto di vista economico.
Colui che continua a coltivare i terreni attingendo dalle proprie riserve, data la riduzione dei redditi agricoli e l’evidente volatilità dei mercati, non può subire gli aumenti dei costi di produzione e la concorrenza di chi arriva “supportato” a vendere lo stesso prodotto sul mercato.
Le organizzazioni di categoria, se davvero vogliono tutelare il comparto, dovrebbero avere la capacità di proporre soluzioni che non danneggino chi opera nel settore. Una potrebbe essere quella di convincere la politica ad attuare misure “vere e misurabili” sull’ampliamento delle aziende, incorporando dietro giusto compenso quelle più piccole. Si ricaverebbe, tra l’altro, una migliore ripartizione dei costi fissi di produzione, con conseguente riduzione dei costi generali e, quindi, anche il miglioramento della redditività in agricoltura.
(mauro f.)


Con riferimento agli aiuti Pac,la regola del 5% proposta dalla Commissione mi sembra ragionevole per individuare l'agricoltore che ha diritto agli aiuti, mentre non sono d'accordo che questi siano dati solo agli Iap.
Questo sia per non creare differenza di trattamento tra i titolari di aziende agricole nella Comunità europea, sia all'interno delle aziende agricole italiane.
Il caso del notaio nell'articolo è molto chiaro. E' importante che chi crede nell'agricoltura ed investe abbia diritto agli aiuti. Questo per favorire l'apporto di capitali necessari alla innovazione e razionalizzazione del settore.
(enrico b. - titolare di azienda agricola)


Sono un agricoltore di 44 anni con una formazione professionale abbastanza buona (perito agrario e tecnico dell’ambiente). Lavoro in agricoltura a tempo pieno assieme a mia moglie e sono contento che sia considerata una condizione irrisoria quella di avere diritto alla Pac solo con un 5% di reddito agricolo.
Sarebbe giusto premiare chi veramente lavora in agricoltura e tutela l’ambiente, chi paga i contributi inps come Iap ed è iscritto alla Camera di commercio come tale: insomma chi vive di agricoltura!
(a.b.)


A mio modesto parere è guisto dare i contributi agli effettivi agricoltori che vivono con un reddito supperiore al 50%.
(r.r.)


Non è giusto in quanto esistono aziende attive e strutturate che si avvalgono anche di finanziamenti che il conduttore ha recuperato con altre sue attività e che private del contributo Pac finiranno fuori mercato e. e non ci sono solo i notai perché per pareggiare un reddito agrario di un'azienda attiva e di una certa dimensione, nonostatante gli Iap si lamentino, basta molto ma molto meno del reddito di un notaio.
(c.m.)


Adesso sappiamo finalmente la verità: dopo aver cacciato i nostri genitori dai campi, adesso vogliono rubarci la terra per fare i loro affari (magari trasformarla in edificabile o meglio produrre energia senza tasse). Questo sono liberalizzazioni? Chiudere la Pac, mercato libero. Basta agricoltori (diventati latifondisti) mantenuti dall'Europa, dallo Stato dalle regioni. Cioe da Noi Tutti. (vedi quote latte, quote vite, Psa e varie).
(d.t.)



