L'abolizione dell'obbligo di lasciare incolti i terreni, il cosiddetto set-aside, ha consentito all'Unione europea di rimettere a coltura quasi due milioni di ettari di superfici agricole che altrimenti sarebbero rimaste improduttive. La decisione era stata presa dalla Ue con l'intento di contribuire ad aumentare la capacità di produzione di materie agricole di base, in una fase caratterizzata dall'eccesso della domanda a livello globale e dalla riduzione delle scorte strategiche mondiali.
Nell'Europa a 27 Paesi risultavano incolti, alla fine dello scorso anno, 6,7 milioni di ettari di terreno, di cui 3,9 per l'obbligo imposto da Bruxelles e 2,8 lasciati volontariamente a riposo dagli agricoltori. Nella campagna 2008-2009, l'obbligo comunitario è stato abolito, ma i terreni rimasti improduttivi volontariamente sono saliti a 4,8 milioni di ettari. Infatti, secondo il Centro Studi di Cremona Fiere solo una parte degli ettari svincolati dal set-aside (meno della metà) sono tornati in produzione. Ci si sarebbe aspettato di più, in considerazione degli elevati prezzi che da molti mesi stanno spuntando le materie prime agricole di base. Evidentemente, sulle scelte degli agricoltori hanno pesato la qualità dei terreni in rapporto ai fenomeni dell'aumento dei costi dei fattori produttivi quali, primi fra tutti, i fertilizzanti ed i carburanti.
Particolare si presenta la situazione italiana, rispetto a quella complessiva a livello europeo: le superfici non coltivate sono diminuite di 59 mila ettari, a fronte di un set-aside obbligatorio che nel 2007-2008 è stato di 217 mila ettari. Ciò significa che sono tornati in produzione poco più di un ettaro su ogni tre potenzialmente disponibili.