Il grano duro fino sulla piazza di Foggia all’origine spunta – secondo Ismea - fino a 245 euro alla tonnellata, più del mercato all’ingrosso, dove si segnala una quotazione sui valori massimi rilevata dall’Osservatorio prezzi della Camera di commercio della Capitanata alla Borsa merci di 240 euro: questi almeno sono i valori rilevati mercoledì scorso, 9 gennaio 2019.

Ma in questo contesto, i contratti di filiera al Sud convengono ancora agli agricoltori? O paradossalmente rischiano di diventare una polizza sugli aumenti dei prezzi di mercato per molini e pastifici? Domande girate a Vincenzo Divella, amministratore delegato della Divella Spa, secondo pastificio d’Italia con base a Rutigliano (Bari), sentito da AgroNotizie in questi ultimi giorni. Secondo l’imprenditore questi accordi, se ben realizzati, mantengono la loro convenienza: soprattutto per i cerealicoltori.

Il grano duro sulla piazza di Foggia ha prezzi ancora bassi, anche se in leggero aumento rispetto alle medie degli ultimi due anni. Ci saprebbe spiegare dal suo punto di osservazione cosa sta succedendo?
"Esiste una grande quantità di grano duro nel mondo, e quindi le offerte sono superiori alle richieste, e per questo motivo il prezzo del grano duro resta basso".

Questo livello dei prezzi non le dispiace?
"No, anzi, mi fa piacere: sono prezzi che spingono sempre più i nostri cerealicoltori a seminare grano duro valorizzando i contratti di filiera in essere, infatti incentivano il rispetto degli impegni già presi per il triennio in corso per chi ha già sottoscritto contratti di filiera ed è comunque tenuto a seminare per non perdere i premi a ettaro, e consentono di mantenere elevato il potenziale produttivo dell’Italia, che, lo voglio ricordare, con 4,2 milioni di tonnellate prodotte nel 2018, è uno dei più grandi paesi produttori di grano duro, e ciò avviene anche grazie al meccanismo dei contratti di filiera".

Sarò più diretto allora: questi aumenti dei prezzi di mercato non rendono meno convenienti i contratti di filiera per i cerealicoltori?
"Guardi, dipende da come si fanno i contratti di filiera, io conosco quelli della Divella di quest’anno: tramite 36 stoccatori ho sottoscritto accordi che prenotano 25mila e 500 ettari a grano duro, che con una resa media attesa di 35 quintali ad ettaro fanno un potenziale produttivo di 857mila e 500 quintali. Attualmente ho già conferme per 18mila ettari, e conto che entro il 31 gennaio ci saranno anche quelle relative agli ettari attualmente non confermati. E sa perché? I contratti di filiera Divella prevedono non solo un prezzo minimo di 260 euro a tonnellata, ma per chi riesce a garantire un tenore di proteine di almeno 15,5% scatta un premio di ulteriori 10 euro alla tonnellata, e siamo a 270 euro, in più Divella paga i costi di stoccaggio per altri 15 euro a tonnellata".

D’accordo, ma già oggi il mercato non è lontano da quota 260, se i prezzi dei contratti di filiera dovessero essere superati da quelli di mercato, al suo cerealicoltore cosa succede?
"Abbiamo previsto che in caso di superamento, si assumerà come prezzo minimo del contratto di filiera il prezzo massimo del mercato di riferimento più vicino al cerealicoltore. Nel caso della Puglia il parametro scelto è il prezzo all’ingrosso della Borsa merci di Foggia, per la Basilicata quella di Altamura. Ovviamente verranno mantenuti tutti i premi previsti per la qualità e il pagamento dello stoccaggio".

In pratica il mercato è ininfluente, ma a questo punto vien da chiederle, Divella cosa ci guadagna?
"Guardi, qui l’obiettivo è la qualità, pensi che in Puglia il 30% della produzione di grano duro ormai passa dai contratti di filiera ed anche chi non ha sottoscritto questi accordi sa bene che se vuole vendere il grano sul mercato deve garantire qualità e finisce con l’applicare i disciplinari di produzione. Ci guadagno se riesco a convincere il cerealicoltore a seminare e coltivare grano duro di qualità tramite contratti di filiera in modo da diminuire l’import di grano di qualità dell’estero".

Sì, vero, ma il grano di qualità l’industria può sempre comprarlo all’estero se vuole, anche se ora le importazioni dal Canada appaiono in calo, o no?
"Certo, e le posso anticipare che prossimamente si accorgerà che le importazioni di grano duro fino dal Canada stanno nuovamente vorticosamente aumentando, perché c’è una forte domanda di pasta di qualità e quindi di grano di qualità che l’Italia non riesce a produrre e che ora si sta rendendo disponibile dal Canada dove non è stato utilizzato il glifosate in preraccolta nell’ultima mietitura. Vedrà che i due fenomeni – aumento delle importazioni extra Ue e produzione sostenuta in Italia - coesisteranno, unite da un solo tratto: l’alta qualità della materia prima".

Un’ultima domanda. Aveva un progetto anche sul grano tenero per i contratti di filiera, è poi partito?
"Certamente, quest’anno possiamo parlare di un piccolo esperimento: 500 ettari per 27mila 500 quintali di produzione, per produrre un grano di forza tipo Manitoba, destinato alla linea biscotti dolci. Ne sentiremo parlare più avanti".