Sono perito agrario, figlio di pubblici dipendent,i e non ho mai avuto contatti con la terra prima di inziare l'attività  che mi ha appassionato da quando mi sono iscritto all'istituto. Nel 2000 sono riuscito insieme a mia moglie ad acquistare una casa con un terreno di 12 ha (che non ho ancora finito di pagare) e che coltivo personalmente, visto che ho anche acquistato l'attrezzatura necessaria (nei fine settimana, ferie e festività varie perché questa è la mia passione) aiutato dai miei figli (quando possono, compatibilmente con i loro impegni di studenti e di adolescenti). Vorrei offrire loro l'opportunità di vivere la vita migliore possibile, cioè quella del contadino.
L'ultimo raccolto di grano tenero (tra l'altro biologico) mi ha reso alla fine dei conti circa 100,00 euro/ha netti.
Considerando la Pac (E 5600,00) e contributo Bio (E 1600,00) il reddito è stato di E 8400,00. Possiamo aggiungere risparmi alimentari per circa E 3000,00 arriviamo a E 11400,00.
Credo proprio che se quello fosse il mio unico reddito sarebbe dura. Vorrei far notare che io sono AGRICOLTORE e pure
ATTIVO anche se non iscritto all'Inps e se il ricavato è basso, è dovuto al fatto che in agricoltura i prodotti non valgono più nulla (al contrario dei mezzi tecnici), non perché io non pago i contributi.
Considerando che a mio avviso i piccoli agricoltori sarebbero più adeguati alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio, al contrario delle grandi aziende sempre tese al raggiungimento del massimo incasso per tentare di coprire spese altissime per attrezzature sempre più costose, dico la mia: erogare contributi fino al massimo di 50.000,00 euro ad azienda, per aumentare quelli delle piccole aziende consentendo di vivere dignitosamente agli agricoltori che si impegnano veramente per la salvaguardia del territorio e della qualità dei prodotti, giustificando così la spesa ai cittadini non agricoltori che godrebbero di un ambiente più pulito e più bello.

(p.)


Finalmente! Era ora che la Pac fosse riconosciuta solo a chi con la terra ci vive! Sono passati molti anni dalla nascita degli aiuti comunitari ed allora militavo nei giovani di Coldiretti. Già allora speravamo che gli aiuti fossero diretti agli Iap ma così non è stato quindi, adesso, ben venga! Anche se penso che oramai sia TROPPO TARDI. Il problema dell'agricoltura oggi è che siamo finiti nel dimenticatoio di una classe politica che non conosce le realtà delle
aziende, e con la manovra Monti molte aziende faranno la fine della nave della Costa Crociere. Per il primo anno rimarremo in bilico ma dal prossimo se ci scontreremo con un mercato dell'ortofrutta come l'attuale, coleranno a picco
molte aziende ortofrutticole.
Colleghi amici agricoltori di tutta Italia, è ora che ci svegliamo se vogliamo salvare quanto ci siamo guadagnati col sudore o ereditato col sudore dei nostri genitori. Da chi siamo rappresentati in Parlamento? E' ora che le nostre organizzazioni sindacali facciano accordi unitari per dare voce ad un'agricoltura agonizzante, e quì mi fermo.

Per quanto riguarda la seconda domanda, da noi non esistono Iap che rastrellano il terreno : si danno tutti da fare per ricavare il massimo del raccolto, esistono invece professionisti che trascurano i propri fondi affidando la conduzione ai contoterzisti riducendo al minimo gli interventi per portare a casa i contributi comunitari (vivo in Veneto).
(p.)


Mi sa che se continua così, specie col gasolio alle stelle, resteranno ben pochi agricoltori. Comunque sono contrario ad aiutare solo gli Iap.
(i.p.)


Ritengo che la Pac deve considerare solo chi vive di agricoltura. I veri agricoltori sono strozzati dalla crisi e costretti a svendere i propri terreni che non vengono acquistati da altri agricoltori ma da professionisti: notai, avvocati, professori, medici. Tutte queste categorie sicuramente possono campare anche senza terra, ma sembra che oggi ci sia la “moda “di essere proprietari terrieri. Il contadino invece (il vero imprenditore agricolo) abbandona sia ciò che per anni è stato l’unico mezzo di sopravvivenza, sia le terre che, con un po' di pioggia in più, ci franano addosso.
(b.a.r.)


