La drammatica situazione dell'agricoltura siciliana è la punta di un iceberg che da anni sta crescendo, e non solo in Italia. La teoria alchemica dei quattro elementi, benché priva di fondamenti scientifici, descrive metaforicamente ciò che dovrebbe essere l'agricoltura sostenibile nell'era moderna. La mancanza o lo sbilanciamento di uno degli elementi comporta la rottura dell'equilibrio ed un circolo vizioso destabilizzante.
È il fenomeno che gli ingegneri chiamiamo "rialimentazione positiva" e tentiamo di evitare ad ogni costo nella progettazione di qualsiasi sistema di controllo. Ad esempio, il deterioramento del suolo comporta la necessità di consumare più acqua, più fertilizzanti e più energia, questo comporta emissioni in atmosfera e ulteriore deterioramento, fino alla desertificazione.
Analoghe situazioni si presentano se si sbilancia uno qualsiasi degli altri elementi. Ad esempio, alcuni anni fa in Veneto le politiche che consentivano l'utilizzo della pollina in centrali a combustione di biomassa hanno comportato il cambio d'uso dei terreni. Era più redditizio coltivare pioppo per aumentare lo scarso potere calorifico della pollina e nutrire gli animali con soia e mangimi importati. Ciò ha comportato piogge acide, emissioni di CO2 fossili per il trasporto del mangime dall'estero ed esaurimento del suolo nei Paesi dove i mangimi vengono coltivati.
Gli antichi alchimisti credevano che l'aggiunta di un quinto elemento avrebbe portato alla produzione della pietra filosofale, rimedio universale per i mali dell'uomo. L'europeo medio moderno, detto "il consumatore" e diventato la misura di tutte le cose, ha sostituito la superstizione metafisica medievale con l'ideologia pseudoscientifica. "Esperti" governativi, politici, attivisti e intellettuali da talk show serale credono - forse in tutta onestà ma senza il minimo senso critico né competenze professionali specifiche per averlo - che bastino direttive e decreti per portare l'equilibrio in un ecosistema che loro stessi hanno sbilanciato, incolpando però gli agricoltori agli occhi della opinione pubblica. Opinione pubblica permanentemente manipolata in modo da condizionare con i voti e i sondaggi le decisioni politiche.
Abbiamo già sviscerato gli errori di logica di tali credenze - e le nefaste politiche risultanti - in molti articoli (i link si possono trovare alla fine di questo articolo), ma purtroppo non c'è limite al peggio.
Il Regolamento sul Ripristino della Natura recentemente approvato (col voto contrario dell'Italia) rischia di essere, ancora una volta, il quinto elemento che andrà a destabilizzare ulteriormente gli equilibri già rotti o compromessi dell'ecosistema agricolo italiano.
Proponiamo ai nostri lettori un'analisi critica del testo consolidato approvato dal Parlamento Ue e adottato con tanto di polemica e ricorso dell'Austria alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea lo scorso 17 giugno. La recente riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea, ottenuta grazie all'appoggio dei Verdi, lascia presupporre che il ricorso dell'Austria rimarrà lettera morta e che non ci sarà alcuna marcia indietro.
La nostra disamina si focalizzerà sulle contraddizioni di un argomento passato quasi in sordina: il possibile divieto di estrazione, importazione e utilizzo della torba e la riumidificazione degli ambienti paludosi.
In Italia è un problema che apparentemente non ci riguarda, per il fatto che la superficie del nostro territorio occupata da torbiere è irrilevante (Foto 1) e, a differenza dei Paesi nordici, noi non utilizziamo la torba come combustibile.
