Dopo l'elogio del "piccolo è bello", con le imprese agricole che in parte diminuiscono di numero e in parte aumentano l'estensione e la produzione, cosa ci attende?

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Domanda legittima, soprattutto perché da qualche tempo l'esigenza di un ritorno a sostenere le comunità rurali e di difendere la famiglia agricola contro quelli che sono stati ribattezzati "i giganti dell'agribusiness" si sta rafforzando negli Stati Uniti. E forse sta proprio qui la sorpresa, perché parliamo degli States, laddove cioè - si penserebbe - vige la legge della grande estensione, dove la forte spinta alla meccanizzazione ci sembra aiuti l'uomo e proprio là dove le aziende agricole hanno dimensioni colossali e sono fortemente orientate ai mercati. Parliamo forse della prima potenza agricola a livello mondiale, per essere chiari.

 

Eppure, è proprio là che sta emergendo una riscoperta del ruolo degli agricoltori e si stanno risvegliando le coscienze per riannodare i fili di un dialogo che è sempre stato forte fra società rurale e urbana ed è sempre negli Usa che i farmer chiedono una maggiore tutela dei propri redditi. Insomma, anche là dove sono esplosi i mercati contadini, quei 12mila farmer market celebrati come "forma di sovranità alimentare nata dal basso" e come "una distribuzione più vicina all'economia locale" dal fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, in una intervista sull'ultimo numero di Sette del Corriere della Sera, gli agricoltori non sempre se la passano bene. E con questo non vogliamo certo sminuire il messaggio e l'analisi di Carlo Petrini, che sa indubbiamente il fatto suo.

 

Ma andiamo con ordine, partendo con le notizie della recente cronaca. L'onda rossa dei repubblicani, annunciata, sbandierata, da alcuni attesa, non c'è stata. Tanto per cambiare, negli Usa le elezioni di Midterm hanno stravolto - come spesso accade - le previsioni della vigilia.

 

Potrebbe forse cambiare la presidenza della Commissione Agricoltura alla Camera, finendo sotto il controllo repubblicano, mentre al Senato la Commissione Agricoltura potrebbe non modificare la casacca. Questioni di posti e, in parte, anche di decisioni, anche se il settore potrebbe continuare a beneficiare di azioni legate al miglioramento delle catene di approvvigionamento, al contrasto alla povertà e alle azioni mirate a favorire il processo di resilienza contro i cambiamenti climatici, con l'incognita forse che una Camera a trazione repubblicana potrebbe vedere meno di buon occhio sostegni verso il climate change.

 

Tuttavia, siamo nel campo delle deduzioni, in quanto la siccità ha colpito duramente anche gli Stati Uniti, riducendo le produzioni di mais del 7,6% rispetto all'annata precedente (aspetto che andrà ad influire sull'export, previsto dall'Usda in calo del 13%), ma anche di soia (-2,7%). È possibile che l'andamento produttivo deludente a conti fatti scuota le coscienze del Parlamento di Washington, portando a politiche di aiuto dei redditi degli agricoltori più attente anche agli aspetti climatici.

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Quello che è certo è, come annunciato in apertura, che negli Stati Uniti si sta diffondendo una riscoperta dell'agricoltura familiare e delle comunità rurali, a detta di molti agricoltori e allevatori messa alle corde da anni di consolidamento dimensionale e concentramento produttivo, che avrebbero avuto, a sentire i diretti interessati, "un impatto negativo sulla loro famiglia sui loro affari e sulla loro comunità locale", proprio per colpa dei monopoli aziendali. E così, attraverso la campagna Fairness for Farmers, National Farmers Union (Nfu) sostiene mercati agricoli equi e sostiene azioni politiche specifiche, rilevando come tanto l'industria della meccanica agricola quanto quella delle sementi sia ormai riconducibile a pochi (o pochissimi) player, con il rischio di ridurre al massimo i margini negoziali dei produttori agricoli.

 

La campagna del sindacato agricolo è partita ormai da più di un anno, denunciando di fatto la metamorfosi e gli effetti che il consolidamento del settore e i monopoli avrebbero portato a costi eccessivi per gli input agricoli, inclusi semi e fertilizzanti, vulnerabilità della catena di approvvigionamento; prezzi al consumo più alti, opzioni limitate per la lavorazione della carne; aumento dei costi delle attrezzature agricole e riduzione delle opzioni di riparazione.

