Come incipit può andare anche un semplice "Bruxelles ha detto sì": se nel 2023 l'azienda agricola rinuncia volontariamente a utilizzare glifosate, lo Stato francese ha promesso di erogare 2.500 euro in termini di compensazione. Cifra, questa, ottenibile in forma di credito di imposta, cioè lo "sconto" sui tributi da pagare a fine anno. Il tutto, con un budget complessivo di 215 milioni di euro. In pratica, ci sono soldi per 86mila aziende agricole. Non poche, ma nemmeno tantissime.
Nelle intenzioni dichiarate, la politica transalpina s'intenderebbe preparare gli agricoltori francesi ad assorbire la botta dell'eventuale eliminazione di glifosate a livello europeo. Messa così potrebbe essere anche scambiata per una mossa proattiva e lungimirante. Conoscendo però il comportamento francese in Europa verso glifosate, le cose appaiono in modo ben diverso.
L'eliminazione di glifosate venne infatti promessa da Emmanuel Macron, presidente francese, già nel 2017, prima ancora che gli esperti europei potessero ribadire per l'ennesima volta la luce verde scientifica all'erbicida. Anche recentemente la Francia ha remato contro la proroga del rinnovo, come già esposto proprio su AgroNotizie.
Quindi, in guisa di un perfetto Giano bifronte, il normatore transalpino sta offrendo agli agricoltori qualche moneta di rame, mentre si sta adoperando con forza per togliere dalle loro tasche le poche monete d'oro che ancora vi sono.
Questi aiuti erano infatti già stati pensati a fine 2020, per essere inclusi nella Finanziaria parigina per il 2021. Ora il momento dei diserbi è arrivato e si potrà comprendere se la proposta ha avuto successo oppure no. La cifra può infatti sembrare interessante, ma come sempre è bene fare i conti in modo razionale. A meno che la paura di un possibile bando di glifosate spazzi via ogni possibile considerazione economica in senso stretto.
Le aziende agricole in Francia: sempre meno da anni
Se i fondi bastano solo per 86mila aziende agricole, stiamo parlando di un quinto circa del totale, visto che stando alle statistiche transalpine a fine 2021 queste ammontavano a 390mila. Bene però dare un minimo di spaccato storico su tale numero, perché anche in Francia, come in Italia, le aziende stanno diminuendo anno dopo anno: in soli 11 anni, dal 2010, sono infatti calate in ragione di 100mila unità. Un calo numerico di circa un quinto. La superficie agricola utilizzata in Francia è però più del doppio di quella italiana, con 26,7 milioni di ettari, per una dimensione media aziendale intorno ai 69 ettari. Questo valore è significativamente più alto di quello del 2010, quando la media transalpina era inferiore di 14 ettari.
Se i numeri di cui sopra dipingono uno scenario agricolo abbastanza nitido, per rincarare la dose basta risalire nel tempo fino al 1970, quando le aziende agricole erano quasi un milione e 600mila. In sostanza, oggi l'agricoltura francese conta meno di un quarto delle aziende agricole che operavano 50 anni fa. All'epoca però la superficie media era intorno a 18 ettari, per una superficie agricola totale di 28.800 ettari.
Cosa coltivano le aziende agricole francesi
A coltivare "grandi colture", nel 2020 sarebbero state 112mila aziende. I cereali coprono circa la metà delle superfici coltivate francesi e rientrano nei piani di coltivazione di circa l'80% delle aziende agricole. Dal canto loro, la superficie media dei produttori di cereali, semi oleosi e colture proteiche è passata da 80 a 96 ettari tra il 2010 e il 2020.
Stando sempre ai dati governativi francesi, nel 2022 le superfici a cereali sono arretrate a 9 milioni di ettari rispetto ai 9,3 del 2021. In Francia si è cioè scesi perfino al di sotto della media 2017-2021, pari a 9,2 milioni di ettari. Quelle dell'orzo, e più in particolare dell'orzo invernale, sarebbero comunque in crescita rispetto al 2021, portando a una prima stima di produzione 2022 di orzo invernale pari a 8,25 milioni di tonnellate, nonostante una resa inferiore (65 quintali/ha).
