La cimice asiatica (Halyomorpha halys) è un insetto segnalato per la prima volta in Italia già nel 2007, ma che è presente in maniera consistente nel nostro Paese dal 2012. La sua diffusione è stata veloce e nel 2018 è arrivato anche in Sicilia, completando in questo modo la colonizzazione del territorio nazionale.

 

I danni maggiori sono stati causati nelle regioni settentrionali e in particolare nei frutteti. Tuttavia questo insetto, altamente prolifero e polifago, è anche in grado di causare danni alle coltivazioni di olivo. Sulla zona del Lago di Garda, come anche in Toscana e Umbria, sono stati registrati attacchi di cimice a carico delle drupe, con ripercussioni a livello produttivo e qualitativo.

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I danni causati da cimice asiatica sull'olivo

Nel 2018 e 2019, complice l'andamento stagionale favorevole, si è raggiunto nel Nord Italia il picco delle popolazioni di cimice e i danni sono stati considerevoli, stimati intorno ai 700 milioni di euro. Durante le ultime campagne agrarie invece, a causa dell'andamento climatico meno favorevole e dell'introduzione in natura del suo antagonista naturale, i problemi causati da H. halys sono stati decisamente minori.

 

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Se la frutticoltura è il settore che ha sofferto di più, la cimice può causare importanti danni anche negli oliveti. Prove condotte dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dalla Fondazione Edmund Mach e dall'Università di Trento, hanno dimostrato che la cimice, sia negli stadi giovanili che in forma adulta, nutrendosi della linfa delle drupe causa malformazioni, cascola precoce e riduzione della pezzatura.

 

Halyomorpha halys si nutre della linfa delle piante inserendo nella polpa il proprio stiletto boccale. L'immissione di saliva all'interno dei tessuti vegetali causa nella pianta una reazione che porta a malformazioni, nonché ad un disfacimento e imbrunimento della polpa.

 

Sulle drupe in formazione, prima dell'indurimento del nocciolo, è stata registrata una cascola significativa che dunque porta ad un danno diretto come contrazione della produzione. Mentre le punture su olive già in uno stadio di sviluppo avanzato causano una riduzione della pezzatura. Ma anche la qualità dell'olio risente degli attacchi di cimice, anche perché le lesioni causate all'epidermide possono aprire la strada a funghi e batteri opportunisti.

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La cimice asiatica è in grado di causare danni alle coltivazioni di olivo

La cimice asiatica è in grado di causare danni alle coltivazioni di olivo

(Fonte foto: Italia Olivicola)

 

Presenza della cimice asiatica nel Sud Italia

Come detto, la cimice asiatica è insediata ormai su tutto il territorio italiano, isole comprese, ma le popolazioni più consistenti sono presenti al Nord. Come spiegato da Giuseppino Sabbatini, ricercatore del Centro Crea Difesa e Certificazione, probabilmente le condizioni ambientali nel Sud Italia, con estati calde e avare di pioggia, mettono in difficoltà la cimice che non riesce a raggiungere popolazioni così consistenti come al Nord.

 

A contrastare ulteriormente questo fitofago sono stati i lanci di Trissolcus japonicus, la cosiddetta vespa samurai, un parassitoide che depone il proprio uovo nelle ovature della cimice andando ad abbattere in questo modo il potenziale riproduttivo di H. halys.

 

I lanci di T. japonicus sono stati effettuati in tutte le regioni del Nord (tranne la Valle d'Aosta), ma anche in Umbria, in Sardegna, nelle Marche, in Toscana e in Campania, dove il fitofago ha creato non pochi problemi alla frutticoltura locale.

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Cimice asiatica, un problema per il Sud?

Benché dunque la cimice asiatica sia in grado di arrecare danni all'olivicoltura, causando la cascola precoce e la diminuzione della pezzatura delle drupe, la sua presenza nelle regioni del Sud Italia non è sufficientemente elevata da rappresentare un rischio per l'olivicoltura.

 

Il controllo biologico esercitato dalla vespa samurai sembra avere buoni effetti nelle regioni in cui i lanci vengono effettuati regolarmente, resta da osservare come evolverà il clima nei prossimi anni per verificare se le condizioni ambientali possano influire sulla diffusione di questo fitofago.