Periodo difficile per la salute animale in Francia. A fine 2015 gli allevamenti avicoli erano alle prese con casi di influenza aviare, per fortuna circoscritti e presto messi sotto controllo. Poi in marzo alcuni focolai di blue tongue nell'Haute-Savoie e nel Sud della Francia. E ora un caso di Bse, forse meglio conosciuta come “vacca pazza”, cosa che rimette in discussione la posizione della Francia, che non potrà rientrare fra i Paesi a “rischio trascurabile”, come invece l'Italia. La malattia è stata riscontrata in un allevamento di bovini a Givron, un piccolo comune nel dipartimento delle Ardenne, dove il primo marzo una vacca nata nell'aprile del 2011 mostrava segni di paresi che portavano ad emettere un sospetto di Bse già dopo l'esecuzione di un “rapid test”. Il 21 marzo le analisi eseguite dal National Reference Laboratory, Anses, confermavano che si era in presenza di un classico caso di Bse. Un ulteriore conferma è poi arrivata il 23 marzo dallo European Union Reference Laboratory.
I casi di Bse
Il capo colpito è stato prontamente eliminato e i 394 animali dell'allevamento sono sotto stretta sorveglianza, come prevedono le severe norme di contenimento della Bse. Grazie alla loro rigida osservanza da parte di tutte le autorità sanitarie della Ue, la comparsa di casi di Bse desta meno preoccupazioni che in passato. Quello francese, peraltro, non è nemmeno l'unico caso. Altri episodi di Bse si erano infatti verificati in Romania a inizio marzo, in Slovenia nel novembre dello scorso anno, e prima ancora in Irlanda, in giugno. Anche in quei casi la pronta esecuzione delle norme previste già nel 2001 dal regolamento CE 999, ha consentito di bloccare sul nascere la patologia.
La prudenza piemontese
Pur in presenza di un rischio assai limitato, in Piemonte si è deciso di alzare la guardia, tenuto conto dei forti flussi di importazione di bovini dalla Francia che si realizzano in questa regione. Si è così ritenuto opportuno ripristinare alcune cautele del passato, come l'eliminazione alla macellazione delle parti anatomiche maggiormente a rischio nei capi di età superiore ai 30 mesi. Una procedura che riguarderà gli animali provenienti dalla Francia o da altri paesi che non rientrano fra quelli a “rischio trascurabile”. Un eccesso di prudenza che rischia tuttavia di generare ancora una volta timori infondati sul consumo delle carni.
05 aprile 2016 Zootecnia