Dopo essersi emesso il proprio parere sull’opportunità di rinnovare l’approvazione UE del rame come prodotto fitosanitario, l’Efsa ha pubblicato sul proprio portale l’esito del riesame dei limiti massimi di residui del fungicida sulle derrate alimentari di origine vegetale e animale. Scorrendo il documento di 135 pagine emergono le particolarità di questo prodotto e come i criteri di valutazione dei prodotti fitosanitari mal si adattino a queste situazioni particolari.
 

Rame già presente nelle derrate

Quando si fa la valutazione del rischio cronico di un prodotto fitosanitario per il consumatore, si stima la quantità assunta attraverso la dieta e la si confronta con la dose giornaliera accettabile (ADI – acceptable daily intake). Nel caso del rame, le derrate che ne contengono in maggiori quantità sono i cereali, il fegato bovino, i semi di girasole e di soia, dove il rame non viene usato per scopi fitosanitari e che da sole formano quasi la metà (48,6%) della quantità massima tollerabile. Tra le colture dove il rame è utilizzato come prodotto fitosanitario quella che pesa di più è invece la lattuga (8,2% della quantità massima tollerabile), seguita dai pomodori (5,1%), le patate (3,6%) e solo quarta è la vite da vino, con un misero 3%.

Gli esperti dell’Efsa si sono dovuti quindi inventare un sistema misto per valutare il rischio del consumatore: prendere atto del rame già presente sulle derrate usando dati di letteratura o monitoraggi condotti dai singoli stati, sommandoli ai risultati delle prove sperimentali condotte secondo GLP. Un po’ come cercare di calcolare la superficie della facciata di un palazzo misurandone la base con un calibro e l’altezza a occhio.
Utilizzando questa metodica di calcolo, la stima della quantità di rame assunta dal consumatore attraverso la dieta è risultata pari al 108,9%, quindi leggermente superiore alla massima tollerabile. Per far tornare i conti l’Efsa ha proposto di agire sulla parte che può controllare, proponendo di cancellare la lattuga in serra, il pomodoro in campo, e nientemeno che la vite da vino!! Ma non è mica finita: come ultimo tocco dell’artista, per togliere gli ultimi decimali in eccedenza si è proposto di ridurre la dose su patata. Quindi si propone di cancellare la vite da vino, rea di pesare per il 3% sulla dieta, quando quasi la metà del rame sulle derrate non proviene da trattamenti con agrofarmaci.
 

Cosa succede ora?

Sicuramente ci sarà una discussione molto accesa, ma secondo la nostra opinione la ragione prevarrà e le principali colture dove viene utilizzato il rame, a cominciare dalla vite da vino, rimarranno, se non altro perché il suo peso (3%) è talmente ridotto rispetto a quello del rame sui cereali (23,6% dell’ADI, calcolato sulla base di dati di monitoraggio) da non superare le normali variazioni di tutte le indagini campionarie. Vi terremo informati, anche perché siamo proprio curiosi di sapere dove andremo a finire.
 

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