Così Gabriele Canali, direttore del Crefis, il Centro di ricerche economiche sulle filiere suinicole, risponde alla proposta, emersa nel corso del convegno organizzato a Mantova dall'Associazione nazionale allevatori di suini, sul futuro del settore, al quale hanno preso parte relatori internazionali.
Era stato proprio Alberto Alvarez de Benito di Zoetis Spain a sostenere che gli allevatori avrebbero potuto pianificare meglio le proprie produzioni, potendo contare magari su quotazioni di riferimento non settimanali, ma di più lungo respiro, nell'ordine di due o tre mesi.
Un'analisi che aveva trovato il favore di uno dei componenti della Commissione unica nazionale (Cun) dei suini grassi da macello, Claudio Veronesi, che rilanciava l'ipotesi e invitava a discutere la filiera su listini fissati magari su base mensile. Un compromesso fra una quotazione settimanale e l'idea di Alvarez de Benito di quotare ogni 2-3 mesi.
"In generale - precisa Canali - nulla vieta che le parti si mettano d'accordo sulle modalità di valutazione del prezzo dei suini. Sono accordi liberi fra i contraenti. E quindi potrebbero, faccio un esempio, decidere di determinare il prezzo sulla base di una quotazione media delle quattro quotazioni che si hanno in un mese oppure che scelgano come riferimento la prima quotazione delle quattro. E' più un problema contrattuale e, relativamente alla proposta avanzata, non vedo particolari elementi di innovazione".
Canali, tuttavia, non nasconde la propria perplessità. "I mercati internazionali non attendono le nostre quotazioni - afferma -. Anzi, l'andamento dei listini è sempre più volatile, ragione per cui ritengo che avere quotazioni più rigide, che pensino di fissare un prezzo mensile a fronte di quotazioni di costi di produzione o di tagli di carne o di mercati internazionali che hanno variazioni quasi giornaliere, sia più complicato che non un elemento di risoluzione delle tensioni che si hanno fra le parti. Ma le tensioni sono frutto di dinamiche commerciali fra portatori di interessi differenti e dunque, in buona parte, anche fisiologiche".
Tensioni che, puntualizza Canali, "sono tanto più evidenti nel settore delle carni suine fresche, in quanto i contratti di fornitura tra i macellatori/trasformatori e la grande distribuzione sono molto rigidi e hanno, appunto, durate più lunghe e meno flessibili; questo impedisce di imprimere eventuali correzioni settimanali che, invece, la Cun dei suini grassi da macello può fare".
Un prezzo mensile, però, eviterebbe eventuali "giochini" settimanali.
"I giochini settimanali vanno evitati tout-court. Ma se una parte debole lo è anche con listini mensili. Le quotazioni settimanali, invece, permetterebbero di intervenire in caso di volatilità o di cambiamenti improvvisi del mercato. Ma un listino settimanale non vieta che le parti che vendono e comprano i suini si accordino per applicare una quotazione media su base mensile o anche trimestrale. Questa fa parte del libero accordo delle parti".
Come si potrebbe far funzionare la Cun?
"Intanto la domanda presuppone che la Cun non funzioni. La Borsa merci di Modena fa il prezzo dei suini tutte le settimane. Quindi, se vogliono, le parti possono tranquillamente raggiungere un accordo. Temo che nel caso particolare della Cun suini ci sia un eccesso di regolazione, che crea degli spazi per comportamenti che di volta in volta possono essere non lineari e permettere di non arrivare alla definizione del prezzo".
Quindi quali correzioni si potrebbero mettere in campo?
"Alleggerire i meccanismi e responsabilizzare le parti. Si è tentato di risolvere le tensioni mettendo una serie di regole che dovrebbero facilitare l'accordo, ma così non è stato. Sono convinto, però, che parti serie e mature debbano arrivare a un prezzo".
In Europa qualcuno parla di un rallentamento delle importazioni cinesi di carni suine. E' così?
"Può anche essere che vi siano segnali embrionali che gli esportatori internazionali hanno captato, ma per ora i numeri ufficiali che ci sono stati inviati, ma che si fermano a due mesi fa, non certificano che c'è stato un rallentamento. I cinesi operano comunque sui mercati internazionali con l'obiettivo prioritario di calmierare i prezzi sul mercato interno".