Porto avanti un a piccola azienda di circa10 ettari di mio padre, nella provincia di Padova, con rotazioni mais soia frumento. Pur avendo quasi tutta l'attrezzatura, il reddito non è sufficente per garantirsi un buon tenore di vita e allora oltre a fare un altro lavoro, sono costretto a sacrificarmi spesso i fine settimana e non solo.
Penso di aver diritto come tutti quelli che coltivano il terreno agli aiuti Pac, visto che coltivo in modo ottimale con una buona resa e qualità e con la stessa professionalità di chi possiede molti ettari. Pago le tasse in proporzione come tutti. Inoltre si creerebbe una forte ingiustizia.
Sono invece a favore di mettere un tetto agli aiuti e vorrei che le associazioni di categoria lottassero per l'ingustizia dell'ultima manovra che penalizza e non di poco l'agricoltura.
(simone)


Come agricoltore e allevatore mi sono battuto da molto tempo per un albo professionale, come per i tecnici, quale  sono. Pertanto la risposta è scontata: mi meraviglia che notai avvocati, industriali e commercianti, avendo le loro professioni (pardon, il loro albo professionale) vogliano tenere i piedi su due barche.
D'altro canto, se hanno un po' di pazienza, avranno la possibilità di acquistare tutte le aziende agricole che vorranno in quanto gli agricoltori si stanno indebitando per poter andare avanti, e non so per quanto tempo ancora.
(f.c.)


La mia opinione riguardo al suo slogan “gli aiuti a chi campa di agricoltura”? Parole sante. I sostentamenti che tutti noi cittadini Italiani eroghiamo per le imprese agricole vengono sottratti da tanta gente che non vive di solo agricoltura e che punta ad aumentare le proprie entrate.
Insomma, basta erogare soldi non soltanto al notaio ma anche ad avvocati, dottori-proprietari terrieri e anche allo Iap, che oggi svolge e ha svolto nel passato attività agromeccanica, identificandosi come impresa di prestazione di
servizio professionale, dato che - come il famoso notaio - anche lo Iap combina i fattori di produzione capitale, terra e lavoro salariato.
I sostentamenti dovrebbero essere erogati al coltivatore diretto, cioè a quel nucleo familiare che vive soltanto di reddito agrario. Dobbiamo salvaguardare la piccola impresa agricola. Il “postino” è tale perché ha rinunciato a coltivare i terreni ricevuti in eredità, perché non gli procuravano un reddito adeguato per condurre una vita dignitosa ed ha cercato un'altra fonte di reddito.
Un agromeccanico puro.
(s.p.)


Ritengo che come su una strada si può avanzare a velocità diverse, così nel mondo produttivo deve essere permesso di sopravvivere a chi, con passione e professionalità, opera per CONSERVARE E RIGENERARE le preziose risorse ambientali, produttrici di benessere per l'intera comunità. A questi agricoltori virtuosi vanno destinate le necessarie integrazioni di reddito. Il made in italy avrà successo solo con una decisa svolta verso il biologico.
(a.a.)


Credo che lei abbia ragione: al sua domadna ha centrato l'obiettivo. Bisogna dare i soldi a chi produce in agricoltura anche con la propria manodopera e lo Iap non deve essere una condizione "obbligata".
(salvatore c.)


La domanda che sorge spontanea è questa: si parla di dare gli aiuti Pac solo a chi campa esclusivamente di agricoltura. Al netto degli aiuti, chi può indicare con certezza quanti siano gli agricoltori che attualmente riescono a vivere (o potrebbero vivere) con il solo reddito netto generato dal bilancio aziendale?
Io credo che solo poche aziende di notevoli dimensioni, inserite in contesti ambientali particolarmente favorevoli, possono realmente dimostrare di poter fare a meno dei contributi Pac.
Introdurre una discriminazione di questo tipo porterebbe all'abbandono di centinaia di migliaia di ettari, con danni ambientali incalcolabili.
(f.l.c.)