Si prevede inoltre che la superficie coltivata a mais da granella, dato inclusivo delle superfici per la moltiplicazione delle sementi, mostrerà un calo anche maggiore, scendendo a un milione e 400mila ettari. In percentuale, trattasi del -6,8% rispetto all'anno precedente.
Previsioni poco fauste anche per le colture proteiche, le cui superfici dovrebbero scendere del 12,8%. In controtendenza le superfici a semi oleosi, attese in crescita di quasi il 17%. Ciò grazie soprattutto all'aumento delle superfici a colza invernale (+21,1%).
Infine il grano tenero, vera locomotiva dell'agricoltura francese al pari dei vigneti. La superficie regge, venendo stimata in 4,76 milioni di ettari, ma risulta comunque in diminuzione del 4,5% rispetto al 2021, quando sfiorò i cinque milioni. Un -1,2%, comunque, lo si è registrato anche rispetto alla media 2017-2021, in cui sono stati seminati a grano tenero 4,82 milioni di ettari. Simile destino anche per il grano duro, con superfici stimate in 276mila ettari (-6,4%).
I costi per le aziende senza glifosate
Nel 2020 il Governo francese chiese all'Inrae, acronimo di Institut National de Recherche pour l'Agriculture, l'Alimentation et l'Environnement, di analizzare i possibili costi per gli agricoltori causati da un bando nazionale di glifosate.
Stando al rapporto Inrae, che a sua volta si rifà all'indagine "PK-GCP_2017", la percentuale di superficie coltivata in Francia in cui si usa glifosate è dell'11,5%. Escludendo però prati temporanei e permanenti, come pure miscele di foraggi, la percentuale sale al 18,9%. Sulle colture ove l'erbicida viene impiegato, ciò avviene per lo più solo una volta durante l'anno. Il resto del rapporto si concentra solo sull'uso inter-colturale di glifosate, dato che rappresenta il 98% degli usi.
Per le comparazioni sui costi differenziali, con o senza glifosate, l'Istituto transalpino ha puntato i riflettori sui produttori che seguano la pratica della semina su sodo. In Francia circa l'1,7% delle superfici sono a semina diretta e per queste l'Inrae stabilisce che:
"L'attuazione di una strategia di lavorazione frequente senza glifosate genera un costo aggiuntivo medio annuo stimato in 79,83 euro/ettaro. Questo costo aggiuntivo è diviso per circa metà nel costo della meccanizzazione, un quarto per il carburante e un quarto per la manodopera. Il costo aggiuntivo annuo legato alla lavorazione del terreno di 102,86 euro/ettaro, che corrisponde più o meno ai costi di lavorazione del terreno delle frequenti arature, è compensato solo da un risparmio di 23,57 euro/ettaro sui trattamenti erbicidi con glifosate (costi di irrorazione inclusi). Questi costi annualizzati degli oneri di meccanizzazione presuppongono l'acquisizione di un consistente parco di attrezzature per le operazioni di semina diretta".
In sostanza, stando così le cose, a nessuna azienda francese che pratichi la semina diretta conviene accettare i 2.500 euro di credito di imposta, a meno di coltivare meno di 31-32 ettari, superficie alla quale si realizza il pareggio. Superfici che, peraltro, sono nella parte bassa delle statistiche delle grandi colture francesi. E questo solo per andare in pareggio, dovendo però tornare a pratiche precedenti a quelle della semina diretta. Un autogol micidiale. Anche per l'ambiente.
Ciò che lascia sconcertati è che vengano concessi crediti di imposta per abbandonare una molecola fra le tante impiegate in Francia, anziché concentrare le medesime risorse economiche per incentivare le pratiche di agricoltura conservativa le quali, loro sì, farebbero un gran bene all'ambiente francese. Lasciandosi dettare l'agenda dalle pressioni ecologiste, invece, si ottiene il risultato opposto di scoraggiarle, dal momento che tali pratiche virtuose si reggono in buona parte proprio sulla molecola che si intende colpire.
