Con l'agrivoltaico è possibile produrre energia elettrica da fotovoltaico e, al tempo stesso, coltivare terreni. I pannelli, che possono essere anche di tipo mobile a inseguimento solare, vengono posizionati nei campi secondo altezze e geometrie tali da consentire le lavorazioni agricole sottostanti o il pascolo degli animali.

Una "convivenza" particolarmente importante per l'Italia, nell'ottica di una progressiva decarbonizzazione del sistema energetico. Per raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030 saranno necessari almeno 32 GW di nuovo fotovoltaico (attualmente la produzione è di 20.9 GW e il target è 52 GW), che dovrà necessariamente trovare spazio anche tramite nuovi impianti a terra, perché l'installazione sugli edifici non è sufficiente.

L'agrivoltaico è un sistema che può portare miglioramenti all'attività agricola e che riscuote un crescente interesse nel nostro Paese, ma che sconta la mancanza attuale di una cornice normativa chiara e di linee guida precise.

A disegnare il quadro della situazione è Alessandra Scognamiglio, ricercatrice della Divisione fotovoltaico e smart devices di Enea e coordinatrice della task force AgrivoltaicoSostenibile@ENEA. L'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile a maggio ha lanciato la prima Rete nazionale per l'agrivoltaico sostenibile, coinvolgendo imprese, istituzioni, università e associazioni di categoria. In pochi mesi sono oltre 120 i soggetti (associazioni di categoria, accademia, istituzioni, imprese) che hanno aderito, molti dei quali con progetti già in itinere, in cerca però di "rassicurazione tecnico scientifica e istituzionale".


Da quanto tempo si parla di agrivoltaico?
"Il concetto di uso duale del suolo per il fotovoltaico e per l'agricoltura è stato concepito teoreticamente da Goetzberger e Zastrow al Fraunhofer Institute (organizzazione tedesca che raccoglie sessanta istituti di scienza applicata, Ndr) nel 1981. Il primo impianto pilota è stato installato a Montpellier, in Francia, nella primavera del 2010. In anni recenti il Fraunhofer Institute ha poi realizzato diversi progetti pilota, tra cui uno nel 2016 presso il lago di Costanza. In Italia i primi impianti agrivoltaici sono stati costruiti da Rem Tec nel 2011, che ne ha installati tre nella valle del Po, sviluppando un brevetto denominato Agrovoltaico. A livello mondiale la ricerca è stata portata avanti massivamente da Paesi come il Giappone e la Corea del Sud, che ne hanno supportato anche normativamente lo sviluppo".

L'accostamento delle parole "agrivoltaico" e "sostenibile" non è scontato, perché?
"In ambito internazionale la parola agrivoltaico non è necessariamente accompagnata da questo aggettivo, anche se di recente l'organizzazione SolarPower Europe ha emanato delle linee guida per un 'sustainable agrivoltaic concept'. Sottolineare l'aspetto della sostenibilità è importante per suggerire che l'installazione di moduli fotovoltaici abbinata a una qualche forma di vegetazione come misura di mitigazione non è agrivoltaico. Di fronte ai tanti ostacoli autorizzativi, in assenza di una definizione normativa di agrivoltaico, il ricorso a questo approccio è stato impiegato come possibile modo per mitigare gli effetti del fotovoltaico a terra e ottenere le necessarie autorizzazioni, ma ciò non significa che un impianto sia effettivamente disegnato in modo da essere agrivoltaico, e cioè tale da trovare una sinergia tra produzione da fotovoltaico ed agricoltura, attraverso una opportuna progettazione del sistema, nel quadro delle attività di un'azienda".  

Qual è la situazione normativa in Italia?
"Nel nostro Paese una definizione ufficiale di agrivoltaico non esiste e manca un quadro di riferimento chiaro. Solo il Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, di recente ha fatto riferimento a una sinergia tra fotovoltaico e agricoltura, ma andrebbero stabiliti anche degli indici di prestazione per definire questa sinergia. L'interesse generale è enorme, perché in questo momento la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra in area agricola è un problema e c'è grande attesa per la definizione di linee normative. Anche per quanto riguarda gli incentivi il Pnrr lascia molti interrogativi".
Che cosa prevede il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)?
"Il fotovoltaico in ambito agricolo è destinatario di alcuni investimenti, suddivisi in due categorie, per un totale di 2,6 miliardi. Di questi, 1,5 miliardi attengono ad un investimento definito Parco Agrisolare, che ha l'obiettivo di incentivare l'installazione di pannelli ad energia solare sulle infrastrutture agricole, senza consumo di suolo, per un superficie complessiva pari a 4,3 milioni di metri quadri e una potenza installata di circa 0,43 GW. Contestualmente va realizzata una riqualificazione delle strutture produttive oggetto di intervento, ad esempio attraverso la rimozione dell'eternit, ovvero dell'amianto, sui tetti, se presente, oppure il miglioramento della coibentazione e dell'aerazione".