Vediamo in dettaglio alcuni fatti, supportati da numeri (Fonte 1, dati EU 27, cioè esclusa l'Inghilterra, media 2013-2017):
- l'80% della torba commercializzata nel mondo viene estratta in Europa (EU 27, cioè esclusa l'Inghilterra) per un totale di 16,6 milioni di tonnellate/anno;
- il consumo di torba come combustibile è di 10 milioni di tonnellate/anno, ovvero il 60%;
- il consumo di torba nel settore agricolo è di 6,6 milioni di tonnellate/anno, ovvero il 40% restante;
- l'Italia non utilizza la torba per produrre energia, le 466mila tonnellate/anno utilizzate come ammendante o substrato in ortofloricoltura sono perlopiù importate;
- le torbiere coprono solo il 3% della superficie planetaria, ma contengono il 30% del carbonio organico fissato nella biomassa. Per l'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), invece, la torba non è biomassa bensì viene assimilata al carbone fossile per la sua lenta formazione. Il fatto che si usino due pesi e due misure per definire le politiche sta alla base delle polemiche ideologiche sull'utilizzo della torba, come vedremo in seguito;
- le emissioni di CO2 imputabili all'uso della torba hanno tre fonti diverse: quelle causate dalla combustione, quelle causate dalla decomposizione ad opera dei microrganismi aerobici (uso come ammendante agricolo) e quelle derivanti dalla mineralizzazione del suolo delle torbiere durante la estrazione. Le emissioni complessive (energetiche più agricole) nel 2019 sono state di 21,4 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, che però rappresentano solo il 16% delle emissioni dei suoli agricoli. Si osserva come tale dato sia fuorviante poiché l'uso agricolo della torba è solo il 40% del totale, le emissioni imputabili sono in realtà il 40% del 16%, cioè il 6,4% delle emissioni rilasciate dai suoli agricoli. Secondo la Fao però le maggiori emissioni riguardano le torbiere tropicali (2).
Foto 1: Distribuzione delle torbiere in Europa
(Fonte foto: Joint Research Centre, 2010, adattamento grafico di Mario A. Rosato - AgroNotizie®).
La richiesta di divieto totale di utilizzo della torba per la quale si battono gli ecologisti inglesi ha già trovato eco negli omologhi Verdi altoatesini.
Con grande pragmatismo e senso di analisi critica, il Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano non ha emesso un divieto, bensì ha incaricato la Giunta provinciale:
- di calcolare in uno studio quali quantitativi di CO2, metano e protossido di azoto vengono rilasciati nell'atmosfera in seguito all'estrazione di torba a livello locale;
- di rivalutare le concessioni per l'estrazione di torba in Sudtirolo sulla base del cambiamento climatico;
- di commissionare uno studio per verificare quali substrati ecosostenibili siano in grado di sostituire la torba nelle coltivazioni di ortaggi e fiori;
- di trovare il modo affinché a partire dal 2030 nelle aree verdi pubbliche (provinciali e comunali) non venga più usata la torba, né di produzione interna, né di importazione.
Il fatto è che non si può dare per scontato che il bilancio di C di una torbiera sia sempre positivo, come semplicisticamente assumono gli ecologisti e gli "esperti" dell'amministrazione von der Leyen. Alcuni studi (ad esempio 3 e 4 e un articolo in italiano su una ricerca pubblicata su Nature) indicano che le emissioni di CH4 causate dalla riumidificazione vanificano l'effetto pozzo di carbonio (C sink nel gergo tecnico). Nelle torbiere riumidificate che vorrebbe il Regolamento, nel migliore dei casi il bilancio di C è neutro: non c'è alcun effetto di immobilizzazione. Gli ecologisti e funzionari della Commissione Europea sorvolano però sugli effetti negativi derivanti dall'ipotetico divieto di estrazione ed utilizzo agricolo della torba e dalla riumidificazione degli ambienti paludosi.
Eppure tali effetti potrebbero essere altrettanto dannosi per l'ambiente e la società che il Regolamento intende tutelare:
- non esistono alternative alla torba 100% valide. Il compost, la fibra di cocco e le miscele di questi due ingredienti danno gli stessi risultati in termini di germinabilità e produttività solo con alcune specie ortoflorovivaistiche, ma non per tutte (5);
- i cittadini europei, che secondo le Ong sono per il 75% favorevoli al Regolamento sul Ripristino della Natura, compostano solo il 18% dei rifiuti organici. Vale a dire che l'82% del C organico in essi contenuto finisce in atmosfera come emissione degli inceneritori o delle discariche. Secondo dati dell'Agenzia Europea dell'Ambiente le emissioni imputabili alla Forsu non adeguatamente trattata sono state circa 80 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nel 2021, quasi quattro volte le emissioni complessive che si contestano all'utilizzo combinato energetico-agricolo della torba;