Interessa ai piccoli, non ai grandi
Interessante anche la percentuale di uso aziendale di glifosate che stando a Inrae emerge in funzione della superficie agricola, per lo meno analizzando un campione rappresentativo di 17.342 aziende. Fra queste, le unità con Sau superiore ai 350 ettari sono 585 e lo adoperano sul 39,4% della propria superficie. Le aziende comprese fra 275 e 350 ettari sono 950 e usano glifosate sul 25,2% dei propri terreni.
Scendendo ancora, le 2.400 aziende fra 200 e 275 ettari impiegano il diserbante sul 21,6% dell'area coltivata, percentuale che sale di poco, al 21,9%, per le 2.961 aziende fra i 150 e i 200 ettari. L'uso scende infine sotto al 20% per le aziende 3.940 aziende fra 100 e 150 ettari (15,7%), per le 3.530 aziende fra 50 e 100 ettari (12,6%) e per le 2.956 aziende con superfici inferiori ai 50 ettari (14,1%).
In estrema sintesi, più sono piccole le aziende, più bassa è la percentuale di terreno trattato. Considerando tali orizzonti, v'è da dubitare che gli agricoltori con più di 150 ettari rinuncino ai benefici del diserbo con glifosate per soli 2.500 euro, pari a 16 euro all'ettaro nella migliore delle ipotesi.
Probabilmente, si deve scendere ancora parecchio con le superfici affinché la cifra stanziata da Parigi divenga interessante quando espressa per unità di superficie. Una cifra che infatti diviene interessante solo per le piccole aziende, quelle con meno di 50 ettari, cioè quelle che ne adoperano già oggi decisamente poco rispetto ai colleghi. Per loro, il credito di imposta sale a 50 euro all'ettaro nel peggiore dei casi. Un contributo come tanti, quindi perché no. Ma davvero ne vale la pena?
Forse, meglio sarebbe che la Francia smettesse di fare doppi equilibrismi su piani estremamente scivolosi e che prendesse il toro per le corna, dicendo chiaramente all'Europa le cose come stanno: bandire glifosate sarebbe un disastro per l'agricoltura francese ed europea, mentre ad ambiente e salute calerebbe dal poco al nulla. E che quindi votasse sì al rinnovo, invitando gli altri Stati membri a fare altrettanto.
Certo, "il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare", scriveva Alessandro Manzoni nei suoi Promessi sposi, dando voce al pavido don Abbondio di fronte al Cardinale Borromeo. Oggi assistiamo a una sorta di Don Abbondio che parla francese, ma ugualmente tremebondo al cospetto dell'onda pseudo ecologista che, al pari appunto d'un Cardinale, fa ormai a Bruxelles quello che più le pare. E che Renzo e Lucia, oggi gli agricoltori, se ne facciano una ragione.
Un monito anche per l'Italia
In considerazione di quanto sopra, si teme che l'iniziativa francese sia il classico esempio di come usare male il denaro pubblico, dando vita a iniziative di facciata che sembrano più orientate a soddisfare le lobby ambientaliste, i media e l'opinione pubblica "green", che a preservare l'ambiente. Ambiente il quale, comunque, in assenza di glifosate dovrebbe essere lavorato di più e comunque diserbato con altri prodotti, spesso molto più costosi di glifosate per le tasche degli agricoltori. Tutto sommato, guardando le cose da tale prospettiva, i grandi player della chimica agraria potrebbero essere davvero gli unici a guadagnarci da una simile, demagogica mossa.
Che quindi anche l'Italia, in sede dei prossimi voti, magari si distingua per coraggio, una volta tanto, anziché per l'usuale e opportunistica ignavia che per troppo tempo ci ha contraddistinto in Europa.