A meno di un mese dall'entrata in vigore della riforma della Politica Agricola Comune 2023-2027, facciamo il punto della situazione con Herbert Dorfmann, europarlamentare di lunga esperienza e da sempre vicino al mondo agricolo, con particolare attenzione all'esigenza di tutela e redditività delle piccole imprese e delle realtà operanti nei territori svantaggiati.

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Herbert Dorfmann, con l'inflazione così alta e soprattutto non prevista né prevedibile, quando è stata approvata la riforma della Politica Agricola Comune, cosa può fare l'Unione Europea? Saranno adottati meccanismi correttivi?

"Gli elementi che trainano l'inflazione - soprattutto l'aumento del prezzo dell'energia, insieme all'incremento di quello dei fertilizzanti - hanno fatto crescere di molto i costi di produzione per gli agricoltori. Secondo uno studio della Commissione Europea, quest'anno l'aumento dei costi per l'agricoltura europea equivarrà a una somma tra i 40 e i 45 miliardi di euro. È difficile dare una risposta a questa situazione nell'ambito della nuova Pac.

 

Va tenuto conto che l'aumento dei costi di produzione ha portato all'incremento del prezzo di alcuni prodotti, come latte e carne. Ma questo non vale purtroppo per tutta la produzione agricola. Ad esempio, in questo momento i prezzi sono molto bassi nel settore dell'ortofrutta. In questo contesto, è evidente che con un'inflazione al 10%, i pagamenti della Politica Agricola Comune perdono in valore reale. Stiamo lavorando per trovare una soluzione capace di attenuare la perdita di valore per gli agricoltori".

 

È stata criticata l'impostazione della Pac molto orientata alla sostenibilità ambientale, con una condizionalità rafforzata e pagamenti diretti in diminuzione e, comunque, vincolati a comportamenti sempre più virtuosi dal punto di vista ambientale. Non teme che vi siano sempre più agricoltori che scelgono di rinunciare agli aiuti Pac e produrre con meno vincoli?

"Non bisogna dimenticare che la Pac è finanziata attraverso risorse pubbliche e quindi va trovato un equilibrio tra considerazioni economiche - che sono essenziali, perché gli agricoltori producono un elemento fondamentale per la comunità, che è il cibo - e gli aspetti legati alla sostenibilità, sia ecologica sia sociale delle aziende agricole. Penso che abbiamo trovato un buon equilibrio tra queste necessità, destinando una parte dei pagamenti diretti a un impegno in termini di sostenibilità, come peraltro era successo negli ultimi decenni coi premi agroalimentari. In ogni caso, l'ammontare totale dei pagamenti diretti rimarrà più o meno lo stesso. Quello che cambierà è la distribuzione. Non ci sono segnali che indichino che ciò comporterà un abbandono della Pac da parte degli agricoltori".

 

In tutta Europa il numero di imprese agricole sta diminuendo. La riforma della Pac ha in sé l'obiettivo di rafforzare le imprese agricole oppure emergerà nel 2027 un nuovo scenario, con sempre minori player?

"Fin dall'inizio del dibattito sulla nuova riforma, ho sostenuto l'importanza di una distribuzione più equa dei fondi agricoli. Le aziende di piccole e medie dimensioni avranno più attenzione. Gli stabilimenti più grandi riceveranno infatti il 10% di fondi in meno, che sarà distribuito a quelli più piccoli. È importante continuare a sostenere con spirito innovativo le zone svantaggiate e assicurarsi che le risorse a disposizione vadano soprattutto a coloro che fanno dell'agricoltura il loro mestiere.

 

Inoltre, la Pac deve puntare a premiare i giovani brillanti e ben preparati. Su questo abbiamo fatto passi avanti nel Primo e Secondo Pilastro. Mi sarei tuttavia aspettato di più, perché il futuro dell'agricoltura in Europa dipende soprattutto dalla capacità di convincere le nuove generazioni ad abbracciare questa professione".

 

La riforma della Pac mette in atto una progressiva convergenza degli aiuti fra Paesi. Ritiene che debbano essere adottate anche altre soluzioni per una maggiore uniformità dei risultati della Pac a livello comunitario?

"Fortunatamente c'è una convergenza economica coi Paesi dell'Est. Ciò vuol dire che la differenza abissale che avevamo con loro venti anni fa, quando sono entrati nell'Unione, non c'è più. Dobbiamo tener conto di questa situazione. Nella riforma della Pac siamo riusciti a limitare la convergenza esterna, nonostante le richieste di alcuni Paesi, soprattutto quelli dell'Est. Gli aggiustamenti maggiori saranno nei confronti dei Paesi baltici, che rappresentano delle aree agricole non molto estese. È giusto perseguire un'equa distribuzione degli aiuti tra gli Stati membri, ma affinché questa sia davvero equa deve tener conto delle differenze socioeconomiche, dei diversi costi di produzione e di quanto ricevuto nel Secondo Pilastro".

