Fibra che arriva in prossimità delle unità immobiliari o anche al loro interno, ma che non raggiungerà invece i singoli consumatori. Il modello di sviluppo scelto infatti è misto: Open fiber porta la fibra in prossimità delle abitazioni o delle aziende, sono poi le società di telecomunicazioni già operanti (Tim, Vodafone, Wind-Infostrada) che invece copriranno gli ultimi metri e venderanno l'abbonamento, remunerando Open fiber per l'utilizzo dell'infrastruttura.
Il Piano strategico, che ha in dotazione oltre 4 miliardi di euro, renderà possibile la copertura anche delle aree bianche e grige del territorio. Quelle aree dove, a causa della bassa densità di popolazione e del contesto pedo-orografico, posare i cavi diventa non economicamente sostenibile (la cosiddetta area a fallimento di mercato). Una fetta del territorio enorme, che comprende circa 8mila comuni che senza l'intervento dello Stato non sarebbero raggiunti dalla banda larga di aziende private. E che invece Enel, grazie allo sfruttamento delle sue infrastrutture per il trasporto dell'energia, potrà servire a costi minori.
"E' un'opera ciclopica quella in atto, che tuttavia sta procedendo bene e si prevede che ad inizio 2021 circa il 96% delle utenze sarà raggiunta da una connessione a 100 Mbps e il restante da una rete wireless di 30 Mbps", spiega ad AgroNotizie Guido Bonati, dirigente tecnologo del Crea, ente che fornisce supporto al governo e alle regioni su questo tema come membro della Rete rurale nazionale.
"Oggi la connessione internet delle nostre imprese agricole è precaria. Ma presto le cose cambieranno, anche se la realizzazione della rete a banda larga non è affatto semplice: sia per la necessità di effettuare scavi per la posa dei cavi, ma soprattutto a causa degli innumerevoli soggetti a cui va chiesta l'autorizzazione per intervenire sul territorio. Open fiber si deve interfacciare, solo per citarne alcuni, con comuni e province, Anas, Consorzi di bonifica, Parchi nazionali e Soprintendenza archeologia e paesaggio".
(Fonte foto: Invitalia)
D'altronde secondo l'Osservatorio Smart AgriFood (School of Management del Politecnico di Milano e Laboratorio Rise - Research & innovation for smart enterprises dell'Università degli studi di Brescia) la connessione ad internet è una tecnologia abilitante che permetterebbe alle aziende agricole di sfruttare le potenzialità dell'agricoltura 4.0.
Secondo il report presentato a febbraio a Brescia, il mercato italiano dell'agricoltura 4.0 è quasi triplicato in un anno, arrivando a valere circa 400 milioni di euro. Sono oltre trecento le soluzioni disponibili, adottate dal 55% delle aziende agricole intervistate nell'ambito della Ricerca 2018.
Il 49% delle aziende mappate sono fornitrici di soluzioni avanzate come Internet of Things (IoT), robotica e droni, il 22% di soluzioni di data analysis, il 16% di macchine e attrezzature per il campo, il 7% produce componentistica e strumenti elettronici, mentre nel 3% dei casi sono realtà produttive in ambito agricolo.
Non solo banda larga: benvenuta banda stretta
La banda larga è l'autostrada su cui passano le grandi moli di dati. E' di fondamentale importanza per vedere un film in streaming o per navigare sul web senza rallentamenti. Ma è anche necessaria per creare un sito di e-commerce, oppure per usare molti servizi di agricoltura 4.0 che oggi sono in cloud. Un esempio sono tutte quelle piattaforme di supporto alle decisioni (Dss) che forniscono all'agricolture un consiglio su come difendere o irrigare una coltura.Insomma, la banda larga connette l'azienda agricola al mondo. Ma c'è anche una banda stretta. E' quella che connette l'azienda agricola con le miriadi di device Iot che piano piano si stanno diffondendo in campo. Qualche esempio? Le capannine meteo, i sensori per l'umidità del terreno, i trattori 'smart', le trappole a feromoni intelligenti e così via.
Tutti questi device Iot devono poter inviare dati ad un hub, un centro di raccolta solitamente posizionato in azienda, che poi li carica in cloud attraverso la broadband. "Si tratta davvero di una mole ridottissima di dati che tuttavia devono viaggiare su una infrastruttura affidabile", spiega Bonati. "Una centralina meteo invierà temperatura, data e luogo. E per farlo può appoggiarsi a reti a banda stretta".
D'altronde se con il 5G si viaggia a 970 Megabit al secondo, con il narrowband si passa a 30/60 Kilobit al secondo (30mila volte più lento del 4G). Si tratta di reti wireless che saranno utilizzate dai device Iot senza la necessità di costruire nuove infrastrutture. Inoltre, grazie al basso consumo della rete, le batterie dei device dureranno a lungo, anche dieci anni.
Sia Tim che Vodafone si sono lanciate nel settore, che ha risvolti interessanti anche per rendere smart le nostre città. Ma anche A2A Smart city, partner dell'Osservatorio Smart AgriFood, ha lanciato un progetto dedicato all'agricoltura. In Lombardia sta infatti procedendo all'installazione di una innovativa rete IoT Lpwa (Low-power wide-area) per il trasporto dei dati, utilizzabile in vari ambiti: dalla lettura dei contatori di gas e acqua fino alla connettività degli strumenti necessari all'agricoltura 4.0.