From farm to fork e sostenibilità: la tecnica sempre più al centro
Il Pan, fra Green deal e organismi alieni
Moderata da Teresa Mannuzzi, giornalista di Fruit Communication, anche la terza sessione dei Forum è stata aperta dal benvenuto di Vittorio Filì, presidente di Arptra. Subito è giunto il commento di Crescenza Dongiovanni, direttrice di Crsfa Basile Caramia di Locorotondo (Ba), la quale ha ricordato come il nuovo Pan si sarebbe dovuto concludere nel 2019, ma è slittato ulteriormente, non solo causa Covid, bensì anche per valutare le numerose richieste e osservazioni giunte nel frattempo. Quanto agli agrofarmaci, le linee emergenti nel prossimo futuro sono quelle che mirano a una progressiva riduzione delle molecole più impattanti, cercando di favorire i metodi di difesa integrata e biologica, investendo sempre di più in formazione.
Visto il progressivo impoverimento degli arsenali fitosanitari, secondo Crescenza Dongiovanni si dovrebbe potenziare la ricerca per trovare nuove soluzioni più moderne e "soft", atte a sostituire quelle già eliminate e quelle in via di eliminazione. Necessario anche il potenziamento della rete di monitoraggio territoriale, al fine di evidenziare velocemente nuovi focolai di nuovi patogeni e parassiti alieni, specialmente se da quarantena.
Considerazioni più che condivisibili quelle espresse da Crescenza Dongiovanni. Del resto, i Forum di medicina vegetale sono tradizionalmente incentrati su temi tecnici che riguardano soprattutto la Puglia e la Xylella ormai è diventata un case history da tenere a mente in futuro, onde evitare il ripetersi di simili sciagure.
A seguire, è giunto l'intervento "Verso il nuovo Pan, nell'attuale scenario europeo", con relatori Agostino Santomauro (scarica la relazione) e Floriano Mazzini (scarica la relazione), il primo dell'Osservatorio fitosanitario Regione Puglia e il secondo del Servizio fitosanitario della Regione Emilia Romagna.
Durante la stesura del nuovo Pan sono pervenute la bellezza di 22mila osservazioni da parte dei portatori di interesse, spesso di segno opposto e quindi difficilmente conciliabili. Si è quindi reso necessario un complesso lavoro di mediazione fra le diverse parti in causa. Un documento unico è stato infine redatto dal Coordinamento tecnico scientifico (Cts) e inviato ai ministeri. Anche il Cts stesso è stato rinnovato con apposito Decreto il 1° luglio 2020, dato che beneficia di una durata quinquennale come il Pan. Cinque sono nel Coordinamento i membri provenienti dal mondo dell'Agricoltura, due in rappresentanza dell'Ambiente e due per la Salute.
Un punto focale di discussione è stato quello relativo all'uso di prodotti fitosanitari a ridosso di aree frequentate dalla popolazione, con l'obiettivo di vietarli anche a distanze considerevoli, confermando anche l'obbligatorietà dell'avviso ai residenti prima dei trattamenti. Massima attenzione è stata poi posta alle acque, prevedendo distanze minime di sicurezza dai corpi idrici, come pure sulle autorizzazioni in deroga, a seguito di una specifica mozione della Camera dei deputati che mira a limitarne l'uso.
Lo strumento per farlo sarebbe stato individuato nella Direttiva del 15 marzo 2019, recepita in Italia con Decreto interministeriale. Questa prevede specifici indicatori di rischio per i diversi prodotti fitosanitari, individuando coefficienti crescenti di penalizzazione da 1 a 64, con l'ultimo che riguarda appunto le autorizzazioni in deroga al fine di dissuaderle.
Agostino Santomauro ha anche accennato ai temi legati al Green deal, ovvero Farm to fork e Biodiversity, ricordando come la proposta riduzione del 50% dei prodotti fitosanitari di sintesi e l'innalzamento delle superfici a bio fino al 25% del totale, siano obiettivi fissati a livello europeo, non nazionali. Il bio in Italia starebbe infatti crescendo lentamente perché gran parte delle superfici coltivabili a bio sono state già in buona parte convertite, quindi si deve tenere a mente il limite fisiologico di crescita di ogni paese.
