Qualche anno fa, studi condotti in regione Veneto sembravano aver chiarito che erano i ristagni idrici la causa di queste morie. Era stata condotta una prova di campo nella quale l'actinidia era stata coltivata con diverse sistemazioni e, almeno nei primi anni, era la soluzione con un'equilibrata gestione delle acque che non aveva subito danni da moria. Invece, le soluzioni senza una buona gestione dei ristagni erano rapidamente andate incontro alla moria dell'actinidia.
Gli aspetti agronomici che erano stati ottimizzati nella tesi che aveva fornito i migliori risultati erano stati l'ottimizzazione nello sgrondo delle acque in eccesso, le baulature, il controllo preciso dell'acqua di irrigazione e l'apporto di sostanza organica.
Negli ultimi anni la prova, tuttora in corso, ha purtroppo evidenziato che anche nella tesi con una buona gestione dell'acqua si era diffusa la moria dell'actinidia. Ne consegue quindi che la moria, apparsa in modo preoccupante fin dal 2012, continua a essere una malattia di origine complessa e multifattoriale, da attribuire alla combinazione sinergica di molti fattori. La componente agronomica costituisce un elemento fondamentale, con una maggior incidenza rispetto alle altre componenti, ma un gran peso è inoltre rappresentato da altri fattori sui quali occorrerà lavorare e indagare ancora nei prossimi anni.
Allo studio quindi la valutazione degli effetti derivanti dalla combinazione di elementi legati al clima (picchi termici estivi con frequenti escursioni anomale, andamento anomalo delle precipitazioni, con eventi molto intensi e con l'abbassamento della temperatura e allagamenti del suolo) all'andamento del deficit della pressione di vapore (Vpd) nel periodo vegetativo, alla fisiologia della pianta (fabbisogno traspirativo, sensibilità all'asfissia radicale e all'irraggiamento eccessivo, perdita di resistenza ad attacchi di patogeni), al suolo (micro e macro porosità, scarsa sostanza organica e fertilità biologica), ai microrganismi patogeni e alle scorrette pratiche agronomiche.
Da studiare inoltre con attenzione il "caso Emilia Romagna", che al momento non è ancora stata colpita dalla moria, e da valutare con fiducia l'impiego di alcuni portainnesti: SAV1, Z1 e Bounty.
Questo quanto emerso nel corso del convegno sul Bilancio Fitosanitario 2020 e 2021 dell'Actinidia, che si è tenuto giovedì 11 novembre 2021, via webinar. Nel corso dell'incontro, organizzato da Aipp, Giornate Fitopatologiche e regioni, sono stati presentati i bilanci fitosanitari da parte della Provincia Autonoma di Trento, a cura di Claudio Panizza, e nelle Regioni Piemonte, a cura di Luca Nari e Lorenzo Berra, Friuli Venezia Giulia, a cura di Simone Saro, Veneto, a cura di Stefania Isabella Lanza, Paolo Caramori e Lorenzo Tosi, Lombardia, a cura di Luana Giordano e Paolo Culatti, Emilia Romagna, a cura di Loredana Antoniacci e Massimo Bariselli, e Calabria, a cura di Lidia Viterale. Giuseppino Sabbatini, con la collaborazione di tutti gli altri relatori, ha presentato una sintesi complessiva sulla situazione della cimice asiatica, mentre Sauro Simoni e Massimo Pilotti, di Crea DC, hanno tirato le conclusioni.
Al di là della moria del kiwi, desta ancora preoccupazione la cimice asiatica che, dopo un 2020 senza particolari problemi, nel 2021 si è ripresentata in maniera molto seria nel Mantovano e in Emilia Romagna. La situazione è comunque in evoluzione, in aumento in diverse zone l'incidenza delle parassitizzazioni da parte di T. japonicus, T. mitsukurii e A. bifasciatus, mentre sono da seguire con attenzione le situazioni di Friuli, Piemonte e Veneto nella quali la cimice sembra stia lentamente rallentando la morsa sulle produzioni agricole. Ancora indenne le coltivazioni nelle diverse aree produttive della Calabria.
Desta sempre preoccupazione il cancro batterico (Psa), che comunque, grazie a puntuali e intensi programmi di difesa, a base di prodotti rameici, acibenzolar-S-metile e Bacillus amyloliquefaciens, è stata tenuta sotto controllo.
Tuttora sotto controllo, ma da seguire l'evoluzione di altre avversità, segnalate e costantemente monitorate quali botrite, carie del legno, cocciniglie, metcalfa ed eulia.
Segnalata con una certa preoccupazione nel 2021 la presenza dell'eriofide in Piemonte.
In sede di conclusioni, Sauro Simoni, ha ripreso il tema dell'eriofide, precisando come la situazione sia in evoluzione con ripercussioni, spesso comunque immotivate, sulle esportazioni, verso l'Australia in particolare.
Nei prossimi giorni le relazioni presentate nel corso del convegno sull'actinidia saranno disponibili sui siti dell'Aipp e delle Giornate Fitopatologiche, come pure la registrazione dell'incontro, mentre una sintesi delle relazioni verrà presentata alle prossime Giornate Fitopatologiche che si terranno nel 2022 tra il 15 e il 18 marzo a San Lazzaro di Savena (Bo).
Giovedì 18 novembre si terrà il prossimo incontro che avrà per tema la coltura della vite nel Centro Sud Italia.
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