Preso atto che, anche in tempi di coronavirus, l'agricoltura è elemento essenziale e strumento vitale, cioè - per usare una indovinata espressione del professor Luigi Costato - l'agricoltura è il fondamento della "fabbrica del cibo", che è indispensabile per la vita degli uomini, potrebbe essere utile stilare una to do list, come la chiamerebbero gli americani, una lista delle cose da fare per orientarsi meglio in una situazione assolutamente inedita per le ultime generazioni.

Se è vero che nei primi tre mesi il saldo negativo delle imprese operanti in agricoltura è di -7.259 (Fonte Coldiretti), numero amplificato dalla virulenza letale del Covid-19, allora al primo posto dovremmo mettere una massiccia iniezione di denaro, da erogare con rapidità e senza troppi percorsi a ostacoli.
Come in ogni momento di caos, si innesca rapidamente la volatilità e la speculazione si insinua fulminea.
Ma basteranno, come cantava all'inizio degli anni Sessanta Betty Curtis, "Soldi, soldi, soldi, tanti soldi"? certo che no.

Di seguito una lista di orientamento (che ha la consapevolezza di essere incompleta) delle molte cose da fare.


Posizioni e orientamenti dal mondo

L'inviso al mondo Donald Trump, con pragmatismo imprenditoriale, ha capito al volo che il denaro può essere un lenitivo e un primo soccorso. Così, nella pioggia di trilioni che ha erogato sono stati stanziati per gli agricoltori 19 miliardi di dollari pronto cassa. D'altronde, se fino a qualche mese fa la rielezione di Trump sembrava quasi scontata, oggi le probabilità di vittoria si sono di molto assottigliate, da quanto dicono i media, che però vorrebbero vedere il Ciuffo arancione sloggiare dalla Casa Bianca. Nulla è ancora scritto, ma l'elettorato rurale è stato decisivo quattro anni fa e il presidente americano cerca di coccolarlo.

Nel mentre, di qua dall'oceano, la Commissione europea fa sapere che "sta prendendo provvedimenti rapidi" perché, troppa grazia, si è accorta che alcune filiere sono entrate in sofferenza. Ecco, tra le prime necessità delle quali prendere coscienza molto in fretta, prima che sia troppo tardi e si inneschi un processo irreversibile di disgregazione, è quella di consolidare l'Unione europea.

Vi sono più anime, quella calvinista-finto integralista del Nord, rappresentata plasticamente dall'Olanda, che pretende rigidità e impone un uso virtuoso del denaro pubblico (salvo essere un paradiso fiscale), quella concreta e sovranista pro domo sua della Germania (che non vuole il fallimento dell'Italia, avrebbe troppo da perdere), l'accrocco dell'Europa meridionale a trazione "in ordine sparso" italo-iberica (con il nostro paese che per i tedeschi andrebbe attentamente monitorato affinché i soldi non finiscano in pasto alla mafia, affermazione per la quale personalmente mi scandalizzo solamente per un 30%) e i paesi dell'Europa Centro-Orientale, molecole aggregate improvvidamente e frettolosamente nel timore che venissero risucchiate da una neonata forza russa, e che oggi chiedono e pretendono privilegi allora promessi.

Orbene, o si ritrova unità - anche in agricoltura - per sedare gli effetti scatenati dalla crisi Covid-19, oppure non resterà che cantare "Pietà l'è morta" e salvarsi la pelle ciascuno come può. L'Italia, ovviamente, come "non" può, essendo sull'orlo di essere travolta dall'onda anomala di un debito pubblico sovradimensionato da decenni. Fino ad ora, per la cronaca, la Commissione europea ha dato il via libera agli aiuti di Stato per 100 milioni di euro alle imprese italiane del settore agricolo (contributo fino a 100mila euro per azienda), della pesca (fino a 120mila euro) e della trasformazione (fino a 800mila euro). Altri fondi a macchia di leopardo sono stati stanziati dalle Camere di commercio e dalle regioni, ma a quanto pare senza un disegno politico di visione a lungo termine.


Burocrazia, sempre lei

Non solo "molti, benedetti e subito" (i soldi), ma anche senza gli ostacoli di una burocrazia che, soprattutto in Italia, tende ad alimentarsi in maniera esagerata. Mentre le imprese in Germania (per non dire in Svizzera, che però non fa pare dell'Unione europea), hanno già ricevuto sul conto corrente un contributo liquido e senza dover compilare più di due fogli, lo slalom che il Governo e le banche impongono alle imprese è mortificante e rischia di essere mortale.

Quale migliore occasione, oggi, di snellire - e per sempre - tutte le procedure necessarie per tagliare quei famosi cento giorni dedicati alle carte che un'azienda agricola deve dedicare per compilare carte?
Se possibile, nel corso dei vari tavoli di concertazione, audizioni alla Camera e al Senato, incontri in Europa, si mette a punto una veloce road map per indicare concretamente tutti i passaggi da sforbiciare, anche nella Politica agricola comune.


