Uno studio canadese rivela come la cottura elimini la maggior parte dei residui di glifosate presenti a crudo nella pasta. Si potrebbe definire la scoperta dell'acqua calda – in tutti i sensi – poiché in Italia un grande produttore di pasta aveva effettuato in passato ricerche in tal senso, evidenziando come la preparazione della pasta in acqua bollente asportasse quasi tutti i residui dell'erbicida. Cioè quelli mostrati più volte da interessate associazioni di categoria e da trasmissioni a tema spacciate per indagini allo scopo di inquietare i cittadini.
Sembra però vero che la paura faccia 90, poiché il noto marchio italiano di pasta ha deciso di non divulgare le proprie analisi. Troppo alto infatti il timore di essere sommerso dalle usuali shitstorm organizzate dalle truppe cammellate anti-pesticidi. Timore comprensibile, poiché queste ultime avrebbero strillato per il fatto che nella loro pasta cruda ci fossero residui soffocando la vera notizia, cioè che quei residui con la cottura se ne vanno.
Purtroppo, nonostante i numerosi dipartimenti e istituti di chimica presenti nelle università italiane, nessuno si è mai preso la briga di ripetere il test in ambito accademico, cioè neutro. Nemmeno Bayer, la diretta interessata, ha voluto esporsi in tal senso, forse per le medesime ragioni di cui sopra. Alla fine, però, un gruppo di ricercatori d'Oltreoceano si deve essere stufato degli allarmismi strumentali tutti italiani contro il grano canadese. Così hanno preso dei campioni di grano e di pasta, li hanno analizzati prima e dopo la cottura e hanno pubblicato i risultati sulla rivista Food Additives & Contaminants.
La ricerca, dal titolo “Diverging fates of cadmium and glyphosate during pasta cooking”, è stata pubblicata nel novembre 2023 e deriva dal lavoro di due istituti canadesi: il Grain Research Laboratory, Canadian Grain Commission, Winnipeg (Manitoba) e lo Swift Current Research and Development Centre, Agriculture and Agri-Food (Saskatchewan). Le analisi hanno riguardato non solo glifosate, bensì hanno incluso anche un metallo pesante: il cadmio. Con alcune sorprese.
Il cadmio è infatti un contaminante naturale della catena alimentare. La valutazione del rischio basata sulle reni (organo più sensibile) stabilisce la soglia alimentare tollerabile di 62 μg/giorno per una persona di 70 chilogrammi. Bene sottolineare, peraltro, che stando ad alcuni studi di coorte l'assunzione di cadmio anche al di sotto dei livelli considerati tollerabili può aumentare il rischio di morte per cancro, malattie cardiovascolari e morbo di Alzheimer.
Cosa dice la ricerca canadese
Così come avviene nel riso, anche le varietà di grano duro mostrano diverse capacità di accumulare cadmio estraendolo dal terreno. Nello studio canadese sono state testate due cultivar, AC Navigator e Transcend, trattandole con glifosate a diversi stadi di maturità per produrre cereali a diverse concentrazioni non solo dell'erbicida, ma anche di cadmio.
Quanto a dosi, glifosate è stato applicato a 360 e a 720 grammi per ettaro. La prima dose è stata applicata con la granella contenente più del 30% di umidità, mentre per la seconda si è atteso che la disidratazione facesse scendere il contenuto in acqua al di sotto del 30%. Dopo la raccolta delle parcelle sperimentali, il grano è stato analizzato tal quale, poi macinato e infine trasformato in pasta, quest'ultima analizzata prima, durante e dopo la cottura.
Concentrazioni elevate di entrambi i target analitici sono state rivenute nella crusca, con la percentuale di cadmio sul totale intorno al 23-25% e quella di glifosate del 38%. In sostanza, quasi il 40% dei residui di glifosate erano presenti nella crusca, contro un quarto circa del cadmio.
I residui maggiori di glifosate nel grano, 0,874 mg/kg contro 0,474, sono stati rinvenuti nei campioni trattati a 360 g/ha di glifosate con l'umidità >30%. Ciò è dovuto al fatto che in tale stadio è risultata maggiore la traslocazione dell'erbicida all'interno dei tessuti vegetali. Analogamente, nella semola le concentrazioni sono state rinvenute pari a 0,49 e 0,25 mg/kg rispettivamente per le tesi a 360 e 720 g/ha di glifosate.
