Prezzi in aumento e costi in calo. Accade per i suini da macello e non c'è da stupirsi se in marzo la remuneratività degli allevamenti è tornata a salire, dopo i cali registrati nei mesi precedenti.
È quanto emerge dalle analisi del Crefis, il Centro per le Ricerche Economiche sulle Filiere Sostenibili dell'Università Cattolica di Piacenza, diretto da Gabriele Canali.
Il ciclo chiuso
I dati del Crefis mostrano, per il ciclo chiuso, l'indice di redditività salire del 3,1% a livello congiunturale e del 30,4% a livello tendenziale.
A giocare a favore sono stati i nuovi cali dei costi per l'alimentazione suina e la contemporanea ascesa delle quotazioni dei capi da macello.
Infatti, a marzo, le quotazioni dei suini pesanti destinati al circuito tutelato sono aumentate rispetto a febbraio dell'1,7%, raggiungendo i 2,098 euro/chilogrammo, pur rimanendo al di sotto dei valori registrati l'anno scorso (-4%).
Il ciclo aperto
Anche per gli allevatori impegnati nel ciclo aperto, e in particolare nelle scrofaie, la redditività a marzo continua a salire: l'indice Crefis segna +0,3% mese su mese e +36,7% anno su anno.
Di nuovo, la concomitanza dei prezzi in salita dei suinetti da 7 Kg (+0,2% rispetto a febbraio), che in marzo hanno raggiunto un valore di 79,375 euro/capo, e la discesa dei costi delle commodity per l'alimentazione hanno sorretto l'indice di redditività.
Favorevole, sempre a marzo, l'andamento della redditività della fase di svezzamento che sale, su base mensile, del 6,8%, e dello 0,4% rispetto allo scorso anno.
Anche in questo caso si registrano aumenti delle quotazioni dei suini da 40 chilogrammi che hanno raggiunto 3,809 euro/chilogrammo (+6,2% rispetto a febbraio).
Le quotazioni dei capi da 40 chilogrammi sono risultate maggiori del 4,2% anche rispetto allo scorso anno.
Bene anche la redditività della fase di ingrasso che a marzo ha guadagnato il 3,1% a livello mensile e il 3,4% rispetto al 2023.
La macellazione
Nonostante l'aumento dei costi per l'acquisto dei capi da macello, la salita dei prezzi dei principali tagli di carne, (con eccezione delle cosce fresche per prodotto generico) a marzo, ha giovato alla remuneratività del settore della macellazione.
Nel dettaglio, i valori delle cosce fresche destinate a produzioni tipiche sono saliti dello 0,1% rispetto a febbraio, raggiungendo una quotazione di 5,988 euro/chilogrammo, pur mostrando una variazione tendenziale sfavorevole del -3,6%.
Per ciò che riguarda invece le cosce fresche pesanti destinate a produzioni non tipiche, le quotazioni di marzo sono calate dello 0,5% fermandosi a 4,815 euro/chilogrammo e anche la variazione rispetto allo scorso anno resta negativa: -8,5%.
Andamento positivo a marzo, come accennato, per il mercato dei lombi: il taglio Padova ha fatto registrare un aumento delle quotazioni del 21,8% rispetto a febbraio, raggiungendo i 4,800 euro/chilogrammo, mentre il prezzo del lombo taglio Bologna è arrivato a 4,700 euro/chilogrammo: +19,3% su base mensile.
Le variazioni tendenziali sono risultate positive per entrambi i prodotti e rispettivamente +3,8% e +7,4%.
L'andamento favorevole del mercato ha portato, nel periodo preso in esame, un miglioramento della redditività del settore: l'indice Crefis segna +2,2% su base mensile e +3,1% la variazione tendenziale.
La stagionatura
A marzo prosegue la fase sfavorevole per il settore della stagionatura che vede il prodotto tutelato stagionato 12 mesi scendere di prezzo e fermarsi a 10,500 euro/chilogrammo (-0,1% rispetto al mese precedente e -1,9% la variazione tendenziale).
Ancora ferme a marzo le quotazioni del prodotto non tutelato, stabile a 8,600 euro/chilogrammo, anche se il raffronto con i valori dello scorso anno resta positivo (+9%).
Rivolgendoci alla redditività, in conseguenza dell'andamento non favorevole del mercato l'indice Crefis segnala un calo congiunturale per il prodotto Dop stagionato 12 mesi del 2,1% (tendenziale del -18%) e anche il prodotto non tutelato mostra una diminuzione di redditività dello 0,4% su base mensile ma mantiene una variazione tendenziale positiva del 3,8%.
In marzo il gap di redditività tra i due prodotti continua a diminuire ma resta ancora a favore del Prosciutto di Parma: +1,1%.
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Fonte: Crefis