Sara è tra noi
È chiaro infatti ad allevatori, veterinari, tecnici e nutrizionisti come l'acidosi sub acuta (per gli anglosassoni Sara, Sub acute ruminal acidosis) sia la "patologia" della bovina moderna e come essa derivi da uno squilibrio a livello ruminale causato da diete altamente (troppo) fermentescibili. L'aumento degli acidi prodotti dalla fermentazione dei carboidrati ingenera un abbassamento del pH ruminale e questo tende a selezionare certi batteri, soprattutto Streptococcus bovis. Questo è ritenuto il maggiore responsabile del problema, in grado di aprire la porta alla crescita indiscriminata di un altro batterio ruminale chiamato Prevotella e produttore di istamina. L'istamina a sua volta sarebbe il principale imputato dell'aumento delle laminiti. L'acidosi sub acuta determina poi la comparsa di un appetito capriccioso sino al calo dell'ingestione, il calo dei tenori del grasso nel latte e la diminuzione delle produzioni. Le feci chiare, liquide e sature di gas completano il quadro.
All'interno del rumine ci sono batteri presenti solo nella fase liquida, altri che formano un biofilm sulle particelle alimentari e un terzo gruppo in intima connessione con le pareti ruminali
Una domanda aperta
Quando si pensa di conoscere un processo nel dettaglio e si smette di indagarlo, l'esito è la mancanza di evoluzione. In tale contesto, ci si continua a dare le stesse risposte e da un punto di vista pratico si continuano ad applicare le stesse soluzioni. Un premio Nobel affermava come sia impossibile aspettarsi risultati diversi dal solito se si continuano ad applicare e reiterare le stesse procedure.A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda, ovvero: se sappiamo tutto dell'acidosi sub acuta, tanto che riusciamo a descriverne le cause, i meccanismi e le conseguenze, perché non riusciamo ad intervenire in modo efficace almeno su quel 30% dei soggetti che in ogni allevamento ne mostrano i segni più gravi? Pragmaticamente potremmo pensare che la situazione sia irrisolvibile: se si vuole produrre latte si devono usare i concentrati e quindi le bovine ad alta produzione devono essere sempre un po' al limite dell'acidosi. Il problema è piuttosto che è estremamente difficile controllare i fattori esterni quali il clima, il sovraffollamento, la variabilità degli alimenti. Tuttavia, tali concetti sono solo parzialmente veri poiché in alcune parti del mondo il latte si fa con l'amido, ma in altre parti lo si fa con la fibra ed i sottoprodotti. Inoltre le moderne tecnologie ci permettono di monitorare, prevedere e correggere le variabilità di allevamento con rapidità e precisione (sia quelle ambientali che quelle nutrizionali). Ci potrebbe però essere un'altra spiegazione, che risiede nella domanda: ma siamo sicuri di conoscere realmente il significato delle popolazioni ruminali, la loro funzione e la loro relazione con la bovina da latte?
Nuove tecniche, nuove scoperte
A tale proposito ci vengono in aiuto una serie di recenti articoli quasi tutti prodotti e facenti capo alle scuole canadesi e austriaca, le quali condividono molto tra loro a causa delle collaborazioni scientifiche fra le università e alla migrazione di alcuni ricercatori tra i due centri di ricerca.Il lavoro eseguito dai due gruppi dice sostanzialmente una cosa molto chiara e semplice: del rumine sappiamo poco. Inoltre delle cause e dei meccanismi oramai stabiliti non tutto è vero e qualcosa è da rivedere se non addirittura da cambiare. I gruppi menzionati appartengono all'Università di Vienna e di Saskatchewan ed hanno il pregio e la fortuna di aver potuto utilizzare, per indurre l'acidosi sub acuta, protocolli più elaborati e vicini alla situazione reale di campo. Inoltre si sono potuti avvalere anche di nuove strumentazioni precedentemente non disponibili (sonde intra-reticolari e ruminali, in grado di fornire misurazioni in tempo reale) e di nuove tecniche genetiche e molecolari per lo studio della microflora ruminale (RT-PCR, DDGE-PCR e pirosequenziamento) molto più precise nell'identificazione e nella discriminazione dei microorganismi ruminali rispetto alle tecniche precedenti (coltivazione su piastra). Tali tecniche sono in grado, oltre alla precisione, di generare una mole di dati enorme impensabile da gestire sino a qualche anno fa senza i moderni strumenti elettronici (big data). Inoltre lo sviluppo e la diffusione della rete permette non solo lo scambio di questi dati tra laboratori in modo semplice, ma anche la possibilità di confrontare quello che si trova nel rumine con banche dati, presenti su cloud, attraverso il confronto effettuato grazie all'uso di software super-sensibili ed efficaci.
