Dopo il boom, la frenata. La suinicoltura ritorna nei ranghi dopo l’exploit che aveva portato le quotazioni dei suini pesanti sopra 1,70 euro al chilogrammo, nella categoria principe per la salumeria Dop, quella dei 160-176 chilogrammi.
Gli allevatori mantengono in parte margini di redditività soddisfacenti – per il quinto mese consecutivo - per effetto della contrazione dei prezzi dei cereali, altra variabile fondamentale per far quadrare i bilanci aziendali.
A segnare con precisione l’andamento dei prodotti destinati all’alimentazione dei capi è il Crefis (Centro per le ricerche delle filiere suinicole), diretto dal prof. Gabriele Canali. “A settembre, e rispetto ad agosto, il calo del prezzo del mais nazionale alla Borsa merci di Milano è stato del 6,3% (198,30 euro/t) – scrive il Crefis -, sempre alla Borsa di Milano è sceso anche il mais di origine comunitaria del 1,4% (225,50 euro/t)”.

Rispetto al mese di settembre del 2012, la flessione è stata sensibile: -26% per il mais nazionale e -20,8% per il prodotto Ue. Anche oltreoceano l’andamento delle quotazioni a settembre rallenta rispetto al mese precedente: -13,5% è quanto perde il mais statunitense alla Borsa di Chicago.
In lieve rialzo la soia Ue, che a Milano mette a segno un +2,4% su base congiunturale e raggiunge quota 491,5 euro alla tonnellata. Una cifra in ogni caso al di sotto del 15% rispetto a un anno fa.
Numeri che migliorano le performance negli allevamenti. Con la redditività che sale del 5% da agosto a settembre e del 5,2% nel confronto settembre 2013/settembre 2012.

Chi soffre è nuovamente l’industria di macellazione. Il costo della materia prima, che per i macelli è rappresentata dai suini, con l’aumento ha messo in ulteriore difficoltà il comparto industriale, che a settembre ha perso quasi 6 punti percentuali. Ciò significa che la situazione è leggermente migliore rispetto allo stesso periodo del 2012 (+2%), ma pur sempre di grave complessità.

Recupera terreno, anche se non basta, il segmento delle cosce fresche suine per le produzioni a denominazione d’origine. Alla Cun di Parma le cosce fresche leggere per prosciutto Dop guadagnano un punto e mezzo (+1,8% la tipologia pesante), mentre calano i prezzi delle cosce generiche: -1,3% la versione leggere, -1,1% quella pesante.
Discorso inverso nel segmento della stagionatura, dove rimane più conveniente lavorare cosce generiche che non inserite nel circuito tutelato.
Ancora a settembre scende (-5,2%) la redditività della stagionatura del Parma leggero rispetto ad agosto e crolla (-19,5%) se si fa il confronto con il settembre 2012. Per i prosciutti generici, invece, la redditività aumenta dell’1,4% su base congiunturale e del 13% su base tendenziale.
“L’ampliarsi del differenziale di redditività tra i prosciutti Dop e generici è una situazione seria che continua a preoccupare – afferma il professor Gabriele Canali – basti pensare che, secondo i nostri indici, a settembre la redditività dei prosciutti non tipici leggeri è stata del 26% più elevata di quella del prosciutto di Parma leggero”.

Un dato che sembra dare segnali positivi, ricorda il direttore del Crefis, riguarda le esportazioni di salumi verso gli stati Uniti. “Dopo le aperture dei mercati – riconosce Canali - si comincia ad apprezzare l’avvio di rapporti commerciali che senza dubbio oggi devono ancora entrare a regime, ma hanno tutti i presupposti per consolidarsi positivamente, con grande soddisfazione per le imprese esportatrici”.

Tensioni fra le parti/1. Uno dei nodi che sembrava dovesse districarsi e invece appare più complicato del previsto riguarda il pagamento a peso morto e la classificazione delle carcasse. Finora non si sono registrati progressi nel confronto fra allevatori e industria di macellazione, con frizioni che hanno portato rapidamente – fra agosto e settembre – alla guerra dei non quotati, come strumento coercitivo per lanciare segnali in una o nell’altra direzione.
La proposta di avviare una sperimentazione del pagamento a peso morto è stata respinta dalla Confagricoltura, che col presidente della Federazione regionale di prodotto della Lombardia, l’allevatore bresciano Alberto Cavagnini, ha fatto sapere che “benché prevista nel contesto dell’intesa sulla classificazione delle carcasse sottoscritta dalle cinque Regioni del Nord, presupposto irrinunciabile per l’avvio della sperimentazione è infatti il funzionamento a pieno regime dell’attività di classificazione delle carcasse, obiettivo ancora lontano da raggiungere alla luce delle difficoltà e della scarsa omogeneità che si riscontrano nei diversi macelli attivi sul nostro territorio regionale”.
Dalla riunione al ministero delle Politiche agricole, scontato dirlo, è scaturita l’ennesima fumata nera sul fronte aperto.

Tensioni fra le parti/2. Acque agitate, anche se la tempesta sembra essersi placata, anche fra gli allevatori. La polemica è nata in Borsa merci a Mantova, piazza in cui tradizionalmente la quotazione dei suinetti sconta qualche posizione arretrata rispetto ad altre realtà.
Di qui la proposta di alcuni commissari di produttori di suini da allevamento di mettere in piedi un sistema come la Commissione unica nazionale, abbandonando così la galassia delle borse merci plurime.
Il motto “e pluribus unum” trova la disponibilità del Crefis. “Siamo informati dei tentativi – afferma Canali – e siamo stati in qualche misura coinvolti in una fase di approfondimento. Sicuramente si può operare per migliorare il sistema di informazione e i meccanismi di quotazione. I presupposti per uscire dall’impasse, comunque, ci sono tutti”.