Mi piace invece pensare a soluzioni per cui una delle molecole più poliedriche ed efficaci del panorama fitoiatrico mondiale non venga additata come "imbrogliona" e, come tale, da sostituire con qualcuna di più "sana e trasparente".
Sono cinque proposte che partono dall'alto (Europa), per raggiungere la singola azienda agricola, passando dal ministero dell'Agricoltura, controllori e certificatori. Proposte facili, di senso compiuto (spero) e, incredibile ma vero, anche semplici da mettere in pratica.
Tre ragionamenti preliminari
Partiamo da tre dati di fatto:
- il rame è un metallo e, come tale, non è soggetto a degradazione (né chimica, né fotolitica) o alcuna metabolizzazione: l'unico tipo di asportazione di rilievo è costituito dall'azione dilavante della pioggia. Pervenuto nel terreno, lo ione rameico interagisce con le argille e la sostanza organica per formare composti insolubili. Quindi, una volta immesso in ambiente, lì resta! Indipendentemente dal fatto che venga usato come fungicida, battericida, biostimolante, fertilizzante fogliare o concime, una volta immesso in campo, resterà proprio lì, nei primi decimetri di profondità;
- le piante attaccate da funghi o batteri non manifestano carenze da rame per cui i fertilizzanti fogliari e i biostimolanti a base di rame non servono per concimare ma per contenere lo sviluppo dei funghi eludendo le norme (eludere, non violare);
- in Europa non esistono terreni destinati alla produzione agricola carenti di rame. Carenze di rame sono confinate al Nord dove però ci sono poche coltivazioni agrarie. E se mai ci fossero carenze, trattandosi di un microelemento, una somministrazione di soli 50-60 grammi all'ettaro sarebbe sufficiente a reintegrare qualsiasi carenza.
Prima proposta. Partiamo dall'Europa: stop ai concimi con oltre il 5% di rame
La normativa europea prevede che si possano produrre fertilizzanti a base di rame con qualsiasi percentuale di questo elemento (ci sono fertilizzanti a base di solfato di rame al 98-99%). Dal momento che gli asporti medi di rame anche nelle colture più "ghiotte" (come la vite) non superano i 60 grammi per ettaro all'anno, non ha alcun senso autorizzare fertilizzanti a base di rame con elevati contenuti di questo metallo.La mia prima proposta sarebbe quella di fissare al 5% massimo il contenuto di rame metallo in qualsiasi concime (o fertilizzante, o biostimolante che dir si voglia). Al superamento di questa soglia si dovrebbe necessariamente considerare agrofarmaco, con tutti gli adempimenti del caso.
Seconda proposta. Il ministero dell'Agricoltura: tutto il rame è rame
Visto che la normativa europea fissa in 28 chilogrammi il quantitativo massimo di rame per ettaro utilizzabile in sette anni, non vedo come mai questa soglia in alcuni ambiti sia riferibile solo al rame somministrato come agrofarmaco.Il ministero dovrebbe fare in modo che il quantitativo massimo di rame per ettaro somministrato nella coltivazione agricola sia di 28 chilogrammi in sette anni indipendentemente dalla forma commerciale per cui lo si usa (agrofarmaco, fertilizzante, concime, biostimolante, ecc.).
Lo fanno già alcune regioni virtuose (come Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia, Giuslia, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Veneto e la Provincia automma di Trento) e mi pare una prassi di senso compiuto. Sarebbe come se il limite di alcool nel sangue (tasso alcolemico), valido per il ritiro della patente, fosse fissato in 0,5 milligrammi/litro solo per l'alcool ingerito come vino, mentre non inciderebbe nel calcolo se venisse bevuto come birra, come superalcolico o se venisse iniettato in vena. Assurdo!
Terza proposta. Gli ispettori: uso improprio?
In caso di ispezione nelle aziende agricole è prassi consolidata comminare multe di qualche decina di migliaia di euro se in fase ispettiva si individuano in magazzino prodotti a base di sostanze revocate (si prevede l'uso improprio e delitto contro l'incolumità pubblica). Ma se in un'azienda agricola con 1 ettaro di vite trovo un bancale da 1000 chilogrammi di fertilizzante a base di solfato di rame al 99% non è legittimo sollevare qualche dubbio (e comminare qualche sanzione)?Anche se in buona fede e per buona pratica agricola si somministrassero 100 grammi per ettaro all'anno si avrebbe un quantitativo di rame per fertilizzare 1 ettaro per 10mila anni. Forse un po' eccessivo. Senza parlare dell'evasione di Iva (4% contro il 10% degli agrofarmaci), del mancato rispetto delle norme Reach e delle norme sulla sicurezza nei posti di lavoro.
Quarta proposta. I certificatori del biologico: verificare le "prescrizioni allegre"
Troppe volte vengono accettate delle "prescrizioni allegre" da parte di "pseudo consulenti" che "consigliano" l'uso di fertilizzanti, concimi o biostimolanti a base di rame in terreni ospitanti colture in regime biologico, attaccate da funghi ma senza alcuna carenza manifesta.In Italia non ci sono terreni con carenze di rame e gli attacchi fungini non creano carenze di questo elemento. Quindi?
Quinta proposta. Gli agricoltori: la verità paga sempre
L'ultimo invito va agli agricoltori. La vostra terra è il bene più prezioso che avete. Usate solo i prodotti a base di rame per la difesa delle colture e nei quantitativi previsti (28 chilogrammi per ettaro in sette anni, media di 4 chilogrammi per ettaro all'anno). Se somministrate rame in altre forme, il simpatico metallo resterà lì. Praticamente per sempre.E se un "cittadino consumatore radical natural" scoprirà che nella vostra azienda iper sostenibile c'è troppo rame (accumulato da anni e anni di usi "al limite") rischiate di compromettere quell'immagine di professionalità e serietà che avete cercato di crearvi in anni di duro lavoro!
Lunga vita al rame, se tutti usiamo la testa!