Innovare, che passione

In occasione di Fieragricola, il salone internazionale dedicato all'agricoltura, che ha da poco chiuso i battenti a Verona, si è molto parlato fra l'altro di innovazioni tecnologiche sui campi.
A questo tema QN del 7 marzo dedica, con la firma di Marco Principini, un ampio servizio commentando come anche il caro energia si stia rivelando una spinta alla rivoluzione digitale nelle campagne.
Gli investimenti nelle tecnologie digitali, dai droni ai robot, sino ai software gestionali, hanno raggiunto i 650 milioni di euro.

Fra le novità citate c'è "Ted", un robot che tramite collegamento satellitare si muove autonomamente nel vigneto, eseguendo i lavori sulle piante nel rispetto dell'ambiente.
Ci sono poi centraline meteorologiche capaci di gestire in modo automatico i sistemi di irrigazione, regolando in base a temperatura e umidità la quantità necessaria di acqua da utilizzare in funzione anche delle previsioni del tempo.
Ancora per i vigneti, è stata presentata una "trappola digitale" che funziona a energia solare ed è in grado di individuare con tempestività la presenza di eventuali patogeni.


Terreni all'asta

Ha preso il via l'asta indetta da Ismea per la cessione di quasi 20mila ettari di terreni coltivabili, per un valore complessivo di circa 312 milioni di euro.
Ne scrive Micaela Cappellini sulle pagine de Il Sole 24 Ore dell'8 marzo, ricordando che si tratta del bando più cospicuo sinora attuato.
Chi è interessato deve presentare la domanda entro il 5 giugno e l'elenco con la descrizione dei terreni è consultabile sul sito di Ismea (www.ismea.it/banca-delle-terre).

I terreni di questo lotto sono destinati a seminativi e per un quinto a prati e pascoli, mentre un terzo è investito a colture arboree.
La maggior parte dei terreni, circa il 33%, si trova in Sicilia, seguita da Sardegna e Basilicata.
Una quota minore di terreni è anche disponibile in Toscana, Puglia, Calabria, Emilia Romagna e Lazio.
Anche per questa quinta edizione del bando, chi non ha ancora compiuto 41 anni di età potrà pagare il terreno a rate con un piano di ammortamento a 30 anni.
Va precisato infine che la partecipazione al bando è subordinata a un deposito cauzionale pari al 10% del valore a base d'asta di ogni singolo terreno.


Costi insostenibili

Le conseguenze sui mercati del conflitto fra la Russia e Ucraina si fanno sentire in modo pesante su molte filiere agricole e in particolare su quella zootecnica.
Lo scrive Attilio Barbieri su Libero del 9 marzo, denunciando la difficile situazione nella quale sono costretti ad operare i produttori di latte.
I costi di produzione di un litro di latte sono schizzati a 46 centesimi al litro, mentre il prezzo riconosciuto agli allevatori si ferma ad appena 38 centesimi.
Si salvano solo i produttori che possono destinare il latte alle filiere dei formaggi a denominazione di origine, dove si spuntano prezzi più congrui.

Agli aspetti economici si aggiungono ora quelli pratici, con la difficoltà per l'approvvigionamento di alcuni cereali, come il mais e la soia, che sono alla base dell'alimentazione degli animali.
La metà delle nostre Importazioni, ricorda l'articolo, provenivano dall'Ucraina e dall'Ungheria, che in questi giorni ha deciso di sospendere le sue esportazioni di mais e grano.
Stop anche per il nitrato di ammonio, elemento base per i fertilizzanti, mentre i concimi sono già aumentati del 170%
A questi aumenti si aggiunge l'incremento del prezzo del gasolio agricolo, il cui costo è salito in questi giorni sino a 1,20 euro al litro, mentre sino a poco tempo fa costava circa 70 centesimi. Motivo in più, conclude l'articolo, per ripensare le strategie alimentari, puntando per quanto possibile all'autosufficienza.


Una politica per l'agricoltura

Il tema dell'autosufficienza alimentare è l'argomento affrontato il giorno seguente, il 10 marzo, da Carlo Ottaviano sulle pagine de Il Messaggero.
La scelta di Ungheria e Bulgaria di sospendere le loro esportazioni aggrava la già pesante situazione per l'approvvigionamento di cereali.
La conseguenza immediata è il continuo aumento del prezzo del grano, schizzato in due settimane da 263 euro a 395 euro per tonnellata.
Come per l'energia, si chiede allora che l'Unione europea metta in campo una politica comune che affronti il tema della produzione di derrate agricole.