In merito alla proposta di cui sopra posso essere solo parzialmente d'accordo in quanto vi sono anche Iatp che con la Pac legata alla storicità hanno chiuso le stalle e non coltivano più i terreni ma figurano ancora come agricoltori attivi con il sistema della vendita dei frutti pendenti ed incassano premi talvolta anche corposi e sicuramente non dovuti.
Tale pratica ha portato a evidenti difformità di trattamento trà aziende di uguale dimensione.
Ad esempio io conduco una azienda di circa 90 ha condotta ad orticole, prato stabile, soia e cereali in rotazione e percepisco circa 10000€ di Pac all'anno.
Sono a conoscenza di alcune aziende dove i conduttori hanno chiuso la stalla e oggi conducono solo virtualmente l'azienda con il sistema della vendita dei frutti pendenti ( nella realtà l'azienda è condotta da terzisti o agricoltori che accettano tale sistema per accaparrarsi terreni ove smaltire i liquami prodotti dalle loro stalle ) e percepiscono Pac ancora legate alla situazione precedente dell'azienda di svariate decine di migliaia di euro, oltre a corposi affitti mascherati e senza lavorare ed investire e creare occupazione.
Alla luce di quanto sopra, al fine di evitare nella Pac 2014-2020 tali difformità di trattamento ad evidente svantaggio di chi in agricoltura ha ancora voglia di lavorare ed investire, consiglierei di trovare un sistema migliore.
(a.c. - crema)


Il contributo Pac deve essere erogato anche a chi fa lavorare il proprio terreno tramite salariati in quanto contribuisce a mantenere posti di lavoro in agricoltura alla pari di chi è Iap.
(p.r.)


La materia è abbastanza complicata e tutti hanno le loro ragioni iap e non. Io da non Iap, titolare di un’azienda agricola di circa 25 ha. di seminativi, (che produce realmente e immette sul mercato cereali e foraggi), posso dire che lo spostare il contributo pubblico solo sullo iap potrebbe avere la conseguenza di svogliare gli stessi dalla coltivazione reale e conseguentemente avere un impoverimento delle produzioni e degli investimenti.
Di contro, studierei un sistema per individuare l’azienda che non vive di solo contributo ma immette sul mercato una certa quantità di prodotto. Questa azienda anche se non Iap produrrebbe realmente sia in termini di produzione agricola sia in termini di investimenti.
(giulio g.)



Credo che sia sbagliato dare i contributi solo allo Iap perché, così facendo, molti terreni saranno abbandonati o edificati. E’ vero il notaio o l’ingegnere possono vivere tranquillamente con il loro lavoro o con la loro pensione, ma i lavoratori agricoli che perderanno il lavoro come faranno a campare? I terreni del notaio o dell’ingegnere, non più coltivati, perché senza aiuti è duro far quadrare i conti che fine faranno?
Credo che la difesa agro ambientale sia fatta meglio dal proprietario che da un eventuale affittuario.
Per queste ragioni e molte altre sono decisamente contrario.
(p.r.)


La materia è abbastanza complicata e tutti hanno le loro ragioni, Iap e non. Io da non Iap e titolare di un’azienda agricola di circa 25 ha. di seminativi 8che produce realmente e immette sul mercato cereali e foraggi) posso dire che lo spostare il contributo pubblico solo sullo Iap potrebbe avere la conseguenza di disincentivare gli stessi dalla coltivazione reale e conseguentemente di avere un impoverimento delle produzioni e degli investimenti.
Di contro studierei un sistema per individuare l’azienda che non vive di solo contributo, ma immette sul mercato una certa quantità di prodotto. Questa azienda anche se non Iap produrrebbe realmente sia in termini di produzione agricola sia in termini di investimenti.
(giulio g.) 



Credo che non siano assolutamente gli Iap a pettinare i terreni perché con gli aiuti Pac non si vive ma si cerca di arginare la crisi. Pertanto l'attività agricola diventa fondamentale per sopravvivere.
Credo al contrario che i signori professionisti, non solo non pettinino i terreni, ma in alcuni casi non sappiano neppure dove si trovino i propri terreni.
Chi vive di altro non si preoccupa di curare i terreni per trarne un reddito perché un reddito già lo ha. Di conseguenza l'aiuto Pac diventa una integrazione al proprio reddito.
Mi stupisce fortemente che una redazione di una newsletter agricola debba considerare in tal maniera il lavoro degli Iap elogiando d'altra parte i professionisti.
(floriana f.)


