Ha continuato a bruciare per più di tre giorni, lasciando dietro di sé un paesaggio desolante di alberi secchi e bruciati, a volte completamente consunti, fino a lasciare i pendii brulli di terra e sassi anneriti.

L'incendio che ha devastato i Monti Pisani, in Toscana, ha avuto proporzioni enormi, come riportato anche dai numeri: oltre 1.300 ettari distrutti, mezzi e abitazioni danneggiate, oltre 700 persone evacuate di cui più di 400 ancora sfollate. Ma nessun morto o ferito grazie al lavoro dei soccorsi e alla decisione tempestiva di sgomberare i paesi.

L'incendio è partito la sera di lunedì 24 settembre nei boschi di Calci, in provincia di Pisa, alimentato da venti di grecale e tramontana che stavano crescendo. Poi nella mattinata di martedì i venti sono diventati impetuosi, portando la cenere incandescente a incendiare campi di sterpaglie anche in pianura, fino lungo le rive dell'Arno.

Venti che hanno impedito l'intervento dei velivoli antincendio per tutta la mattina, lasciando il lavoro di spegnimento solo alle squadre di terra. Poi, quando nel pomeriggio le condizioni sono migliorate, la situazione era così grave che l'aeroporto internazionale di Pisa ha ridotto il traffico civile per non intralciare il lavoro dei canadair e degli elicotteri che hanno iniziato le operazioni.

Per alcune ore si è temuto anche per la certosa di Calci, lo splendido monastero cistercense ora museo di storia naturale gestito dall'Università di Pisa. 
Ma intanto a Avane e a Bozzano, alle pendici Nord occidentali del monte verso il mare, qualcuno, forse la stessa mano che ha appiccato il fuoco a Calci, ha dato fuoco ad altre zone boscose

La certosa di Calci attorniata dalle zone bruciate
La certosa di Calci tra i campi e i boschi bruciati
(Fonte foto: Matteo Giusti - AgroNotizie)

Qualcuno, perché l'origine dolosa dei roghi è ormai certa, con i focolai partiti in punti diversi, nel bosco, all'imbrunire, in modo da ritardare l'intervento delle squadre antincendio che non operano di notte.

Dal punto di vista ambientale i danni sono enormi, ancora non calcolati, in un territorio caratterizzato da un ecosistema delicato, che comprende ben nove aree naturali protette di interesse locale, fortunatamente non tutte colpite dal fuoco.

Dal punto di vista agricolo invece si iniziano a contare i danni, con oltre 100 ettari di oliveti collinari distrutti e decine di alveari rimasti tra le fiamme. Alcuni apicoltori sono riusciti portare via le api in tempo, ma per altri non c'è stato niente da fare e hanno dovuto abbandonare gli apiari al fuoco.

Per gli oliveti si deve considerare la perdita totale della produzione per almeno cinque anni, oltre ai costi di reimpianto e i tempi di ritorno in piena produzione, con una perdita stimata di circa 900 quintali di olio all'anno secondo Confagricoltura Toscana.

Per l'apicoltura oltre alla perdita degli alveari si deve tener conto di una perdita di pascolo per le api, caratterizzato da macchia mediterranea, con erica, cisti ed edera, oltre a castagni e acacie sparse.

In più c'è da tener conto di tutti i prodotti del sottobosco, come asparagi selvatici, funghi, tartufi, compromessi per tempi anche lunghi. Un danno che nel complesso Coldiretti Toscana stima in almeno 6 milioni di euro, e una prospettiva di non meno di quindici anni per ritornare alla situazione prima dell'incendio.

A questo si deve aggiungere il danno paesaggistico e i riflessi sull'economia turistica e agrituristica, in una zona che gode di una posizione speciale, a pochi chilometri dalla costa, dall'aeroporto e dalle città d'arte della Toscana e affacciata su un panorama unico, dove tra gli ulivi si abbraccia in un solo sguardo la città di Pisa, i suoi palazzi e la Torre pendente che si stagliano sulle pinete di San Rossore, fino al mare e alle prime isole dell'Arcipelago toscano.

E già partono iniziative di solidarietà spontanee per organizzare collette o donare olivi e api agli agricoltori colpiti. Iniziative che a volte sono anche inopportune come una lanciata sui social per andare a ripiantare alberi nelle zone bruciate e che ha immediatamente mosso l'appello di esperti e ricercatori a non farlo e non piantare piante a caso, per non compromettere ulteriormente l'ecosistema con piante che magari non hanno niente a che vedere con quell'ambiente.

Dal punto di vista degli esperti, il Conaf, il Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e forestali, insieme Ordine provinciale di Pisa Lucca e Massa Carrara, ha ribadito l'importanza di una progettazione e una gestione mirata e corretta delle aree agro-forestali come strumento fondamentale di prevenzione e di riduzione del rischio di incendi, soprattutto in prossimità di zone abitate.

A livello istituzionale la regione ha già stanziato 200mila euro per la gestione dell'emergenza e delle operazioni di spegnimento ed è stato organizzato un vertice a Firenze per martedì prossimo. Anche il ministro dell'Agricoltura Centinaio e il ministro dell'Ambiente Costa hanno promesso un intervento, mentre il sindaco di Calci Massimiliano Ghimenti chiede lo stato di emergenza nazionale.

Intanto la regione ha prolungato il divieto di accensione fuochi fino al 10 ottobre in tutta la Toscana e ha emesso un divieto di caccia non solo sulle aree percorse dal fuoco, ma per la prima volta anche nei boschi limitrofi, per tutelare la selvaggina già provata dall'incendio.

L'altro rischio ora sono le piogge e la priorità è la messa in sicurezza idrogeologica dell'area, per la quale stanno già partendo i sopralluoghi.