Ambiente e produzione
Per alcuni prodotti, come la soia ad esempio, l'Europa dipende al 90% dall'estero e per ragioni di sicurezza l'Unione Europea dovrebbe avere quote di autoapprovvigionamento non inferiori al 60-80%.
È una delle affermazioni che Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, ha rilasciato nell'intervista raccolta da Antonella Coppari per le pagine di QN del 14 marzo.
Per questo motivo non sono più giustificabili regole per ridurre la produzione europea, come avveniva in passato.
Senza nulla togliere agli obiettivi ambientali, è necessario calibrare nuove politiche volte ad avvicinarci il più possibile all'autosufficienza.
Fra gli argomenti affrontati, anche quello dei fertilizzanti, dove la Russia ha una sorta di monopolio e oggi trovare fonti alternative è complicato.
Occorre poi risolvere la forte dipendenza nei confronti del mais, del grano e dell'olio di semi di girasole.
Una possibile soluzione a questi problemi sta nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento.
Nel frattempo occorre sospendere l'obbligo delle superfici a riposo (Ecologica Focus Area - Efa), cosa che permetterà di mettere in produzione oltre 9 milioni di ettari in Europa.
Se Mosca chiude l'export
Dalle pagine de Il Sole 24 Ore in edicola il 15 marzo, Riccardo Sorrentino conferma che Mosca si sta orientando per un blocco parziale delle esportazioni di alcuni cereali.
Non si tratterebbe di contromisure alle sanzioni decise in questi giorni nei confronti della Russia, ma del tentativo di contrastare l'aumento dei prezzi sul mercato interno e garantire gli approvvigionamenti.
Misure che dovrebbero in ogni caso rimanere in vigore solo sino al 30 giugno.
Analogamente ai cereali, anche per lo zucchero grezzo e raffinato si va verso uno stop alle esportazioni.
A questo proposito l'articolo ricorda che il peso di Mosca nel mercato dello zucchero è limitato e che gli sbocchi sono tutti nell'area ex sovietica. Dunque, almeno per lo zucchero, non si temono contraccolpi sul mercato europeo.
La frenata dell'export russo non mancherà comunque di riflettersi sui mercati, concedendo un vantaggio agli altri tradizionali paesi esportatori.
Per il grano ne trarranno beneficio gli Stati Uniti, la Francia e il Canada, mentre per il mais anche Brasile e Argentina. Francia, Cina, Iran e Arabia Saudita potranno trarre beneficio per le loro esportazioni di orzo.
Debolezze italiane
Le contraddizioni della globalizzazione, la miopia dell'Europa, la debolezza dell'Italia.
Ruota attorno a questi argomenti l'articolo a firma di Carlo Cambi, pubblicato sul settimanale Panorama in edicola il 16 marzo.
La globalizzazione, si legge, ha fatto del mondo un enorme discount dove si compra al prezzo più basso e a Bruxelles pensano che l'agricoltura non serva.
Così si propone di aumentare del 10% la superficie non coltivata e tutto questo per ragioni ambientali.
La debolezza dell'Italia sta nell'essere un protagonista nel mondo della qualità agroalimentare, ma di non avere produzioni sufficienti a garantire queste produzioni.
A sostegno di questa affermazione l'articolo ricorda che produciamo appena il 36% del grano tenero, il 53% del mais il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta e il 63% della carne di suino che ci occorre.
Conti persino peggiori si registrano per le produzioni di oli vegetali.
Il nostro extravergine, pur essendo il migliore del mondo, copre appena il 40% dei consumi, mentre dall'Ucraina arriva la gran parte del nostro fabbisogno di olio di girasole.
Si tratta di un prodotto indispensabile per molte trasformazioni alimentari, dalle patatine ai grissini, dalla maionese alle salse.
E per coprire i fabbisogni oggi si pagano a caro prezzo gli altri oli vegetali, a dispetto della loro minore qualità.
Piano Strategico da rivedere
Le difficoltà nell'approvvigionamento di numerose materie prime ha messo al centro l'importanza per l'Italia di puntare sull'autosufficienza alimentare, per quanto possibile.
L'obiettivo della sovranità alimentare a livello europeo, scrive Annamaria Capparelli su Il Quotidiano del Sud del 17 marzo, sarà al centro del prossimo Consiglio Europeo dei ministri agricoli, dove si parlerà della revisione della Politica Agricola Comune.
Il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, intervenendo al "question time" alla Camera, ha ribadito che chiederà di rivedere i piani strategici nazionali, sospendendo le misure che limitano la produzione, che al contrario si prevede di incentivare.
A questo proposito si ricordano i contratti di filiera che con 1,2 miliardi dovrebbero dare una spinta alle principali produzioni made in Italy.
