È conosciuto con tre nomi differenti: Spilocea oleaginea, Cycloconium oleaginum, oppure con il più familiare “occhio di pavone”, per via delle tipiche macchie che produce sulle foglie dell’olivo. A questi tre se ne può aggiungere uno meno in voga, ovvero il “Vaiolo dell’olivo”, a sottolineatura non solo della sintomatologia, ma anche della gravità di tale malattia. Trattasi infatti di un deuteromicete particolarmente pernicioso per una delle colture italiane più simboliche e importanti, essendo appunto l’agente eziologico della principale avversità fungina dell’olivo.

Il periodo più delicato per tale patologia va dall’autunno all’inizio primavera. In tali mesi si verificano infatti le condizioni ambientali più favorevoli al fungo, ovvero piogge, umidità stagnante grazie alle rugiade mattutine e temperature fresche. Anche il tipo di impianto può favorire o meno la malattia: per esempio un tipo di allevamento particolarmente intensivo.

Oltre al clima gioca un ruolo importante anche la sensibilità varietale. Fra le meno sensibili pare esservi il Leccino, contrariamente a una Carolea che si mostra invece fragile nei confronti del patogeno. E tanto più sensibile sarà la varietà, tanto più i consigli agronomici e fitoiatrici andranno seguiti con scrupolo dall’agricoltore.

Premesso che va fatto il possibile per evitare chiome troppo chiuse e rigogliose, come pure concimazioni azotate troppo generose, contro tale patogeno è possibile intervenire in diversi modi e tempi con differenti agrofarmaci, effettuando trattamenti preventivi con fungicidi da applicarsi specialmente a fronte di situazioni di prolungata bagnatura fogliare.

I momenti ideali sono solitamente in autunno (quando si possono effettuare anche due trattamenti) o a fine inverno. Il primo cade solitamente in post-raccolta, ha cioè una finestra molto ampia viste le epoche differenti quanto a maturazione delle diverse varietà di olivo. Il secondo tipo di trattamento va invece effettuato una volta terminate le pratiche di potatura e prima che le piante entrino in ripresa vegetativa. Con alcuni prodotti di sintesi è infine possibile trattare in un terzo periodo, cioè prima della formazione delle olivine, ovvero entro la fine fioritura o anche, per alcuni prodotti, la mignolatura.
 

Le soluzioni utilizzabili

In banca dati Fitogest sono riportate le seguenti soluzioni fitosanitarie, regolarmente autorizzate sia sulla coltura, sia sul patogeno.

Sostanze di sintesi
Per le diverse sostanze attive vi possono essere più formulati commerciali, anche in miscela. Per il corretto uso di ogni prodotto si consiglia quindi di consultare le etichette autorizzate, con particolare riguardo alle dosi, al numero dei trattamenti e agli specifici intervalli di sicurezza.
  • Difenoconazolo, anche in miscela con azoxystrobin (un solo trattamento da effettuarsi fra prime foglioline separate a pre-schiusura infiorescenze).
  • Dodina (efficace anche contro la Lebbra, o Colletothricum)
  • Fenbuconazolo (un solo trattamento fra ripresa vegetativa e fioritura)
  • Kresoxim metile (da inizio bottoni fiorali a mignolatura)
  • Mancozeb (efficace anche contro antracnosi e fumaggine)
  • Pyraclostrobin (solo su olive da tavola ed efficace anche contro la Lebbra)
  • Tebuconazolo in miscela con trifloxystronina (miscela efficace anche su Lebbra, da applicarsi solo fino alla prefioritura)
 

Un mare di rameici

Contro l’occhio di pavone si trovano sul mercato molti formulati rameici, contenenti uno o più dei cinque sali disponibili: I trattamenti con i prodotti rameici appaiono consigliabili soprattutto nelle cosiddette "annate di scarica”, dal momento che in particolari situazioni possono generare filloptosi delle foglie infette, in quanto il mesofillo viene reso più facilmente penetrabile dal rame proprio attraverso le aperture provocate dal patogeno.