Accenno è stato fatto anche alla futura Pac 2023-2027, con nove obiettivi in cui rientrano diversi temi ambientali, ovvero le azioni contro il cambiamento climatico, la generica tutela dell'ambiente, ma anche del paesaggio, della biodiversità e della qualità dell'alimentazione e della salute. Non meno ambiziosi appaiono gli obiettivi che riguardano l'aumento della competitività e un maggior riequilibrio del potere contrattuale lungo la filiera, finalizzato a un reddito più equo per gli agricoltori. Parimenti sfidante anche l'ambizione di sostenere il ricambio generazionale.
Da Bruxelles è giunta peraltro una serie di raccomandazioni, il 18 dicembre 2020, come quella di promuovere la diversificazione del settore agricolo, al fine di renderlo più resiliente, la tutela dell'ambiente, l'allineamento agli obiettivi del Green deal nonché il rafforzamento del tessuto economico e sociale delle zone rurali. L'accento è stato posto dalla Ue anche sulla necessità di promuovere e condividere sempre più le conoscenze, riducendo in tal modo i rischi derivanti dall'uso di prodotti fitosanitari. Ultima raccomandazione europea, quella di investire di più per fornire alle zone rurali le opportune connessioni a banda larga, punto sempre più indispensabile se si pensa alla sostanza stessa dell'Agricoltura 4.0.
Proprio quanto a investimenti, il Recovery plan ha già visto la stesura di due bozze, passando da 196 miliardi di euro a 222. Peccato che per la Rivoluzione verde si sia scesi dagli ipotizzati 74 miliardi (38%) a 69 (31%). Il percorso è quindi estremamente sfidante, anche perché discutere via web, ricorda Santomauro, non è come farlo de visu.
Il vento pare quindi soffiare soprattutto verso la riduzione degli agrofarmaci e ciò può portare a penalizzazioni per gli agricoltori, sempre meno dotati di soluzioni per affrontare le avversità. Il Cts dovrà quindi produrre un documento il più possibile equilibrato affinché il Pan diventi uno strumento sul quale basare la costruzione di un piano strategico nazionale in stretta connessione con la Pac. Necessario però tenere i piedi per terra, evitando pericolose fughe in avanti di un documento che rischia altrimenti di divenire troppo impattante sull'agricoltura futura. Il tutto, ricordando come la Fao abbia nominato il 2020 anno internazionale della salute delle piante. Un obiettivo che difficilmente si può ottenere riducendo in modo acritico e poco meditato l'uso degli agrofarmaci.
Entro gennaio 2021 dovrebbe quindi giungere la nuova bozza di Pan, circa il quale ha dato ulteriori delucidazioni Floriano Mazzini.
Sempre più importanza, ed è buona cosa, sarà data alla formazione, valorizzando l'uso dei registri dei trattamenti con l'invito ad ampliarli con maggiori contenuti rispetto a quanto già previsto dall'attuale Direttiva, magari permettendo di trascrivere anche le misure per la mitigazione della diffusione dei prodotti fitosanitari a tutela degli organismi non bersaglio, inclusa la popolazione. Nel registro andrebbero poi tenuti in conto anche i vincoli pluriennali (es. rame, settennale). Quindi il registro andrebbe conservato per tempi adeguati. Proposti anche specifici allegati da accludere al registro stesso, contenenti le misure adottate, per lo meno quelle non previste già dalle etichette ministeriali. Esentati da tutto ciò, ovviamente, gli utilizzatori non professionali.
Si intende poi uniformare le procedure per il rilascio/rinnovo dei patentini. Se scaduta da oltre cinque anni, la licenza va però rifatta da capo. Proposta anche una banca dati nazionale in cui archiviare le diverse abilitazioni del territorio nazionale, rendendolo di pubblica consultazione. Nota specifica per gli attuali consulenti circa l'abilitazione: terminata la fase transitoria, serve il corso base per tutti.