Poi è stata preparata la pasta secca e la molitura ha ridotto le concentrazioni nella semola e nella farina di un fattore 1,8 per glifosate e 1,4 per il cadmio. Infine la pasta è stata cotta e analizzata insieme all'acqua di cottura, prelevando sette diversi campioni dal tempo zero fino a 15 minuti, in occasione della scolatura. A prescindere dal fatto che la pasta scolata dopo 15 minuti farebbe storcere il naso alla maggior parte degli italiani, i risultati analitici sono comunque di estremo interesse.
Bastano tre minuti
Le concentrazioni di glifosate nella pasta diminuiscono significativamente con il tempo di cottura, mentre non è stata osservata una diminuzione significativa per le concentrazioni di cadmio. Al tempo zero nella pasta sono stati rinvenuti 0,335 e 0,633 mg/kg di glifosate per le due tesi a 720 e 360 g/ha. Tali valori quasi si dimezzano in soli tre minuti, scendendo rispettivamente a 0,189 e 0,369 mg/kg. L'estrazione di glifosate dalla pasta poi rallenta, mostrando a 11 minuti solo 0,124 e 0,240 mg/kg. A 15 minuti, tempo di cottura irrealistico in Italia, le concentrazioni erano scese a 0,105 e 0,201 mg/kg.
Circa l'analisi dell'acqua di cottura, questa ha dimostrato come glifosate sia stato estratto dalla pasta proprio dall'acqua, la quale agisce sulla molecola come un vero e proprio solvente. Glifosate è infatti molto idrofilo e la cottura della pasta in acqua bollente simula ciò che avviene normalmente nei laboratori di chimica quando si voglia estrarre qualcosa da una matrice solida.
Al termine della prova, cioè dopo 15 minuti di cottura, circa il 73% di glifosate (media di tutti i campioni) si era trasferita dalla pasta all'acqua, contro il 5% del cadmio. Non sono state invece rinvenute tracce di Ampa, metabolita di glifosate.
Attenzione al cadmio
Le analisi per la ricerca del cadmio sono state elaborate su varietà a maggiore o minore predisposizione all'assorbimento del cadmio. Nelle due tesi con varietà a basso assorbimento (Transcend) le concentrazioni di cadmio nella pasta al tempo zero erano rispettivamente pari a 0,048 e 0,054 mg/kg, mentre nella tesi con AC Navigator sono stati rinvenuti 0,159 mg/kg del metallo pesante. Circa il triplo.
In tutti e tre i campioni le concentrazioni sono rimaste pressoché le stesse a fine cottura, con le due tesi Transcend che mostravano contenuti di cadmio pari a 0,06 e 0,057 mg/kg, contro 0,178 mg/kg di AC Navigator: ancora il triplo.
Assumendo una porzione di pasta da 80 grammi, significa che di cadmio se ne ingeriscono 14,24 µg con la pasta da grano AC Navigator, cioè il 23% della dose considerata sicura per un umano dal peso di 70 chili. Nelle tesi Transcend questa percentuale scende rispettivamente al 7,7% e al 7,3% della dose massima consigliata per il il metallo pesante.
In nessuno dei tre casi la presenza di cadmio rappresenta un rischio per la salute umana, a meno di ingerire contemporaneamente altri alimenti che contengano cadmio a sufficienza per fare superare la soglia complessiva. In tal caso, poter contare su un contenuto di cadmio molto inferiore nella pasta aiuterebbe a mangiare più tranquilli.
Sarebbe quindi interessante vedere se tali ricerche troveranno spazio sulle pagine web delle note associazioni anti-glifosate, o se verranno degnate di una minima attenzione dalle trasmissioni sedicenti di inchiesta. Quelle che tanto hanno infamato glifosate nella pasta pur a fronte di residui che stavano migliaia di volte al di sotto del limite massimo giornaliero.
Venenum in cauda
Per chi dovesse trovare come unico argomento l'usuale tormentone del chiedere all'oste se il vino è buono - tormentone prevedibile vista l'affiliazione canadese dei ricercatori - si invita costoro a superare il trauma e a ripetere se del caso le medesime analisi qui in Italia. Possibilmente in un centro di ricerca accreditato e trasparente, non nel solito e nebuloso laboratorio di cui non è dato nemmeno sapere il nome e nel quale dovremmo aver fiducia solo perché lo dice qualche conduttore di trasmissioni televisive.