La Basilicata riscopre una infrastruttura inutilizzata da 15 anni che può nei prossimi anni mettere a disposizione dell'agricoltura regionale qualcosa come circa 20 milioni di metri cubi d'acqua in più e in via esclusiva, non trattandosi di un invaso ad uso promiscuo. Questo perché "Dopo i lavori di consolidamento della diga del Rendina, agli agricoltori del Vulture Alto Bradano sarà assicurata la risorsa idrica necessaria per incrementare lo sviluppo del comparto ortofrutticolo e zootecnico". Lo ha affermato due giorni fa l'assessore all'Agricoltura della Regione Basilicata, Francesco Fanelli.

"A quindici anni dallo svuotamento, lo studio geotecnico e statico ha escluso la dismissione dell'invaso. Diamo così una risposta positiva al mondo agricolo, che può finalmente tirare un sospiro di sollievo e guardare con fiducia al futuro. Voglio pertanto esprimere - ha sottolineato Fanelli - la piena soddisfazione per il risultato raggiunto, grazie anche all'impegno profuso dal dipartimento guidato dall'assessore alle Infrastrutture Donatella Merra, che ha lavorato dall'inizio della legislatura per approfondire le questioni legate alla messa in esercizio della diga del Rendina, e dal Consorzio di bonifica della Basilicata".

Questo serbatoio artificiale, localizzato a Lavello, è stato realizzato negli anni '50 del secolo scorso sbarrando, con una diga in terra con nucleo impermeabilizzato, detta di Abate Alonia, il corso del torrente Olivento, noto anche come Rendina, affluente di destra del fiume Ofanto. Tale serbatoio ha rappresentato sin dal 1957 l'elemento indispensabile per la trasformazione dell'attività produttiva agricola nei territori sottesi sia in Basilicata - in agro di Lavello - che nei limitrofi territori pugliesi - agro di Canosa di Puglia - per complessivi 408 chilometri quadrati.

Nei gli anni successivi alla costruzione, il serbatoio vede ridursi la sua capacità di accumulo per interrimento, tanto da richiedere nel 1999 un intervento di ripristino della sua funzionalità. I lavori terminati nel 2001 hanno consentito di recuperare l'iniziale capacità d'invaso della diga a beneficio del Consorzio di bonifica Vulture Alto-Bradano, gestore dell'opera, poi confluito nel Consorzio di bonifica della Basilicata.

Ma nel 2005 sorgono dubbi sulla tenuta statica dell'invaso, che viene così svuotato e non più riempito, consentendo il disperdersi nell'Ofanto delle copiose acque vernine del torrente Olivento. In tempi più recenti vengono poi avviati i lavori di consolidamento statico, che ne consentono da oggi il rientro in esercizio. La diga del Renda ha un'altezza di 24,5 metri ed una quota di massimo invaso di 201,42 metri sul livello medio del mare, pari ad una capacità massima di 22 milioni di metri cubi d'acqua, mentre il volume utile di regolazione è attestato a poco meno di 20,6 milioni di metri cubi.