Per cantare vittoria è ancora presto, ma il famigerato Nutriscore per ora appare accantonato. Del sistema di etichettatura fortemente avversato dall'Italia, perché con la modalità a semaforo e per il parametro dei 100 grammi come dose di riferimento avrebbe penalizzato il made in Italy agroalimentare, se ne riparlerà la prossima primavera con una nuova proposta.
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E la decisione finale potrebbe essere adottata se non già nel primo semestre del 2023, nella seconda parte dell'anno, sotto la presidenza spagnola del Consiglio Ue. Con Madrid che, dopo aver inizialmente sostenuto il format del Nutriscore come etichetta informativa, ha poi fatto una brusca retromarcia dopo le proteste dei produttori di due simboli del sistema agroalimentare spagnolo: l'olio d'oliva e il Jamón ibérico, che come l'olio italiano o i prosciutti di Parma e San Daniele (e tutta la salumeria Dop) o i formaggi a denominazione di origine, uscirebbero con le ossa rotte se sottoposti al vaglio di un sistema che adotta parametri di analisi non rispettosi delle effettive dosi consumate dalle persone.
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Dalle informazioni trapelate dalla Direzione Generale della Salute e della Sicurezza Alimentare di Bruxelles, un nuovo schema di etichettatura dovrebbe essere presentato nel corso di questo mese e da lì si dovrebbe riaprire il negoziato. E sulla questione è intervenuta anche l'Efsa, l'Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare (che ha sede a Parma), affermando che il sistema Nutriscore non assicura una corretta, e soprattutto completa, informazione ai consumatori.
La posizione dell'Italia
Festeggia l'Italia del cibo, che fin da subito aveva sottolineato i rischi per le produzioni di qualità del territorio.
"Il rinvio della presentazione della proposta di regolamento sull'etichetta nutrizionale fronte pacco salva l'85% in valore del made in Italy a denominazione di origine, che rischiava di essere ingiustamente penalizzato dall'etichetta Nutriscore" dichiara Coldiretti in una nota. "Il Nutriscore è infatti un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto, che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta".
Questo perché, spiega Coldiretti, "i sistemi allarmistici di etichettatura a semaforo si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive, come ad esempio zucchero, grassi e sale e sull'assunzione di energia senza tenere conto delle porzioni, escludendo paradossalmente dalla dieta ben l'85% in valore del made in Italy a denominazione di origine".
Per Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, il rinvio della discussione è "una buona notizia per il nostro made in Italy, che rischia di essere ingiustamente penalizzato da un sistema di etichettatura, quello del Nutriscore, ingannevole per i consumatori e con effetti potenzialmente molto pericolosi sulla salute. Pensiamo solo cosa significa lasciar credere che un cibo iperprocessato, frutto di processi di sintesi, possa essere considerato 'migliore' di un'eccellenza come l'olio extravergine di oliva o il Parmigiano Reggiano".
Una soluzione da mettere in campo che vada oltre la mera normativa, secondo Scordamaglia, deve puntare alla "educazione verso una corretta ed equilibrata alimentazione", che non si fa "con divieti volti a criminalizzare singoli elementi, che non fanno altro che spalancare le porte all'omologazione alimentare e a quelle poche multinazionali che pensano che il futuro del settore agroalimentare sia nei laboratori di chimica e non nella terra".
Direttamente da Bruxelles è intervenuto il vicepresidente di Cia Agricoltori Italiani, Matteo Bartolini, che ha invitato l'Europa a "dotarsi di un sistema di etichettatura chiaro e scientifico sugli alimenti, quindi alternativo al Nutriscore, che è fuorviante e penalizza erroneamente le produzioni tipiche e di qualità, a partire dal made in Italy. Le indicazioni in etichetta devono essere oggettive, finalizzate a informare e non a condizionare le scelte alimentari".
La preoccupazione di Bartolini è che "attraverso il Nutriscore si dia troppo potere alla Grande Distribuzione Organizzata, per indirizzare il consumatore verso scelte non utili alla salute, quanto piuttosto al profitto".