 

Dal prossimo gennaio, grazie alla Pac 2023-2027, anche la condizionalità sociale sarà un parametro vincolante per l'erogazione dei fondi. Cosa prevede a livello italiano ed europeo? Non si corre il rischio di aumentare difformità fra i diversi Stati membri dell'Ue?

"La condizionalità sociale è un elemento che voleva soprattutto l'ala sinistra del Parlamento. Io e il mio gruppo politico abbiamo sostenuto questo approccio, che lascia discrezionalità agli Stati membri. Inoltre, è importante notare che la riduzione dello sfruttamento del lavoro in agricoltura non è solo una questione di rispetto della dignità della manodopera, ma è anche necessaria per il corretto funzionamento del libero mercato. È infatti inaccettabile che in alcune zone dell'Unione i costi di produzione siano più bassi solo a causa dello sfruttamento della manodopera e che in questo modo venga fatta una concorrenza sleale a chi paga gli operai in maniera corretta".

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La vicenda del Nutriscore è ancora irrisolta. Quali sono i tempi per definire nuove regole per le indicazioni nutrizionali in etichetta? Come mai vi sono posizioni antitetiche? Si raggiungerà un compromesso?

"Il dibattito sul Nutriscore è stato posticipato al 2024. Ciò significa che forse il Parlamento attuale aprirà le discussioni in materia, ma, in ogni caso, ogni decisione verrà presa dal prossimo Parlamento, che sarà eletto nel maggio del 2024".

 

L'europarlamentare Herbert Dorfmann

L'europarlamentare Herbert Dorfmann

(Fonte foto: Herbert Dorfmann)

 

Il settore agricolo è alle prese con alcuni problemi che sembrano difficilmente risolvibili: la carenza di manodopera e un ricambio generazionale troppo lento. Quali azioni possono aiutare un riequilibrio?

"Se vogliamo attirare più giovani dobbiamo garantire loro un reddito adeguato, promuovere un clima positivo per le innovazioni - su questo la Pac potrebbe fare di più -, ma serve anche e soprattutto un atteggiamento più positivo nel dibattito pubblico rispetto a questa professione. È totalmente inaccettabile che gente che non sa niente di agricoltura continui a criticare l'operato degli agricoltori, contribuendo a diffondere un'immagine negativa di questa professione che è invece fondamentale per le nostre società".

 

L'export agroalimentare resta una delle principali opportunità per l'Unione Europea. Cosa sta facendo l'Unione Europea per sostenere l'internazionalizzazione?

"L'Unione Europea ha da anni un approccio positivo nei confronti del commercio internazionale. Abbiamo aperto mercati importanti, come quello con il Canada. Abbiamo risolto i problemi con gli Stati Uniti e ora stiamo cercando di concludere un accordo di libero scambio con Australia e Nuova Zelanda. A questo proposito faremo particolare attenzione che gli scambi siano liberi ma anche equi, ovvero che i prodotti che importeremo rispettino le regole a cui sono sottoposti i nostri agricoltori.

 

Inoltre, puntiamo a rafforzare le nostre denominazioni geografiche. Ciò è particolarmente rilevante negli scambi con quei Paesi dove l'export di denominazioni geografiche è significativo in termini di qualità e valore".

 

L'Europa sta discutendo una revisione dei regolamenti su Dop e Igp. Come evitare in futuro nuovi casi Prošek? E a che punto siamo con tale questione?

"Questo dossier per il momento è fermo. La vicenda sul Prošek ha dell'assurdo, perché è evidente che il nome 'Prošek' può creare confusione, soprattutto sul mercato internazionale, e danneggiare una denominazione come il nostro Prosecco, che si avvicina a 1 miliardo di bottiglie imbottigliate all'anno. In questo modo viene messo in discussione un prodotto che ha una rilevanza economica importante per l'Unione Europea. Utilizzeremo la riforma delle denominazioni geografiche per eliminare i difetti che ancora esistono nel sistema e che hanno consentito nel caso del Prošek croato di far ricorso a strumenti come le menzioni tradizionali".

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I cambiamenti climatici rappresentano una limitazione alla produzione agricola. Bastano gli strumenti di gestione del rischio introdotti dalla riforma della Pac?

"La nuova Pac offre un arsenale completo di strumenti atti non solo a mantenere, ma anche ad ampliare la gestione del rischio in agricoltura. La più grande novità della nuova programmazione è senza dubbio la possibilità per gli Stati membri di accantonare fino al 3% dei finanziamenti del Primo Pilastro per la creazione di un Fondo di Mutualizzazione Nazionale. Lo scopo è portare tutti gli agricoltori a proteggersi dal rischio di una perdita di produzione causata da eventi catastrofali.

 

Ritengo quindi che prima di inventare nuovi strumenti dobbiamo portare sul territorio quelli esistenti, perché anche in Italia c'è tuttora una fetta importante di agricoltori che non utilizza gli strumenti a disposizione. Per quanto riguarda l'intelligenza artificiale, negli anni a venire vedremo dove ci saranno i maggiori vantaggi in agricoltura e interverremo di conseguenza".