Il problema, come spiega a Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani, non è solo quello dei costi, ma se ci sarà grano sufficiente per tutti.
In questo scenario occorre tener conto delle politiche di approvvigionamento condotte dalla Cina, la quale potrebbe possedere entro la prossima estate il 60% delle scorte mondiali di grano e il 70% di quelle di mais.
Le scorte complessive dei paesi dell'Unione europea si fermano invece al 9% per il grano e per il mais, comunque sufficienti agli attuali fabbisogni.
Il conflitto in atto potrebbe dunque suggerire di rivedere alcuni aspetti della nuova politica agricola comune (Pac) recentemente approvata.
L'obiettivo dovrebbe essere quello, oggi, di aumentare le fonti di approvvigionamento delle principali commodity agricole.


Gli errori di Bruxelles

È una dura critica alla politica agricola dell'Unione europea quella che Carlo Cambi affida alle pagine de La Verità in edicola l'11 marzo.
L'inasprimento della bolletta energetica da una parte e dall'altra la carenza di materie prime per l'alimentazione animale, sta mettendo in seria discussione le scelte sin qui attuate in tema di sviluppo agricolo.
Occhi puntati in particolare sul Farm to Fork, con il suo progetto di lasciare inutilizzato il 10% della superficie agricola e di bandire l'utilizzo di fertilizzanti e agrofarmaci.

Che si tratti di scelte sbagliate ne è convinto anche il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, a parere del quale occorre posticipare l'avvio della nuova Pac e rimandare le misure tese a limitare la produzione, mentre al contempo è necessario incrementare i pagamenti accoppiati per le produzioni dove manca l'autosufficienza.
Allargando lo sguardo all'Unione europea, Gian Marco Centinaio, sottosegretario alle Politiche agricole, suggerisce che venga subito sbloccato un milione di ettari dal fondo di rotazione e al contempo rafforzati i contratti di filiera per produrre più cereali.
L'auspicio, conclude l'articolo, è che la Pac predisponga misure per sostenere la vera agricoltura e la zootecnia, delle quali l'Italia rappresenta un modello virtuoso.


Le "colpe" della distribuzione

Una moratoria di sei mesi sulle offerte promozionali nei supermercati è necessaria per aiutare le imprese agroalimentari.
E' la proposta avanzata da Giampiero Calzolari presidente di Granarolo, gigante cooperativo del settore lattiero caseario, preoccupato per la difficile situazione che stanno vivendo gli allevamenti italiani.

A raccogliere questa proposta è Micaela Cappellini dalle pagine de Il Sole 24 Ore in edicola il 12 marzo, dove si spiega la necessità di rivedere i listini di vendita al dettaglio per sostenere i maggiori costi che allevatori e industrie di trasformazione sono costretti a sopportare.
Il mondo produttivo, continua l'articolo, non è in grado di affrontare aumenti come quelli che si sono registrati negli ultimi mesi.
Ora non è il momento di competere sul sistema dei prezzi, ma occorre una difesa del sistema produttivo che veda coinvolta tutta la filiera.  


Troppo caro seminare

La corsa dei prezzi non si arresta, sospinta come è dalla guerra, dalla speculazione e dal panico. Una situazione complessa sulla quale si sofferma l'articolo di Anna Maria Capparelli, pubblicato su Il Quotidiano del Sud del 13 marzo.
In fibrillazione il mercato del grano, prima con un balzo del 40%, poi nell'ultima settimana con un calo dell'8,5% alla borsa di Chicago.
Occorre anche fare i conti con il caro carburanti, che mette a rischio l'autotrasporto, aggravando la situazione dell'Italia, fortemente dipendente dalle importazioni e con un sistema logistico arretrato.

Caro carburanti che non risparmia le imprese agricole, che ora si trovano a fare i conti con un aggravio dei costi per le lavorazioni, proprio alla vigilia delle semine primaverili.
A rischio sono le coltivazioni di mais, girasole e soia, quelle più importanti per l'alimentazione degli animali, materie prime che oggi scarseggiano.
Le potenzialità per un aumento della produzione ci sarebbe, ma bisogna rivedere le regole della politica agricola comunitaria che vorrebbe escludere dalla coltivazione il 10% dei terreni per presunti motivi ambientali.
Motivazioni che sembrano perdere valore di fronte alla necessità di riaprire le centrali a carbone.


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