Toccato da Floriano Mazzini anche il tema dei rapporti tra confinanti, mirando a limitare la deriva tramite l'adozione di ugelli idonei (-50% deriva) e una fascia di rispetto di almeno cinque metri dal confine. Inoltre, i trattamenti dell'ultimo filare andrebbero effettuati esclusivamente verso l'interno dell'appezzamento, adottando velocità inferiori ai 6 km/h e pressioni inferiori agli 8 bar.
Circa le acque, si mira a ridurre l'impiego delle molecole inserite nella lista di priorità per come sono state stabilite a livello europeo. Oltre all'adozione dei più opportuni strumenti anti deriva da parte degli utilizzatori, dovranno essere identificati anche i reticoli idrografici principali coinvolti da tali vincoli.
Nota spinosa l'utilizzo di agrofarmaci a non meno di 50 metri da abitazioni, nonché dalle aree frequentate dalla popolazione, con prodotti recanti in etichetta le frasi H4340, H350 e H360. Attualmente, però, con tali frasi vi sono in Italia solo pochissimi formulati. La distanza scende a 40 metri per i candidati alla sostituzione, inseriti nella lista a causa di criticità per la salute umana, oppure per i formulati polverulenti. Per alcuni di questi prodotti la distanza può scendere però a soli 5 metri, per esempio in caso di applicazioni manuali. Per tutti gli altri prodotti la distanza di rispetto dovrà essere almeno pari a 20 metri in caso di applicazione verticale, scendendo a 15 metri per le applicazioni di tipo orizzontale.
Purtroppo, i piani regolatori non tengono conto di queste problematiche: si può cioè ancora costruire a ridosso dei campi, creando poi gli ormai noti conflitti. Si dovrebbe perciò influire sui piani regolatori stessi, cosa al momento impossibile.
Nota dell'autore: sarà quindi bene tenere a mente tale dettaglio, perché un qualsiasi costruttore che decidesse di erigere un edificio a ridosso di un campo coltivato, poi potrà pretendere che quello stesso campo non possa più essere trattato. Un problema circa il quale sarà quindi meglio che venga presto sollevata questione anche a livello politico, perché il trend della cementificazione del territorio è tutt'altro che irrilevante.
Vecchi e nuovi organismi alieni
Mentre da un lato, come visto, si mira a tagliare i mezzi di difesa, dall'altro nuovi parassiti premono per estendersi sulle colture agrarie italiane. Uno scenario fortemente divergente che è ormai certo produrrà danni sempre più severi al comparto primario. I sempre più frequenti espianti di pereti in Emilia Romagna, causa cimice asiatica e resistenze dello Stemphylium dovrebbero insegnare.Durante la seconda parte della terza sessione dei Forum sono stati quindi approfonditi alcuni temi emergenti, tutti relativi a nuovi insetti di interesse agrario o forestale, di cui alcuni giunti in Italia seguendo le rotte più disparate.
Ilaria Laterza, del dipartimento del Suolo, della pianta e degli alimenti dell'Università Aldo Moro di Bari, ha condiviso con gli utenti un intervento relativo a "Danni da Piezorodus lituratus confusi con cimice asiatica" (scarica la relazione).
Diversi sono infatti i pentatomidi che si stanno mostrando dannosi per le colture. Circa il Piezodorus, trattasi di pentatomide mai segnalato come dannoso per le colture agrarie.
Segnalazioni su nettarine sono però state prodotte fra giugno e luglio 2020 ad Andria (Bt), Cerignola (Fg) e Lavello (Pz). I danni stimati si sono posizionati intorno al 5%. Piezodorus compie una sola generazione all'anno, svernando come adulto per poi fuoriuscire dai ricoveri in primavera. Si nutre inizialmente su piante erbacee, soprattutto leguminose, poi dopo l'accoppiamento le femmine depongono le uova e i nuovi individui possono spostarsi infine sui fruttiferi. Al momento non esistono specifiche autorizzazioni di prodotti fitosanitari su Piezodorus.
