Avere tutto e subito, il sistema occidentale ci ha abituato così. Ma oggi qualcosa sta cambiando. Le recenti difficoltà lungo le catene di fornitura impongono tempi di attesa più o meno lunghi per entrare in possesso dei beni ordinati, tra cui anche i macchinari agricoli.

Non è la domanda che manca

La domanda di mezzi agricoli è in crescita in tutto il mondo, come segnalato dal Business Climate Index del Cema e, a giugno 2021 ha raggiunto un picco solo leggermente calato nei mesi di luglio e agosto (+68 e +65 punti su una scala da -100 a +100).

Nonostante i dati estremamente positivi, il comparto non "corre" come vorrebbe, poiché continua a essere condizionato dal forte aumento dei prezzi delle materie prime necessarie per la produzione.

Dallo scorso marzo, l'inflazione è cresciuta notevolmente in tutti i Paesi industrializzati. Negli Stati Uniti ha raggiunto il valore più alto dal 2008 (4,24% ad aprile 2021) e sta accelerando anche in Europa dove, a luglio 2021, i prezzi alla produzione industriale sono aumentati del 2,2% rispetto a giugno dello stesso anno e del 12,2% rispetto a luglio 2020 (dati Eurostat).
 

Prezzi in crescita per... tutto

Ad avere scalato la vetta dei prezzi in rialzo sono sicuramente l'energia elettrica e i combustibili il cui prezzo influisce in modo significativo sui costi di produzione e grava, di conseguenza, sulle tasche dei consumatori.

Rincari notevoli riguardano anche - fa sapere il Cema - l'acciaio che in un anno è passato da 550 euro a tonnellata a 1.250 euro a tonnellata e, nel costo medio di produzione di un'attrezzatura agricola impatta per una quota variabile dal 30 al 40%. L'impennata dei prezzi dell'acciaio è dovuta alla grave carenza a livello globale, ma anche alle scelte della Cina che ad agosto - si legge sull'Huffpost - ha tolto gli incentivi all'export di alcuni prodotti siderurgici e ha alzato i dazi sulle esportazioni di ghisa e ferrocromo (usato per la produzione di acciaio inox).

Non accennano a calare neanche le quotazioni dei metalli non ferrosi: da settembre 2020 a giugno 2021 i prezzi di alluminio e rame hanno registrato, rispettivamente, un +22% e un +63%, mentre il platino ha segnato un +36%. Altri materiali reperibili a un prezzo sempre più alto sono i derivati del petrolio - come la plastica ST (+70% in sei mesi), molto usata nel settore dei mezzi agricoli - i prodotti di fonderia (+90% negli ultimi nove mesi) e la gomma naturale (+67% negli ultimi nove mesi).
 

Aumento del prezzo di diversi materiali tra settembre 2020 e giugno 2021
Aumento dei prezzi di diversi materiali tra settembre 2020 e giugno 2021


Dal mese di marzo è diventato complicato trovare pure i componenti elettronici che - richiesti in misura crescente per mezzi elettrici, elettrodomestici e telefoni cellulari - scarseggiano determinando un incremento dei costi lungo tutta la catena e, in alcuni casi, ritardi nella produzione. All'origine della mancanza di chip - sostiene l'Huffpost - c'è la difficoltà di reperire i semiconduttori come il silicio.

Trasporti, ancora problemi

Alla crisi delle materie prime scatenata dalla corsa post lockdown delle aziende per rifornire la catena di produzione e ripristinare le scorte, si aggiungono i problemi della logistica globale fortemente perturbata dall'inaspettata ripresa dei mercati. Negli ultimi mesi a causa della carenza di navi e container e dell'aumento vertiginoso dei prezzi per contanier - passati da 2.500 a 7.500 dollari -, i costruttori europei di macchine agricole si scontrano con costi aggiuntivi e ritardi nell'importazione di parti e accessori dall'Asia.

Il nolo di un container - fa sapere l'Huffpost - raggiunge i 14mila euro sulla rotta da Shanghai a Rotterdam (primo scalo Ue) e i 13mila euro da Shanghai a Genova (primo scalo in Italia), registrando addirittura un +570% rispetto allo stesso periodo del 2020. Si rilevano forti rincari anche per il trasporto di merci non containerizzate come carbone, minerale di ferro e grano.