- poiché in Europa non si può coltivare cocco, il trasporto della sua fibra provocherà emissioni di CO2 che gli ecologisti non considerano mai nei loro studi;
- in Europa ingenti risorse sono state dedicate a bonificare le aree paludose. Contrariamente a quanto insinua l'Atlante della Torba della Fondazione Heinrich Böll (pagina 22), il risultato non è sempre stato 100% negativo. Semplicemente gli "analisti" enumerano solo gli aspetti negativi ignorando quelli positivi, quali l'eradicazione della malaria e l'aumento di produzione di derrate alimentari, in tempi in cui le zanzare e le carestìe mietevano milioni di vittime ogni anno. Il fatto di associare il drenaggio delle torbiere all'oppressione dei contadini da parte dei monarchi sei-settecenteschi, o alle atrocità dei nazisti, appare quanto meno un tentativo manipolatorio. Con lo stesso criterio, si potrebbe dire che andrebbero banditi i consumi di tabacco, cotone e zucchero per la schiavitù cui vennero sottoposti gli africani per la produzione di tali beni;
- La "paludicoltura" che il Regolamento in questione vorrebbe promuovere consiste nel rimpantanare zone che erano state bonificate e sostituire la attuale produzione agricola convenzionale con raccolta di biomasse di scarto delle operazioni di manutenzione, raccolta di erbe spontanee o caccia. La lista della Ong Wetlands International che include la coltivazione di piante per le quali non esiste un mercato, come la rosolida Drosera rotundifolia, una pianta carnivora da utilizzare come caglio vegano, la dice lunga sulla posizione ideologica dei fautori della paludicoltura. Che si tratti di raccogliere canne, erbe presuntamente medicinali, biomassa di salice o di ontano, si tratta comunque di attività che comportano bassissimi introiti. Ammesso e non concesso che un Governo decidesse di procedere su tale ecofollia, chi pagherà i lavori di ripristino delle zone bonificate nel Ventesimo Secolo? Obbligare un agricoltore a non coltivare il suo terreno, o a fare il "paludicoltore", non è una forma di oppressione esattamente come quella che contesta la Ong ai monarchi dei Secoli Sedicesimo-Diciannovesimo? A nostro modesto parere, il cambio forzato di destinazione d'uso dei terreni agricoli attualmente produttivi, o di porzioni di essi, si potrebbe definire come "ecofascismo";
- infine: come pensa l'amministrazione von der Leyen di combattere la malaria e le nuove malattie frutto della globalizzazione, come zika e dengue? Nel momento in cui si ripristineranno paludi che erano state bonificate, e con l'inevitabile innalzamento delle temperature unito ai traffici globali, si andranno a creare dei focolai di malattie per i quali non esistono vaccini. Ripristineremo la natura per poi spruzzarla con agrofarmaci antizanzara? O introdurremo carpe, pesci gatto e altre specie alloctone affinché mangino le larve di zanzara? Il diritto al birdwatching degli ecoturisti è dunque maggiore del diritto alla salute degli abitanti delle zone che si pretende rinaturalizzare?;
- se si vieta l'utilizzo della torba come ammendante, e poiché il compost non la può sostituire pienamente, come si pretende compensare la perdita di produttività agricola e mantenere la capacità di campo dei suoli? Aumentando il consumo di fertilizzanti e la frequenza di irrigazione con i conseguenti aumenti di emissioni di gas serra e consumo delle risorse idriche?
Conclusione
L'atteggiamento dei funzionari della Commissione Europea - e delle Ong che li supportano - sulla questione della torba si può descrivere con la frase biblica: "[...] O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello" - Dal Vangelo di Matteo 7, 1-29.
Per maggiori approfondimenti
La guerra in Ucraina e l'ideologia ecologista no biodiesel
Guerra in Ucraina e rincaro del pane: colpa del bioetanolo?
Alberi geneticamente modificati per la produzione di biomassa - Seconda parte
Emissioni di CH4 dagli allevamenti bovini
Bibliografia
(1) O. Hirschler, B. Osterburg Peat Extraction, Trade and Use in Europe, Mires and Peat, Volume 28 (2022), Article 24, 27 pp., ISSN 1819-754X International Mire Conservation Group and International Peatland Society, DOI: 10.19189/MaP.2021.SNPG.StA.2315.
(3) Tin W. Satriawan, Marion Nyberg, Sung-Ching Lee, Andreas Christen, T. Andrew Black, Mark S. Johnson, Zoran Nesic, Markus Merkens, Sara H. Knox, Interannual variability of carbon dioxide (CO2) and methane (CH4) fluxes in a rewetted temperate bog, Agricultural and Forest Meteorology, Volume 342, 2023, 109696.
(4) Heiskanen, L., Tuovinen, J.-P., Räsänen, A., Virtanen, T., Juutinen, S., Lohila, A., Penttilä, T., Linkosalmi, M., Mikola, J., Laurila, T., and Aurela, M.: Carbon dioxide and methane exchange of a patterned subarctic fen during two contrasting growing seasons, Biogeosciences, 18, 873-896, 2021.