Giacinto Salvatore Germinara, del dipartimento di Scienze agrarie, alimenti, risorse naturali e ingegneria - Università di Foggia, ha invece trattato il tema di "Megaplatypus mutatus e Aromia bungii: pericolose minacce per la frutticoltura meridionale" (scarica la relazione). A oggi vi sarebbero ormai in Italia 11mila specie alloctone di cui il 15% va considerato invasivo, rappresentando la terza causa della perdita di biodiversità.
Fra questi, ricadono anche i due insetti xilofagi all'oggetto, introdotti recentemente in Italia ma i cui rischi di proliferazione erano già stati evidenziati all'estero nel lontano 1951. Megaplatypus mutatus, detto Platipo il pioppo, attacca numerose piante arboree. Giunto in Europa nel 1998 tramite legname infestato dal Sudamerica si è poi espanso in diversi paesi, causando indebolimenti generali della pianta, con possibili cedimenti e cadute degli alberi.
Aromia bungii (cerambicide dal collo rosso), è invece giunta da Cina e Corea, dove è considerata un "key pest". Arrivata negli Usa nel 2008, è stata segnalata in Germania nel 2011 e nel 2012 in Lombardia. Poi il salto in Campania, ove ha trovato clima favorevole. Solitamente predilige il genere Prunus, mostrandosi albicocco e susino le due colture più esposte, pur essendovi osservazioni anche su olivo.
Molto prolifica, Aromia depone negli anfratti della corteccia o sotto eventuali licheni. Lo sfarfallamento avviene fra maggio e agosto e le larve scavano gallerie nel legno in cui vivono dagli 11 ai 20 mesi. In Cina si arriva anche a 35 mesi. La presenza è facilmente individuabile dalla rosura caduta alla base del tronco, i danni al quale possono portare a deperimento e successiva morte della pianta. Le misure fitosanitarie includono al momento l'eradicazione delle piante e la cippatura. Beauveria bassiana, fungo entomopatogeno, potrebbe essere un possibile antagonista.
Antonio Pietro Garonna del dipartimento di Entomologia e zoologia agraria-Università degli Studi di Napoli, Federico II, ha trattato invece "Toumeyella parvicornis o cocciniglia tartaruga del pino: quali strategie di contrasto?" (scarica la relazione). Quindi, la Regione Campania ancora al centro di ingressi alieni pericolosi.
L'insetto è stato così chiamato in quanto la forma dello scudetto ricorda il carapace di una tartaruga. Sta diventando un fattore di selezione del pino domestico, causando gravi deperimenti alle piante. Proviene da Stati Uniti, Canada e Messico. Introdotta poi a Porto Rico, fra il 2010 e il 2012 è giunta anche in Italia, a Napoli. Non si è capito come sia arrivata, probabilmente attraverso piante vive di pino, dal momento che l'insetto ha bisogno di nutrirsi di linfa. Le chiome infestate si diradano progressivamente e ingialliscono. Forte anche la produzione di melata, causa di danni notevoli al suolo in aree urbanizzate. Solo il pino di Aleppo pare al momento meno sensibile ai suoi attacchi.
Ora la cocciniglia si starebbe spostando nel Lazio, nonostante la scarsa mobilità dell'insetto. Ciò implica che vi è una dispersione passiva, dovuta a venti e a mezzi involontari di trasporto. Toumeyella parvicornis può avanzare infatti da 3-4 km/anno. Bene quindi favorire il contenimento tramite antocoridi, coleotteri coccinellidi e imenotteri calcidoidei. Come trattamenti, risultano di una qualche efficacia quelli con oli minerali o sali e saponi di potassio. Su piante pregiate è necessario effettuare anche trattamenti endoterapici. Peccato che non esistano al momento registrazioni specifiche contro l'insetto.
A proposito quindi di usi in deroga, stigmatizzati come visto da diversi redattori del Pan, ne sono stati richiesti per azadiractina, buprofezin, olio di paraffina, pyryproxyfen, Sali di potassio e spirotetramat. Questo per gli usi sulle chiome. Per i trattamenti con endoterapia, invece, gli usi eccezionali sono stati richiesti per abamectina, acetamiprid, azadiractina ed emamectina benzoato.