Con una quantità maggiore di foraggi in razione si assiste ad una diversificazione maggiore delle popolazioni batteriche ruminali e quindi a una maggiore stabilità fermentativa
Cosa c'è di nuovo?
Tutto questo non era disponibile solo pochi anni fa e spiega il fatto che ci possa essere realmente lo spazio per fare nuove scoperte e correggere spiegazioni che ora sembrerebbero sorpassate. Riportiamo di seguito le principali.
- Ogni bovina è diversa: non tutte le bovine sono uguali come emerge da un recente studio apparso sul Journal of Dairy Science (Wetzsel et al., 2017). In tale ricerca bovine sottoposte allo stesso modello sperimentale per riprodurre l'acidosi ruminale si sono comportate in maniera differente allo stimolo, dimostrando uno spiccato comportamento di categoria. Questo ha permesso ai ricercatori di dividere gli animali in due diversi gruppi (categorie): bovine in grado di compensare e bovine non in grado di compensare le condizioni di acidosi.
- Non solo batteri, funghi e protozoi: le popolazioni dei microorganismi possono essere divise in molti altri gruppi che dimostrano comportamenti variabili in funzione delle condizioni alimentari. Per esempio sono state individuate tre categorie di batteri: quelli presenti solo nella fase liquida, quelli formanti un biofilm sulle particelle alimentari ed un terzo gruppo in intima connessione con le pareti ruminali (componenti liquida, alimentare ed "epidurale", rispettivamente).
- I batteri "cattivi" sono proprio cattivi? Sembrerebbe proprio di no, poiché la Prevotella è naturalmente presente nel rumine, così come il Campylobacter; in caso di diete ricche di foraggi dimostra una tendenza all'aumento.
- Con il tempo la condizione di acidosi tende a peggiorare. Anche questo concetto è da rivedere poiché, come mostrato da Wetzsel et al. (2017), se prendiamo la diversità della microflora ruminale come un indicatore della salute del rumine, dopo una settimana dal challenge con i concentrati, la diversità aumenta, mentre dopo un mese torna a riabbassarsi indicando uno stress cronico.
È dimostrato che esistono bovine in grado di compensare le condizioni di acidosi e bovine non in grado di compensare
Implicazioni pratiche per i produttori
In sostanza le moderne tecniche e gli sforzi della ricerca sembrano confermare alcuni aspetti, riducendo però l'importanza di altri ed introducendo nuovi elementi di spunto (per esempio le bovine resistenti all'acidosi o il concetto di stabilità della microflora basale dopo la prima settimana di vita). Tutto questo ha molte implicazioni pratiche prima non ipotizzabili. Per esempio se esiste una diversa sensibilità individuale all'acidosi, vale la pena operare una selezione genetica per tale carattere? Un altro spunto pratico potrebbe essere quello dell'utilizzo di batteri probiotici in grado di condizionare la flora ruminale in modo permanente al momento della prima settimana di vita. Sono ipotesi futuribili ma considerando la velocità della ricerca forse non sono molto lontane.Cosa fare nel frattempo? Continuare le buone prassi in grado di sostenere la salute ruminale quali il corretto bilanciamento della razione, il controllo della ruminazione e gli investimenti strategici sul management per evitare gli stress, anche termico e da sovraffollamento.