Sono 23 i vitigni coltivati un tempo in Trentino, alcuni dei quali vivono una nuova vita grazie all'attività di recupero e valorizzazione dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige.

Ora questi vigneti vengono descritti e illustrati nella pubblicazione 'Antichi vitigni del Trentino' edita dalla Fondazione Edmund Mach e realizzata dai ricercatori Marco Stefanini e Tiziano Tomasi, che è stata presentata la settimana scorsa a San Michele. Non si tratta solo un recupero in memoria dei tempi passati, ma anche un prezioso contributo per creare le varietà di vite del futuro.

Le vecchie varietà coltivate un tempo in provincia di Trento sono: Biancaccia, Casetta, Corbera, Groppello di Revò, Lagarino, Maor, Negrara, Paolina, Pavana, Peverella, Rossara, Rossetta di montagna, Turca, Verdealbara, Vernaccia trentina. Ma anche Lambrusco foglia frastagliata (Enantio), Marzemino, Nosiola, Schiava grossa, Teroldego, Franconia, Portoghese, Saint Laurent. Grazie all' attività di recupero del Centro ricerca e innovazione sei vitigni recuperati sono stati iscritti nel Catalogo nazionale delle varietà di uva e vino e quindi ammessi alla coltivazione: Groppello di Revò, Casetta, Verdealbara, Lagarino, Paolina, Maor.

I ricercatori hanno raccolto questi antichi vitigni per lo più nelle valli laterali all'asta dell'Adige e hanno contribuito alla moltiplicazione ricollocandoli nella zona di origine, effettuando anche diverse analisi agronomiche e di dna.

Il recupero delle antiche varietà è infatti uno strumento importante anche come fonte di variabilità genetica nei piani di miglioramento varietale volti alla selezione di nuove varietà di vite.