Obiettivo: risollevare l'economia

In un periodo dove domanda e offerta hanno perso il loro equilibrio a livello tanto mondiale (la Cina ha rallentato le importazioni, l'Italia, gli Usa e l'Ue le esportazioni) quanto a livello domestico (lo stop dell'Horeca rischia di far sgonfiare la bolla gastronomica, come ha scritto recentemente anche il professor Giovanni Ballarini, antropologo alimentare), un maggiore dialogo all'interno delle filiere potrebbe ridurre la volatilità e bloccare sul nascere i tentativi di speculazione, che solitamente finiscono per colpire gli anelli più deboli della lunga catena agroalimentare, e cioè produttori e consumatori. Servono proposte rapide, concrete, spicce nei modi e nei tempi e altrettanto solerte deve essere la risposta del Governo, una volta affinate le varie istanze. Tavoli aperti, onnicomprensivi, senza ghettizzazioni o caminetti per spartirsi le prebende. Bisogna risollevare l'economia in massa.


Meccanica agricola, la grande esclusa

A proposito di filiere, quella della meccanica agricola sembra essere stata dimenticata dai decreti della presidenza del Consiglio. Aziende costruttrici chiuse, contoterzisti in campo, dealer chiusi, ricambistica impossibilitata a muoversi. Eppure è una filiera che vale quasi 8 miliardi di euro e che sta rischiando di perdere competitività all'estero e di incagliarsi in una fase prolungata di stasi in Italia. Senza investimenti, l'agricoltura indietreggia, non avanza. E il crollo delle vendite nel primo trimestre, trascinato dal picco negativo di marzo, è un brillante esempio.

Nota per il Governo: gli agromeccanici sono i contoterzisti, non i meccanici di macchine agricole…


Bonus export?

La globalizzazione è viva, morta o in coma vigile? Per scoprirlo bisognerebbe sostenere le esportazioni. Un imprenditore illuminato come Angelo Rossi, fondatore di Clal.it, ha suggerito l'ipotesi di un "bonus export", elargito direttamente sui conti correnti delle imprese, finalizzato proprio a sostenere gli scambi internazionali. Mercati dinamici e sostegno alla domanda sono una leva formidabile quanto immediata per rilanciare i prezzi, con benefici per industrie e cooperative in prima istanza e per il sistema agricolo e allevatoriale di sponda. Senza pensare che si eviterebbe il bagno di sangue di una massiccia disoccupazione. La proposta temo sia troppo semplice da capire e da attuare e senza passaggi intermedi, cosicché verrà scartata. Burocrazia, burocrati e apparati satelliti si ritroverebbero senza linfa. Troppo rischioso.


Un piano di rilancio per la logistica

Per ripartire con le esportazioni serve ripensare la logistica. Il coronavirus impone distanze di sicurezza, nuovi approcci di lavoro a tutela della salute e tutti gli accorgimenti idonei del caso. Ma il Covid-19 ripropone alcuni nodi irrisolti, come quello delle infrastrutture, dei trasporti, della competitività che si traduce in maggiore velocità di consegna e minori costi di produzione. Bisogna studiare un piano di rilancio, magari con regole e investimenti europei (che talvolta ci sono, ma in Italia stentano ad essere usati per incapacità organizzativa).


L'importanza delle reti di comunicazione

L'isolamento sociale ha spostato la modalità di fare acquisti, favorendo la Grande distribuzione organizzata, il negozio di prossimità, ma anche l'e-commerce. È ritornato così di attualità il tema delle reti di comunicazione. Con connessioni scadenti si rischia di essere tagliati fuori. Vale nella vita, così come in agricoltura. Potenziare le infrastrutture telematiche non solo è strategico, ma si è rivelato anche vitale.


Il ruolo dell'agricoltura 4.0

La sostenibilità non è scomparsa, diciamo che è andata temporaneamente in soffitta. Se è arrivato il tempo di compiere una nuova rivoluzione verde basata sul digitale, vale il punto precedente: puntare sulle reti, perché l'agricoltura 4.0, sulla quale si giocherà il futuro prossimo (compresa la robotizzazione, altro elemento centrale viste le esigenze di manodopera che stanno mettendo in difficoltà l'Europa), affonda le proprie radici proprio nella banda larga. Idem filiere tracciate e rintracciabili: la blockchain non può nascere senza un efficiente sistema di raccolta, analisi, elaborazione e trasferimento dati.


Direzione sostenibilità e sviluppo sostenibile

Non perdiamo di vista l'etica e non dimentichiamo di aiutare i più poveri. Se il Green deal (altro progetto che sembra essere svanito nel nulla in questa fase) deve poter proseguire il proprio corso e fare da traino a una nuova era di sostenibilità diffusa su tutto il pianeta, è più facile che abbia successo tanto più si fanno uscire dalle sacche della fame e della povertà le fasce deboli della società. La fragilità sociale impedisce infatti di occuparsi dell'ambiente, delle risorse "verdi", perché la priorità è sopravvivere. Ecco, si punti anche in questa direzione, se si vogliono centrare gli obiettivi della sostenibilità e, più diffusamente, gli obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nell'Agenda 2030.


La lista delle cose da fare, come detto all'inizio, è parziale e incompleta. È scritta a matita, si può cancellare qualcosa oppure aggiungere altre voci. Desiderate farlo? Scrivete a redazione@agronotizie.it. Raccoglieremo i contributi di tutti (ma non le offese, lo diciamo subito).


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