Costruttori: c'è grande preoccupazione

L'aumento dei prezzi delle materie prime e delle spese di trasporto ha colpito i produttori europei di mezzi agricoli proprio in primavera estate, cioè quando i loro impianti raggiungono tradizionalmente un picco di produzione.

In attesa di una normalizzazione dei prezzi che sembra ancora lontana a causa di reali carenze e speculazioni internazionali, capiamo cosa sta succedendo in Italia. Secondo FederUnacoma, le aziende italiane colpite dalla crisi delle materie prime sono molte: si va dai produttori di trattori - fabbricati con ben 1.700 componenti che derivano da ferro e altri metalli (80% dei casi) o da materiali plastici (10%) e polimeri gommosi (5%) - ai costruttori di attrezzi per la lavorazione del terreno, realizzati quasi in toto con materie ferrose.

Fino a oggi le imprese nazionali sono riuscite a rispondere agli ordinativi, ma ciò non risolve il problema dei costi in crescita delle materie prime.
Stando ai dati del centro studi di Confindustria, l'aumento dei costi di produzione è stato assorbito in massima parte dalle aziende e quindi non si è finora tradotto in un rincaro generalizzato dei prezzi dei prodotti finali. Tuttavia, viene da chiedersi per quanto ancora gli industriali saranno in grado di erodere i propri margini.
FederUnacoma, insieme a Confindustria, sta intervenendo per sensibilizzare la politica sul tema. Tra le possibili soluzioni, la possibilità di disporre di materie prime nazionali, a oggi offerte solo in quantità limitate a causa di un'industria siderurgica italiana in fase di ristrutturazione.

Anche in Francia la situazione non è migliore. Nell'ultimo periodo il 94% degli associati dell'Axema, l'Associazione francese dei costruttori di mezzi agricoli, riscontra difficoltà nell'approvvigionamento e il 75% deve fare i conti con la carenza di acciaio, componenti elettronici e idraulici. Per alcuni (13%) non è esclusa l'interruzione temporanea di alcune linee produttive. "La situazione danneggia profondamente l'attività del settore che potrebbe svolgere un ruolo chiave sia nella ripresa industriale sia nella transizione agroecologica" ha affermato il presidente dell'Axema Frédéric Martin.

Cosa fa l'Europa?

Il perdurare dell'inflazione - che ha effetti negativi su tanti comparti dell'economia - ha spinto la Commissione Europea a prendere provvedimenti. Il 15 giugno 2021, al termine di un vertice Ue-Usa, la presidente Ursula von der Leyen ha annunciato la fine delle tariffe di ritorsione tra Europa e Stati Uniti riguardanti i prodotti non correlati ai grandi aerei civili del Wto e alle controversie su acciaio e alluminio. La decisione è stata accolta positivamente dalle aziende europee che producono macchinari agricoli in entrambi i mercati ed esportano oltreoceano diversi mezzi realizzati in Europa.

Tuttavia, in Ue restano le misure di salvaguardia che impongono il pagamento di dazi del 25% al superamento di determinati limiti di import dell'acciaio da Paesi extra Ue. Dal Cema la richiesta di revoca delle misure restrittive, nella speranza che ciò limitasse l'aumento dei prezzi, ma lo scorso giugno la Commissione ha deciso di prorogarle per altri tre anni. La proroga delle misure - valida dal primo luglio 2021 fino al 30 giugno 2024 - tutela i grandi produttori d'acciaio europei, ma complica le cose per le aziende europee che già pagano caro l'acciaio.

Del domani non v'è certezza

Se la crisi dovesse continuare, l'inflazione diventerebbe strutturale e - secondo il Cema - rappresenterebbe un forte freno alla ripresa nei prossimi mesi: l'aumento prolungato dei costi di produzione porterebbe a un sostanziale calo dei margini dei costruttori europei, nonostante al momento il loro portafoglio ordini arrivi a coprire un periodo pari a circa cinque mesi (rilevazioni Cema).

I produttori italiani - a detta di FederUnacoma - hanno una dotazione di materie ferrose in grado di coprire i fabbisogni fino alla metà del prossimo anno, ma dovranno fare i conti con uno scenario incerto dalla seconda metà del 2022 e nel 2023.

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