 

Un insieme di fattori, secondo la Nfu, che avrebbe impoverito le comunità rurali, tanto che in parte proprio "a causa del consolidamento aziendale, la quota dell'agricoltore su ogni dollaro speso dai consumatori per il cibo è scesa dal 50% nel 1952 a meno del 16% oggi". E le persone "che fanno il duro lavoro di coltivare e raccogliere il nostro cibo vedono scarsi guadagni dalle loro fatiche".

 

Con una minore diversità nel settore agricolo, le multinazionali hanno un controllo eccessivo su prezzi e offerte. Ciò rende la catena di approvvigionamento alimentare vulnerabile a strozzature e guasti. Con una protezione limitata contro gli shock della catena di approvvigionamento, in tempi terribili come la pandemia di covid-19, i consumatori hanno incontrato aziende incapaci di soddisfare la domanda. La concorrenza nel settore mantiene le nostre catene di approvvigionamento resilienti e il nostro cibo a prezzi equi.

 

I monopoli aziendali stanno lentamente cancellando le nostre comunità rurali. Se le fattorie e gli allevamenti a conduzione familiare non possono rimanere in funzione, la loro perdita avrà un impatto su tutti in quella zona rurale.

 

La maggior parte delle moderne attrezzature agricole, come trattori e mietitrebbie, sono tecnologicamente avanzate e contengono computer e sensori. Di conseguenza, per completare le riparazioni sono spesso necessari strumenti software. Tuttavia, la maggior parte dei produttori di attrezzature si rifiuta di rendere questi strumenti completamente disponibili agli agricoltori e ai meccanici indipendenti, lasciando agli agricoltori altra scelta che portare le loro attrezzature rotte a un concessionario autorizzato. Ciò porta alla mancanza di concorrenza nel mercato delle riparazioni, a prezzi dei servizi gonfiati e a lunghi ritardi durante la semina ravvicinata o le finestre di raccolta.

 

È stata introdotta una legislazione federale che assicurerebbe che i proprietari di attrezzature agricole e i meccanici indipendenti abbiano accesso alla documentazione, alle parti e agli strumenti software necessari per diagnosticare, riparare e mantenere le attrezzature.

 

Queste, più o meno in sintesi, le posizioni degli agricoltori negli Stati Uniti, che riportiamo in quanto - piaccia o meno - l'Occidente prima o poi si ritrova con i fenomeni Usa. E se proprio non ne imita i modelli, ne viene comunque lambìto.

 

Abbiamo chiesto sul tema un commento alla professoressa Daniela Toccaceli, direttrice del Centro Studi Gaia dell'Accademia dei Georgofili, che invita a una lettura attenta del "fenomeno impresa agricola", "evitando contrapposizioni luddiste, perché sono fasi che normalmente si superano", ma al contrario con un approccio decisamente più macro economico.

 

"Le forti aggregazioni sono figlie da un lato di una marcata specializzazione e dall'altro della globalizzazione" afferma. "Con questo non significa parteggiare o condannare una parte anziché un'altra, quanto piuttosto prendere coscienza del fatto che vi sono variabili di natura economica che hanno influito su fenomeni puramente organizzativi aziendali e altri elementi che invece hanno una dimensione più ampia. Ma se guardiamo il contesto complessivo, non possiamo non sottovalutare la necessità di avere un'agricoltura in grado di assicurare produzioni e approvvigionamenti e con, talvolta, difficoltà di reperire la manodopera, tanto quella professionale quanto quella specializzata".

 

La meccanizzazione, pertanto, rappresenta un aiuto non indifferente e andrebbe vista più come "amica" del percorso di sviluppo che come elemento in antitesi rispetto allo sviluppo in equilibrio fra uomo e macchina.
"La meccanizzazione e l'apparato tecnico che accompagnano l'agricoltura di precisione e che richiedono formazione e consapevolezza - prosegue la professoressa Toccaceli - non vanno solo in direzione di intensificazione delle produzioni e di aumento delle rese, ma anche in direzione di una maggiore sostenibilità e di un uso delle risorse".