Parco agrivoltaico di Monreale, realizzato per diminuire l'impatto ambientale
Parco agrivoltaico di Monreale, realizzato per diminuire l'impatto ambientale
(Fonte foto: Dirk Oudes - HDEL Research Group)

I restanti 1,1 miliardi a quali progetti sono destinati?
"L'ulteriore investimento è dedicato in senso stretto allo sviluppo dell'agrovoltaico. Questa misura prevede innanzitutto l'implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia, che non compromettano l'utilizzo dei terreni dedicati all'agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte, anche potenzialmente valorizzando i bacini idrici tramite soluzioni galleggianti. E' poi previsto il monitoraggio delle realizzazioni e della loro efficacia, con la raccolta dei dati sia sugli impianti fotovoltaici sia su produzione e attività agricola sottostante, al fine di valutare il microclima, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, la resilienza ai cambiamenti climatici e la produttività agricola per i diversi tipi di colture. L'obiettivo dell'investimento è installare a regime una capacità produttiva da impianti agrovoltaici di 2 GW, che produrrebbe circa 2.500 GWh annui, con riduzione delle emissioni di gas serra stimabile in circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2".

Quanto è diffuso l'agrivoltaico in Italia?
"Proprio in mancanza di una definizione precisa, come stabilire se un impianto è agrivoltaico? Per quello che noi conosciamo, in Italia solo Rem Tec, che ha sede ad Asola (Mantova), ha realizzato impianti 'agrivoltaici'. Tuttavia esistono precedenti esperienze di abbinamento di fotovoltaico ed attività agricole, ancora prima che si parlasse di agrivoltaico, ad esempio abbinamento di viti e pergole fotovoltaiche. Bisognerebbe poi conoscere i progetti di impianti fotovoltaici a terra presentati ad autorizzazione in cui si faccia specifico riferimento all'agrivoltaico, per poter dare una dimensione potenziale attuale di sviluppo in Italia".

Parco agrivoltaico di Monreale
Parco agrivoltaico di Monreale
(Fonte foto: Dirk Oudes - HDEL Research Group)

Qual è la sostenibilità economica degli impianti agrivoltaici?
"Va fatta una premessa: l'installazione di un impianto fotovoltaico a terra è sempre conveniente, più dell'attività agricola, che dal punto di vista meramente economico, se confrontata al fotovoltaico, è sempre svantaggiosa. Sostituire le coltivazioni con gli impianti fotovoltaici è più redditizio, ma così si rischia che l'agricoltura possa scomparire. Indicativo in tal senso è il proliferare di siti internet che offrono valutazioni per dare in affitto il proprio terreno agricolo per fotovoltaico e propongono canoni annuali da 2mila a 3.500 euro per ettaro. Servono quindi dei limiti a questa pratica e incentivi per gli agricoltori. Fatta questa premessa, il sistema fotovoltaico può contribuire all'attività agricola perché protegge dagli agenti atmosferici e aumenta l'ombreggiamento, riducendo così il fabbisogno idrico e favorendo il recupero della fertilità del suolo. Ovviamente dipende dal tipo di coltivazioni di cui ci si sta occupando, e soprattutto dalla modalità in cui è concepito l'impianto. Oltre a questo, va anche considerato che dalla vendita di parte della produzione energetica derivano guadagni, che possono essere reinvestiti in progetti innovativi per l'azienda".

Come calcolare la sostenibilità dell'agrivoltaico?
"Bisogna definire un sistema di simulazione per stimare guadagni o perdite, anche se non è semplice. Per questo, ad esempio, Rem Tec ha chiesto la collaborazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza per sviluppare un sistema di simulazione, monitoraggio e di valutazione dell'efficacia, attraverso la raccolta dei dati sia sugli impianti fotovoltaici sia sull'attività agricola sottostante. Quello di Rem Tec è un sistema ad inseguimento su doppio asse installato su campi di grano e mais: i moduli, che si trovano a circa 5 metri da terra, inseguono il sole durante la giornata e durante le stagioni. Un algoritmo di controllo permette di ottimizzare le prestazioni in base alle esigenze. Considerata la distanza del sistema fotovoltaico da terra, a livello pratico per l'attività agricola non cambia nulla: la piena operatività è garantita. Gli studi hanno evidenziato che in alcuni casi non c'è alcun impatto sulla resa agricola, mentre in altri è stato evidenziato un incremento di produzione del 4,3% per il mais sotto a un impianto agrovoltaico rispetto allo scenario in campo aperto".