Io possiedo e lavoro circa tre ettari di Sau ereditata da mio padre da sempre coltivatore diretto; ricevo circa 1.400 euro di contributo Pac che rimane l’unico incentivo per non lasciare incolto il terreno; vivo in un'area della Pianura Padana ove vi sono numerosissime piccole aziende di alcuni ettari condotte da persone che svolgono altre attività extra agricole per garantirsi un reddito dignitoso. Se a tutte queste piccole realtà (che in Italia rappresentano la maggior parte) viene tolto il contributo Pac, molti terreni resteranno incolti con la conseguente riduzione del volume di affari per associazioni di categoria, concimi, macchine, prodotti vari, contoterzisti. Oltre alla mancata produzione dei raccolti stessi da non sottovalutare.
Io sono del parere anzi che gli aiuti a queste realtà devono essere confermati e se si può incrementati se vogliamo tenere vivo un certo mercato legato ai piccolo coltivatori non Iap e nello stesso tempo assicurare anche una sorveglianza “ambientale”.
Comunque gli Iap che sono rimasti in questa zona posseggono molti ettari di terreno e vi assicuro che non se la passano male.
(cd - venezia)


Credo sia giusto dare la Pac solo ai produttori attivi, non come dicono i nostri sindacati con almeno il 50% ma col 100% di reddito con l’agricoltura.
(a.g.)


Faccio l'agricoltore, sono IAP e presidente del Coordinamento Toscano Produttori Biologici; credo occorra essere onesti ed evidenziare che la PAC oggi è legata alla capacità dell'agricoltura di fare tutela del territorio, presidio territoriale. La produzione resta centrale, ma non possiamo pensare di competere sulla quantità, dobbiamo puntare alla qualità. Questo per cercare di far quadrare i conti aziendali, dobbiamo metterci in gioco tutti quanti cercando sul mercato le soluzioni al reddito, dobbiamo chiedere semplificazioni, non fossilizzarsi a chiedere che la PAC venga divisa solo tra noi, sperando di prendere qualche euro in più.

La PAC è nata per tutelare le produzioni, per garantire cibo per tutti, per gestire e contenere i prezzi delle materie prime agricole, ma oggi è cambiato completamente scenario. La PAC originaria aveva portato ad eccedenze alimentari, a intensificare la produzione a danno dell'ambiente. Oggi si tratta di gestire meglio il cibo che viene prodotto, di ridurre gli sprechi, di non distruggere più le produzioni, di non abbandonare le campagne e di tutelare l'ambiente.

Oggi vengono abbandonati sopratutto i  i territori marginali, poco produttivi per l'agroindustria, come i terrazzamenti, o le zone collinari non adatte alla produzione professionale. Su questi terreni per ora ci sono ancora delle presenze che coltivano e che mantengono il territorio, ma spesso proprio su questi terreni non si tratta di IAP, non riuscendo questi territori ad essere sufficientemente redditizi per un imprenditore professionale. E' fondamentale che la PAC si occupi anche di questi terreni.

Voglio anche ricordare che la PAC dovrebbe essere un'integrazione e non andare a bilancio nei conti delle aziende. Se in questi anni è successo che le aziende si sono dimenticate degli obiettivi della PAC ed è diventata una voce fondamentale per far quadrare il bilancio aziendale, allora questo è un errore politico. Per gli imprenditori agricoli occorre recuperare il valore della produzione, puntare ad accrescere il reddito agricolo ed extraagricolo e rimettere i contributi della PAC nel loro corretto ruolo di “premio” per i servizi che l'agricoltura fornisce, in tutte le sue forme, alla società.
Occorre ricordare che l'80% dei contributi PAC di oggi, che sembra che le aziende rimpiangano, va solo al 20% delle aziende, e che di ogni euro che la Comunità spende solo 20 centesimi attivano all'agricoltore. Quindi il problema della PAC non è definire chi è l'agricoltore attivo, ma ristrutturare tutto il sistema.

Marco Bignardi
Presidente
Coordinamento Toscano Produttori Biologici
via Nazionale 17 - 50123 firenze
www.ctpb.it; www.toscanabiologica.it