Nell'ultimo anno il prezzo di tutte le materie prime è volato alle stelle, con ripercussioni pesantissime lungo tutta la filiera agroalimentare. Lo sanno bene i produttori di vino, che in un evento  online organizzato da The Wine Net (rete che riunisce diverse cooperative vitivinicole, dal Veneto alla Sicilia) hanno preso la parola per lanciare l'allarme.

I rincari sono impietosi. Il vetro ha visto (in media) un rincaro del 40%, con bottiglie talvolta introvabili. Il cartone è salito del 31%, il legname del 61%, come anche tappi, gabbiette, etichette. L'Unione Italiana Vini stima i maggiori costi della componente secca in 1 miliardo di euro a livello di settore. A cui si deve aggiungere la bolletta energetica, più salata di 350 milioni di euro rispetto a due anni fa. Con aumenti che oscillano dal 70% fino al 100%.

Il risultato è che per le aziende produrre una bottiglia di vino è diventato più costoso. La scelta a cui sono state messe davanti è se ribaltare (in toto o in parte) i maggiori costi sugli acquirenti (Gdo, Horeca, consumatore diretto) oppure ammortizzarli internamente, per quanto possibile.

Le diverse cooperative che hanno preso la parola hanno adottato sostanzialmente una linea simile: cercare di ammortizzare una parte dei maggiori costi e ribaltarne una parte lungo la filiera, sperando che dall'altra parte ci sia la comprensione di interlocutori che talvolta sono poco aperti a rivedere al rialzo i listini.

Dalla tavola rotonda organizzata da The Wine Net sono emersi diversi spunti interessanti:

  • Per le bottiglie che si posizionano su fasce di prezzo alte, quindi con margini maggiori, assorbire i costi è stato più semplice. Ma paradossalmente anche rivedere al rialzo i listini non è stato drammatico.
  • A soffrire di più sono stati i vini con bassa marginalità e quelli che si trovano ai limiti della fascia di prezzo superiore. Per una bottiglia venduta a 6,90 un aumento di anche solo 10 centesimi significa passare di fascia con ripercussioni importanti, anche a livello psicologico per il consumatore.
  • Per alcuni produttori la crisi pandemica e l'aumento successivo dei costi hanno rappresentato una opportunità per migliorare il posizionamento. Se a fronte di un aumento dei prezzi dell'ordine del 10% i consumi tengono, significa che il valore percepito dal consumatore è più alto rispetto al prezzo praticato.
  • Un aumento dei prezzi può essere uno strumento per valutare le relazioni strette con i propri clienti e nel caso sondare nuovi canali di vendita.

 

Ma al di là dei prezzi, come si esce da questa situazione di rincaro delle materie prime? I produttori da un lato chiedono al Governo di intervenire, cercando di calmierare i rincari, soprattutto sul fronte energetico. Dall'altro però si sta facendo strada la necessità di aggregare la domanda. Se le cantine di un medesimo territorio o denominazione si consorziassero e acquistassero bottiglie, tappi, scatole e, perché no, anche energia, come un unico acquirente il peso sul mercato permetterebbe di spuntare sconti interessanti.

Guardando sul fronte energetico, c'è anche la necessità di passare da un modello di mero consumo ad uno ibrido che preveda anche una parte di produzione. Oggi con il Pnrr sono stati stanziati 2,6 miliardi per il fotovoltaico, sia sui tetti di magazzini e cantine, sia sui campi con un modello ibrido coltivazione pannello. Un'opportunità per diventare produttori diretti di energia elettrica e tamponare in questo modo eventuali futuri aumenti. Anche perché il mercato dell'energia è sempre stato altalenante, con picchi, come quello in cui ci troviamo, e ribassi, come quello che ha caratterizzato il 2020.


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