La produzione di olio e di semi di girasole in Italia è ben al di sotto delle richieste del mercato. Questi prodotti, utilizzati sia nell'industria alimentare che in altri settori, vengono importati principalmente dai paesi dell'Est Europa (Romania, Ungheria e Bulgaria) che oggi sono i principali produttori. Eppure, per gli agricoltori italiani quella del girasole potrebbe essere una interessante opportunità di diversificazione. È questo uno dei messaggi emersi dalla giornata di studio dedicata a questa coltura e organizzata dal Crea - Cerealicoltura e colture industriali, a Osimo (Ancona) lo scorso 8 luglio dal titolo 'Il girasole: una coltura da difendere'.

Se guardiamo alle superfici investite a girasole negli ultimi dieci anni, notiamo un andamento che ha oscillato tra i 100 e i 130mila ettari coltivati. Anche le produzioni, influenzate da andamenti meteo e presenza di fitopatologie, sono state altalenanti e nell'ultimo anno si sono attestate intorno alle 250mila tonnellate.
 
Grafico evoluzione della produzione agricola di girasole

Durante i lavori, Daniel Grandis (Assosementi) ha ribadito che la produzione nostrana di olio e semi di girasole è ben al di sotto del fabbisogno nazionale, motivo per cui l'industria si rivolgere all'estero e i margini di crescita sarebbero elevati. Tuttavia, questa espansione non avviene principalmente per il basso prezzo di mercato e la difficoltà di offrire produzioni stabili con caratteristiche di prodotto standard.

Risulta, dunque, evidente come un ruolo fondamentale nel sostenere l'espansione della produzione di girasole in Italia lo possa giocare il miglioramento varietale, portato avanti da enti pubblici, come il Crea, e privati, come le ditte sementiere.

A tal riguardo, è stato ricordato che oggi i ricercatori lavorano, oltre che sull'incremento delle rese, anche sul miglioramento della qualità del prodotto, ad esempio in termini di percentuale e composizione dell'olio contenuto nei semi. Altri obiettivi essenziali del breeding sono l'adattamento delle piante ai cambiamenti climatici e l'aumento della resistenza alle malattie.

Durante la giornata di Osimo è stata inoltre raccontata l'evoluzione dell'attività di produzione del girasole nelle Marche, regione tradizionalmente vocata a questa coltura, grazie alla relazione di Natale Reda (Ordine dei dottori agronomi delle Marche) il quale ha sottolineato le differenze tra ieri e oggi in termini di superfici, volumi prodotti ed effetti dalle riforme della politica agricola. A fronte di una costante riduzione degli input e degli investimenti da parte degli agricoltori, disincentivati dal livello dei prezzi non remunerativi, Reda ha auspicato un incremento delle rese grazie a nuovi ibridi più performanti. A seguire, Giovanni Corsi del Crea-Difesa e certificazione di Bologna ha aggiornato i presenti sull'attività del Registro nazionale delle varietà, spiegando i meccanismi che portano all'iscrizione dei nuovi ibridi, la cui genetica dovrebbe contribuire all'ottenimento di performance produttive crescenti.

Tra le principali criticità dell'elianticoltura, vi sono anche gli aspetti fitosanitari. Come ricorda il titolo della giornata, si è parlato della necessità di difendere la coltura, con un focus specifico sulla peronospora, che è una malattia fungina in grado di compromettere lo sviluppo delle piante e la produzione di seme. Nel tempo, l'introduzione di resistenze ed il trattamento di concia ne hanno ridotto gli effetti, ma rimane ancora un elemento che minaccia attività e reddito di chi coltiva girasole. Per questo, la Regione Marche ha deciso di finanziare un progetto di ricerca volto allo studio delle razze di peronospora del girasole presenti sul territorio marchigiano per il contenimento del patogeno. A descriverne la struttura e gli obiettivi è stata Ilaria Alberti del Crea Cerealicoltura e colture industriali di Rovigo, la quale ha invitato i vari operatori a fare rete per raccogliere tutte le informazioni utili al raggiungimento dei risultati attesi.
 

Il progetto 'Qualità girasole'

Sandro Pieri del Crea Cerealicoltura e colture industriali di Osimo ha presentato il progetto Qualità girasole. Dal 2000 alcune ditte della Sezione Colture industriali di Assosementi finanziano, nell'ambito del progetto, una rete di prove di valutazione di ibridi commerciali, ponendo a confronto novità varietali con costituzioni già affermate e collaudate, allo scopo di sfruttare al meglio le loro caratteristiche in funzione dell'ambiente.

La rete coinvolge quattro enti pubblici in sette località, sparse tra Emilia Romagna, Marche, Umbria, Toscana e Friuli-Venezia Giulia, e prevede tre repliche per ogni ibrido in prova. Nell'ultima rete conclusa (quella del 2018) sono state testate quindici varietà i cui risultati sono stati diffusi attraverso articoli su riviste di settore. Il progetto infatti permette di fornire un'informazione tecnica aggiornata e imparziale a supporto delle decisioni per la scelta varietale, che riguarda in primis i produttori agricoli. Dalla relazione di Pieri risultano sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici sulle condizioni produttive.

Anche per questo l'innovazione varietale è uno degli strumenti più importanti per identificare soluzioni in grado di attenuare l'impatto del climate change sull'attività agricola.

In tema di innovazione, Andrea Bordoni del Servizio politiche agroalimentari della Regione Marche, ha chiuso i lavori affermando che proprio intorno a questo concetto si concentreranno le politiche di sviluppo sia a livello comunitario che locale. Bordoni si è soffermato sul ruolo dell'Innovation broker o 'intermediario dell'innovazione', figura cui viene affidato il compito di facilitare la costituzione di gruppi operativi e di sostenere le iniziative dal basso, contribuendo a definire le idee innovative e supportando la redazione dei progetti e la ricerca di partner. Anche la filiera del girasole, che come detto trova diverse destinazioni d'uso, deve continuare ad orientarsi all'innovazione per poter garantire una crescita sostenibile del settore.