Buone notizie dall'agricoltura. In un panorama lavorativo segnato da una disoccupazione ormai epidemica che sembra non risparmiare nessuna fascia sociale o d'età, un segnale positivo viene dalle campagne: si registra infatti una crescita del numero di occupati nel settore primario.

I dati li fornisce l'Istat nel suo rapporto 'Occupati e disoccupati' diffuso il primo aprile (per leggere il testo completo clicca qui).
Nel quarto trimestre del 2010, che va dal 4 ottobre 2010 al 2 gennaio 2011, gli occupati in agricoltura sono cresciuti del 2,5% (23.000 unità). La crescita, specifica l'Istituto di statistica, è concentrata nel Nord e, soltanto nel Mezzogiorno, nelle posizioni autonome. Ma non solo: è stata dell'1,9 nella media del 2010, anno nel quale l'occupazione si è ridotta dello 0,7 % rispetto all'anno precedente. 

Sono 891mila gli occupati agricoli in Italia nel 2010, dei quali 462mila indipendenti (+0,6%) e 429mila dipendenti (+3,3%). La crescita dell'occupazione riguarda sia le Regioni del nord (+3,1%) che quelle del sud (+2%) mentre in flessione sono quelle del centro (- 2%) (dati Coldiretti).

L'agricoltura è dunque "l'unico settore produttivo in cui cresce il numero degli occupati", come sottolinea anche Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, che aggiunge: "I dati Istat confermano che l'agricoltura ha grandi potenzialità economiche ed occupazionali, anche se le difficoltà con cui devono confrontarsi le imprese del settore restano tante e gravi".

 

 

I dati dell'Istat parlano di numeri e 'unità', di percentuali e statistiche, ma sono le organizzazioni agricole ad aggiungere tasselli 'di colore' al rapporto dell'Istituto di statistica.

Innanzitutto, i lavoratori immigrati. Su circa un milione di lavoratori del settore primario "non va dimenticato che in Italia lavorano anche 100 mila immigrati regolari originari di diverse aree del globo; a dimostrazione di quanto l'agricoltura può fare, anzi già fa concretamente, in termini di coesione sociale e integrazione multietnica" dice Guidi.

Tra gli stranieri prevale la presenza dei lavoratori neocomunitari di provenienza rumena, slovacca e polacca. Tra quelli extracomunitari si stabilizza invece il numero di albanesi e cittadini dei Paesi della ex Jugoslavia, mentre aumentano gli asiatici (India) e nordafricani (Marocco). Sono molti i distretti agricoli dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso, aggiunge Coldiretti, della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell'uva in Piemonte, fino agli allevamenti in Lombardia dove a svolgere l'attività di 'bergamini' sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia. 

La presenza di lavoratori immigrati è divenuta indispensabile per le produzioni di qualità, dagli allevamenti dei bovini di razza piemontese a quelli delle vacche per il Parmigiano reggiano dove quasi un lavoratore su tre è indiano, ma anche nella raccolta delle mele della Val di Non, nella produzione del prosciutto di Parma e della mozzarella di bufala e nella raccolta delle uve destinate al Brunello di Montalcino.

E poi, importantissimi, i giovani. Da un'analisi di Coldiretti, realizzata in occasione della divulgazione dei dati Istat, emerge che la componente giovanile nel lavoro agricolo è in crescita.
Dopo anni di fuga dalle campagne il trend si sta invertendo: nei campi un lavoratore su quattro è giovane. Il ritorno al lavoro agricolo è legato soprattutto alle campagne di raccolta di frutta e verdura e di vendemmia, attività che riguardano anche studenti e giovani sotto i 40 anni: una valida alternativa alla disoccupazione e all'inoccupazione.

"I dati - sostiene Coldiretti - dimostrano che l'agricoltura ha grandi potenzialità per battere la disoccupazione e che la stabilizzazione delle agevolazioni contributive per le aree montane e svantaggiate, prevista dalla legge ‘Stabilità 2011', ha consentito di continuare a svolgere questa funzione essenziale".

Un impatto positivo si deve anche all'esperienza dei buoni lavoro, i cosiddetti voucher. "In agricoltura - precisa la Coldiretti - sono stati utilizzati quasi un terzo (27%) dei circa 12,3 milioni di buoni cartacei per venduti in Italia dall'1 agosto 2008 ad oggi secondo l'Inps".

Ma l'agricoltura non è solo una scelta 'di ripiego', un modo per bypassare la mancanza di occasioni lavorative in attesa di tempi migliori grazie alla vendemmia o alla raccolta stagionale. Sono sempre di più i giovani che vedono nell'agricoltura uno sbocco professionale, come dimostra la crescita degli iscritti alle facoltà di Agraria in tutta Italia, variabile dal 6% fino al 30%.

"L'agricoltura è un settore che può offrire molto ai giovani neolaureati - afferma il presidente di Agrofarma, Luigi Radaelli, commentando i dati -. L'aumento degli iscritti alle Facoltà di Agraria è un segnale molto positivo per l'intera economia italiana, che ha nell'agricoltura uno dei suoi pilastri fondamentali".

Dal confronto tra gli ultimi due anni accademici, infatti, emerge che le iscrizioni sono aumentate in tutte le 23 facoltà di Agraria sparse sul territorio italiano. Nel nord Italia si passa da un +6,5% di Perugia, al 12,4% di Padova, al +17,9% di Bologna e un ottimo +23,5% di Milano. Ma è al Sud della penisola che si registrano i dati più significativi: +27,1% a Napoli e addirittura +30,1% a Bari.

E oltre la metà del laureati (il 54% per la precisione) trova un impiego entro un anno dalla laurea.

"Il settore degli agrofarmaci è un esempio di come l'agricoltura può dare, anche in tempo di crisi, delle concrete possibilità di lavoro ai giovani ricercatori italiani: nell'ultimo anno, infatti, circa l'80% delle società aderenti ad Agrofarma ha svolto attività di R&D, investendovi ben 48 milioni di euro, pari al 6% del fatturato complessivo del comparto - continua Radaelli - Inoltre, nel nostro settore, circa il 14% del numero totale di addetti è dedicato alla ricerca, l'85% dei quali sono ricercatori a tempo pieno".

Ma il forte dinamismo dell'agricoltura italiana emerge soprattutto dai dati sull'imprenditorialità giovanile: su circa 210 mila aziende agricole operanti in Italia, almeno 30 mila hanno a capo giovani professionisti under 40. Dinamismo che riguarda anche la componente femminile, in crescita notevole.
Secondo i dati della Cia, Confederazione italiana agricoltori, in Italia le donne sono il 29,2% dei titolari d'imprese agricole: in pratica, oggi un imprenditore agricolo su tre è donna. Un dato considerevole, se si pensa che agli inizi degli anni Settanta erano appena 19 su 100.