AgroNotizie ha chiesto a Donato Antonacci, direttore del Crea - Unità di ricerca per l'uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo, di rispondere ad alcune domande per approfondire il tema.
Come si è evoluto il panorama del miglioramento genetico dell'uva da tavola in Italia?
"Siamo rimasti al palo. Fino a circa un decennio fa l'Italia ha svolto un ruolo da leader. Tuttavia negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento di gusto del consumatore che ha portato all’affermazione di uve apirene, poco rappresentate nella produzione italiana, costituita quasi esclusivamente da uve con semi. Questo imponeva un cambiamento di rotta che tuttavia è stato colto in ritardo. Si sono così affermate varietà straniere apirene. I nostri produttori sono stati costretti a maggiori difficoltà produttive ed a maggiori costi".
Varietà Regal, senza semi, in impianto in Puglia
(Fonte immagine: © Colapietra)
Quali sono le linee guida da seguire?
"La strada più efficiente è quella di valorizzare il potenziale genetico intrinseco delle varietà a disposizione attraverso il miglioramento genetico tradizionale. In quest'ambito l’Italia ha svolto in passato un ruolo molto importante grazie alla presenza di bravi breeder, come Pirovano, costitutore delle principale varietà prodotte nel nostro Paese tra cui l'Italia.
La disponibilità di tecnologie innovative e di nuove conoscenze ha permesso di aprirci nuovi orizzonti. Tra tutti ricordiamo la selezione assistita da marcatori molecolari (Mas). Hanno permesso di migliorare l’efficienza e la precisione della selezione di nuovi individui, aventi le caratteristiche desiderate, e hanno consentono di ridurre i tempi ed i costi di produzione.
Da oltre un decennio il Crea-Utv di Turi è molto attivo in questa direzione, ottenendo risultati molto interessanti. Inoltre abbiamo avviato ricerche che supportano l'incrocio classico con tecniche di 'embryo rescue' che consentono, dopo l'incrocio d'individui entrambi apireni, il recupero dell’embrione che viene fatto crescere in ambiente controllato fino all’ottenimento di piantine, aumentando così la probabilità di ottenere individui apireni. Da evidenziare che si tratta in ogni caso di tecnologie non Ogm".
Varietà Princess, senza semi, in impianto in Puglia
(Fonte immagine: © Colapietra)
Come questo miglioramento genetico viene trasmesso dal punto di vista pratico e produttivo? In quali tempi?
"C'è sempre più esigenza d'interazione tra produzione e ricerca. Mondi che fino a poco tempo fa sembravano lontanissimi. La ricerca deve cominciare ad essere maggiormente applicativa e, d’altra parte, gli operatori del settore devono essere maggiormente coinvolti per poter realizzare le necessarie innovazioni nel proprio ambito di competenza. Inoltre i ricercatori devono avere un ruolo di 'cerniera', offrendo agli operatori del settore i mezzi per identificare le corrette strategie aziendali.
Il Crea è un ente che fa ricerca applicata e che ha saputo creare, con le sue strutture presenti nel territorio, una rete che coinvolge anche i diversi operatori del settore. D’altra parte, il mondo produttivo ha già da tempo iniziato a seguire con interesse i risultati che la ricerca ed il miglioramento genetico hanno fino ad ora prodotto. I tempi, perciò, sono maturi per la creazione di network che coinvolgano entrambi i settori".
Bacca priva di semi della varietà nera Midnight Beauty® Sugrathirteen*
(Fonte immagine: © Colapietra)
E per il futuro che cosa ci si aspetta?
"Se la selezione assistita da marcatori molecolari ha già permesso di ridurre tempi e costi, gli avanzamenti sulle basi genetiche dei caratteri d'interesse ha aperto la strada verso l’applicazione di nuove strategie basate sul 'genome editing' e sulla 'cisgenesi', che potrebbero offrire risultati ancora più efficienti. Le strategie fino ad ora usate si basano, infatti, su incroci di varietà differenti che oltre alla caratteristica desiderata portano con sé altre caratteristiche. Pertanto è fondamentale la scelta dei genitori e delle strategie di selezione, con la necessità di allevare una numerosa progenie per aumentare la probabilità di ritrovare la combinazione genetica migliore avente le caratteristiche richieste.
Al contrario, le cosiddette tecnologie di breeding di nuova generazione consentono di agire direttamente sulla caratteristica d'interesse e direttamente nella varietà d'interesse, già conosciuta ed apprezzata per le sue caratteristiche, modificando solo ciò che si vuole migliorare, introducendo il nuovo carattere. Il tutto in tempi molto più brevi. Anche nella nostra Unità di ricerca andiamo avanti su questa strada con il progetto 'Biotech - Biotecnologie sostenibili per l'agricoltura italiana', coordinato dalla professoressa Alessandra Gentile.
Si auspica che la politica nazionale dia un sostegno reale alla ricerca di questo settore, sia a livello economico che di regolamentazione. Senza dimenticare quanto potrà fare l'Ue. Tra tutti si ricorda la necessità di definire regole certe per la diffusione di varietà ottenute attraverso queste nuove strategie. Se questo sarà realizzato in tempi brevi, per il settore dell’uva da tavola i risultati derivanti dal miglioramento genetico consentiranno di aumentare la competitività della filiera".