Ha un mercato di nicchia nell'alta ristorazione, ma punta anche ad una clientela privata mediante piattaforme innovative di blockchain commerce. L'azienda si chiama Distilleria agricola Berollà, nome apparentemente misterioso che è un anagramma di albero, e la ricerca di alberi da frutto ormai dimenticati è alla base del lavoro di Antonio, premiato recentemente con altri imprenditori del Mezzogiorno nel quadro del Premio Smau per l'innovazione.
Qual è il lavoro che svolgi materialmente in azienda, più azienda agricola o più distilleria?
"Raccolgo la frutta dagli alberi, la materia prima dell'azienda, che vado poi a trasformare in distillati di frutta. L'azienda agricola è su tre ettari di superficie agraria utile, ma acquistiamo anche frutta da altre aziende sorelle".
A prima vista sembra un mercato inflazionato: con quale criterio scegli la frutta da trasformare in distillati?
"Intanto impiego la frutta di produzione aziendale, rappresentata da varietà antiche o poco utilizzate che ho recentemente reimpiantato, come la mela cotogna o la mela Limoncella, altre specie le acquisto negli areali dove si esprimono al meglio. Per l'albicocca Pellecchiella mi rifornisco da un'azienda posta alle pendici del Vesuvio, per i fichi bianchi ricorro ad un'azienda del Cilento, e ho ancora in corso un lavoro di recupero di altre varietà rustiche dimenticate.
Il lavoro di recupero di queste antiche cultivar di frutta ne rende possibile la valorizzazione mediante distillazione, perché le acquaviti a questo punto hanno una personalità spiccata".
Da quali esperienze sei partito e come mai sei approdato a dare alla tua azienda questo indirizzo?
"Tutto parte dalla mia passione per la distillazione. Ho un background scientifico: mi sono laureato in Chimica all'Università degli studi Federico II di Napoli e, dopo un master in Comunicazione scientifica, ho fatto sempre più ricerca e collezionato esperienze proprio nel campo della distillazione, materia che mi aveva sempre appassionato sin da quando leggevo testi sull'alchimia".
E fin qui il curriculum di studi, ma come scatta l'idea di farne un'impresa?
"C'era la disponibilità di un casale di famiglia a Portico di Caserta e ho deciso di utilizzarlo per la distilleria e l'azienda agricola, dopo aver completato gli studi con degli stage formativi sulla distillazione frequentati a Bassano del Grappa (Vi). Ho avviato il progetto nel 2012 e le prime acquaviti di frutta sono state poste in commercio dopo quasi quattro anni".
Che tipo di clientela riesci ad intercettare con questi prodotti e come?
"Per ora la clientela è fatta di ristoranti gourmet e stellati ed operatori del settore specializzati in prodotti distillati artigianali. Difficilmente raggiungo anche una clientela privata, sia per i numeri ristretti della produzione che per la struttura organizzativa perché non ho ancora un mio distributore. Ma sto già progettando come arrivare direttamente al consumatore finale attraverso delle innovative piattaforme di blockchain commerce".
Un modo per tracciare anche le produzioni oltre che per fare commercio diretto, giusto?
"La trasparenza del prodotto è già certificata dall'Agenzia della dogane, ma la cosa che più mi interessa garantire e comunicare è la scarsità e la rarità del prodotto, per via dell'utilizzo di queste cultivar ormai in disuso in frutticoltura".
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