Inoltre è stata approvata una nuova legge sulle piccole produzioni alimentari, quelle ottenute in quantità limitate e destinate alla vendita diretta in un'area ristretta.
A questi interventi si aggiungono gli investimenti nelle agroenergie, che potranno disporre di 1,5 miliardi per l'installazione di pannelli solari.
Superare la decrescita
La conferma arriva dal commissario europeo all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski: gli agricoltori europei potranno utilizzare le riserve di crisi previste dalla Politica Agricola Comunitaria (Pac), che ammontano a 500 milioni di euro e che, grazie al cofinanziamento nazionale, potranno essere triplicate, raggiungendo 1,5 miliardi di euro.
Serviranno a far fronte al rincaro dei prezzi dell'energia e delle materie prime.
Lo scrive Micaela Cappellini su Il Sole 24 Ore del 18 marzo, ricordando che dalla Commissione Europea arriva anche la deroga all'obbligo di mettere una certa quota di terreni a riposo, come era previsto dalla riforma della Pac.
Di fronte all'esplosione del conflitto in Ucraina, aggiunge l'eurodeputato Paolo De Castro, occorre superare ogni obiettivo che porti alla decrescita del nostro potenziale produttivo, con un piano per una maggiore autonomia strategica dell'Unione anche sui mercati agroalimentari.
Grazie a questi interventi, continua l'articolo, in Italia potranno essere recuperati alla coltivazione circa 200mila ettari di terreno, per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais.
Non del tutto soddisfatto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che giudica insufficiente la quota della riserva di crisi, poiché all'Italia spettano solo 50 milioni di euro, cifra inadeguata a dare una risposta concreta alle difficoltà delle nostre aziende agricole.
L'articolo si conclude con le dichiarazioni del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che ricorda come l'Unione Europea sia chiamata ad aumentare la propria produzione agricola per contribuire a evitare una crisi alimentare a livello internazionale.
Gli affanni del pomodoro
Restiamo sulle pagine de Il Sole 24 Ore anche il 19 marzo, dove Silvia Marzialetti firma un'analisi sulla difficile situazione che sta vivendo il pomodoro da industria, stretto fra rincari e siccità.
Nel distretto produttivo del Nord Italia si prevede una perdita produttiva del 10%, con una produzione destinata a fermarsi a 2,75 milioni di tonnellate.
Non va meglio nel Centro Sud, nonostante una situazione idrica al momento sotto controllo, dove si stima una produzione di 2,65 milioni di tonnellate, anche in questo caso con una variazione negativa del 10%.
Allargando lo sguardo al resto d'Europa, si stima che il raccolto sarà di poco superiore ai 10 milioni di tonnellate, con un calo di circa il 13% rispetto a un anno fa.
Una situazione di difficoltà che si riflette sullo stallo delle trattative per la definizione del prezzo.
Secondo Davide Vernocchi, coordinatore ortofrutta di Alleanza cooperative agroalimentari, questa situazione di incertezza potrebbe convincere molti produttori ad abbandonare il pomodoro per puntare su altre colture.
Preoccupazioni condivise da Tiberio Rabboni, presidente dell'Interprofessione del Pomodoro da Industria del Nord Italia, secondo il quale la riforma della Pac potrebbe portare a una riduzione degli aiuti, che non potrà essere recuperata dal mercato.
Per questo motivo è stato chiesto al ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, di intervenire sul piano strategico, in corso di approvazione entro giugno, per incrementare il premio accoppiato e per modificare gli eco schemi, consentendone l'accesso ai produttori di pomodoro.
E' allarme siccità
Cento giorni senza pioggia e l'allarme siccità si fa ogni giorno più preoccupante, specie a Nord dove dal fiume Po emergono lunghe strisce di sabbia.
Se il Po soffre, scrive Alessandro Fulloni sul Corriere della Sera del 20 marzo, soffre anche l'agricoltura.
In Lombardia mancano all'appello 3 miliardi di metri cubi di acqua rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Due importanti fiumi affluenti, come l'Adda e il Ticino, registrano portate ridotte del 75%.
Situazione analoga si riscontra per il Trebbia, il Secchia e il Reno, che sono ai minimi storici del 1972.
Nel Delta, tra Romagna e Veneto, la portata del Po è talmente bassa che l'acqua salata risale la corrente, con gravi conseguenze per l'agricoltura.
Meuccio Berselli, segretario generale dell'Autorità di bacino, si dice preoccupato, perché fra poco l'agricoltura avrà necessità di prelevare acqua per l'irrigazione.
Coldiretti azzarda una stima sulle perdite, che ammonterebbero a circa un miliardo di euro. E le previsioni meteo, conclude l'articolo, annunciano bel tempo.
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