Nota dell'autore: si spera che tali situazioni inducano più attente meditazioni in chi fino a oggi ha intrapreso vere e proprie crociate contro gli agrofarmaci, dimenticandosi che in loro assenza sono i parassiti vecchi e nuovi a devastare interi territori, con buona pace dell'ambiente, della biodiversità e dell'agricoltura stessa.
Xylella: lezione imparata?
A concludere la giornata, un ospite d'eccezione, ovvero Donato Boscia dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante-Cnr Bari, il quale ha riassunto il tema "Xylella fastidiosa: stato dell'epidemia e prospettive di contenimento" (scarica la relazione).Il ricercatore è stato recentemente premiato per le proprie attività di ricerca sul tema Xylella, a parziale ristoro delle ambasce subite per anni sia sul fronte mediatico, sia giudiziario (leggi l'articolo del Corriere della Sera: Il Premio Maddox incorona Donato Boscia: "Integrità e coraggio contro la Xylella").
Circa Xylella fastidiosa, al momento sarebbero interessati al fenomeno circa 25 milioni di olivi dei 60 milioni presenti in Puglia, per una superficie che si estende ormai su 8.000 kmq: circa il 40% del territorio regionale. Dalle prime segnalazioni nel 2013, nel Gallipolino, si è ormai giunti a rilevare il batterio nei primissimi comuni a Sud della Provincia di Bari. In sostanza, è interessata all'epidemia quasi metà della Regione.
Già nel 2014-2015 era colpito praticamente tutto il Salento leccese, compiendo poi il famigerato salto che ha generato il focolaio di Oria, sita a 40 km dal precedente fronte di avanzamento. Un salto rimasto ancora inspiegabile e che ha prodotto danni devastanti. Infatti, nel 2016 e 2017 l'epidemia aveva ormai colonizzato metà della provincia di Brindisi e buona parte del tarantino, aree che hanno visto poi moltiplicarsi le infezioni e gli abbattimenti nel biennio 2017 e 2018.
Nella zona di Carovigno, per esempio, il batterio si era espanso tanto da far abbandonare il monitoraggio in zona. Infine, nell'ultimo biennio si è verificato il primo sforamento in provincia di Bari, a Monopoli e nell'Agro di Polignano. Molto spesso i focolai sono peraltro nati lungo le grandi vie di comunicazione e aree di sosta che ospitano piante ornamentali che permettono al batterio di espandersi.
In base all'analisi di immagini satellitari, si stima che vi siano ormai 6,5 milioni di olivi con disseccamenti superiori al 50% della chioma. Non a caso quindi gli economisti agrari dell'Università di Wageningen stimano in 20 miliardi di euro il danno da Xylella in Italia, Spagna e Grecia in caso di mancato contenimento.
In futuro sarà perciò sempre più necessario ridurre l'inoculo proveniente dall'area di contenimento adiacente alla zona cuscinetto: si dovranno intensificare i monitoraggi e gli abbattimenti di tutte le piante positive alle analisi. Bene però ricordarsi come di contenimento si debba parlare, non di difesa assoluta. A tale obiettivo contribuisce l'igiene degli impianti, seguendo buone pratiche come le lavorazioni del terreno per evitare le infestanti, ospiti primaverili della Sputacchina che trasferisce poi il batterio agli olivi, ma anche potature periodiche atte ad arieggiare le chiome, condizione questa meno favorevole alla popolazione degli insetti vettori.
In ultimo, una considerazione su Leccino e Favolosa, per le quali è in vigore una deroga alla coltivazione: tali cultivar non sono immuni, bensì solo tolleranti. I sintomi sono cioè solo più lievi, tanto da non causarne il deperimento e la morte. Bene quindi proseguire con la ricerca e con ogni mezzo possibile al fine di arginare l'avanzata di Xylella fastidiosa, prima che faccia più danni di quelli già arrecati.
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Fonte: Agronotizie