Quali sono le colture più indicate per l'agrivoltaico?
"Non è appropriato parlare di colture più indicate per l'agrivoltaico. La ricerca si è concentrata su colture che sopportano bene l'ombreggiamento, o che necessitano di esso: fragole, lattughe, more e pomodori, per esempio. Ancora poco si sa sugli alberi da frutto. Ma ciò non è esaustivo. Il criterio da tenere presente è che la sinergia tra fotovoltaico ed agricoltura va cercata attraverso opportune soluzioni progettuali contestualizzate rispetto alle specifiche condizioni climatiche e colturali del sito. Finora è stato dato per scontato che la progettazione del fotovoltaico su un campo vada fatta in un certo modo e che poi vada cercata la coltura adatta. Si potrebbe invece porre la domanda al contrario: a partire da questa coltura, che ha determinate caratteristiche, come posso progettare l'impianto fotovoltaico? Che cosa perdo dal punto di vista della produzione energetica e/o della coltivazione? Quanto sono disposto a sacrificare su entrambi i fronti? Va trovato un equilibrio".

Qual è l'obiettivo della Rete nazionale per l'agrivoltaico sostenibile lanciata da Enea?
"Vogliamo innanzitutto migliorare la conoscenza di questi sistemi, ancora abbastanza limitata sia a livello nazionale che internazionale, ed elaborare linee guida che tengano conto di tre dimensioni: paesaggio, energia e agricoltura. L'aspetto paesaggistico in Italia è fondamentale, mentre all'estero appare meno rilevante. Collaborando con le aziende e coinvolgendo tutti gli stakeholder, vogliamo poi costruire degli impianti dimostratori, che ci aiutino a rispondere ai quesiti aperti. Per esempio, come disegnare un sistema agrivoltaico in modo che si inserisca armoniosamente nel paesaggio, magari sacrificando anche una parte della produttività energetica? Un migliore inserimento nel contesto favorisce anche l'accettazione da parte della popolazione. Studieremo poi come utilizzare il fotovoltaico senza penalizzare le colture tipiche. Ci sono ditte che si stanno concentrando sulla valorizzazione della risorsa idrica, disponendo i moduli in modo da poter raccogliere l'acqua piovana. All'estero si stanno anche studiando sistemi che favoriscano la biodiversità, inserendo per esempio della arnie per le api".

Impianto agrivoltaico realizzato da EDF Agri-PV a Les Renardieres (Francia)
Impianto agrivoltaico realizzato da EDF Agri-PV a Les Renardieres (Francia)
(Fonte foto: Michael Ayach)

Come si inserisce un sistema agrivoltaico nel paesaggio?
"Dal 2011 ci occupiamo del rapporto tra fotovoltaico e paesaggio all'interno della Conferenza europea del fotovoltaico (Eupvsec) con un evento che si chiama Photovoltaics forms landscapes e quest'anno lo abbiamo presentato per la sua decima edizione presso la Biennale di architettura di Venezia. Un'integrazione è possibile, così come è avvenuto nel campo dell'edilizia, a patto che l'obiettivo non sia solo il raggiungimento della massima efficienza energetica. Così come la configurazione ottimale dei moduli fotovoltaici per la massima generazione energetica non è quasi mai praticabile, quando i moduli siano parte dell'involucro degli edifici, così nel caso di un'integrazione del fotovoltaico nel paesaggio bisogna immaginare anche che la configurazione spaziale standard - dense file di moduli che guardano l'Equatore, orientate Est Ovest, indifferenti alla trama del paesaggio - possa essere messa in discussione".

Ci può spiegare meglio?
"Attualmente nel fotovoltaico si tende a voler generare molta energia a basso costo, senza alcun riguardo per ciò che sta intorno. La sfida, invece, è quella di saper abitare poeticamente la Terra, come sosteneva il filosofo Martin Heidegger, e non solo di sfruttarla tecnicamente. Una distesa di moduli fotovoltaici intesi solo come mezzi tecnologici, sovrapposta al paesaggio, nonostante le buone intenzioni, non è un modo necessariamente sostenibile di abitare il mondo. Lo stesso vale per il fotovoltaico galleggiante: è una soluzione interessante, ma bisogna studiare il modo per non danneggiare la flora e la fauna acquatiche".

Non solo agricoltura, infine, ma anche allevamento.
"Sicuramente alcune configurazioni spaziali del fotovoltaico sono compatibili con il pascolo degli animali, in particolare alcuni moduli verticali, con cui realizzare una sorta di recinti fotovoltaici. Quindi, sicuramente si può parlare di multifunzionalità, ma anche in questo occorre un elenco di prestazioni e requisiti che i sistemi agrivoltaici devono soddisfare per poter poi progettare le soluzioni più adatte".