Tra i molti dati emersi a Roma nel corso della presentazione della 52esima edizione di Vinitaly, uno colpisce in maniera particolare non per il suo valore economico, ma per quello sociale: se siete dei comunissimi amanti del vino che insistono a comprare singole bottiglie invece che decine di bancali, Vinitaly non è più la fiera che fa per voi.

Pur rimanendo infatti quella che è forse la principale kermesse tematica sul vino in Europa, l'annuale appuntamento veronese conferma il nuovo trend di chiusura ai wine lover in favore dei più remunerativi buyer. Sia chiaro: non è che il comune visitatore venga cacciato da orde di irsuti sgherri armati di alabarda, ma tutto il 'Sistema Vinitaly' è organizzato per dirottarlo lontano dall'area fieristica, verso le iniziative di 'Vinitaly and the city' dislocate nel centro città e nei borghi di Bardolino, Soave e Valeggio sul Mincio, dove potrà apprezzare eventi culturali e degustazioni facendosi spennare senza disturbare con la propria ingombrante presenza chi nei padiglioni è impegnato a fare business serio.

Se i tutt'altro che abbordabili costi d'ingresso degli scorsi anni facevano sospettare ai più maliziosi una certa volontà di liberarsi dei 'pesi morti', il sospetto è stato confermato a Roma dal  presidente di VeronaFiere Maurizio Danese: "Siamo una delle poche fiere ad annunciare - ha detto - l'intenzione di diminuire i visitatori di una rassegna. Mi riferisco a quelli generici, per aumentare al contempo, invece, le presenze internazionali e dei professionisti".

Al di là della sua condivisibilità, la scelta di Vinitaly è squisitamente strategica per una fiera ormai molto più che affermata che sembra intenzionata a compiere un 'salto di qualità' corroborata da numeri di tutto rispetto: l'edizione 2017 di Vinitaly si è chiusa con 128mila presenze totali di cui 48mila dall'estero, tra le quali 30.200 buyer accreditati da 142 paesi.

Per l'edizione 2018, in programma dal 15 al 18 aprile, sono previsti 4.319 espositori da 33 paesi, con un aumento del 25% degli espositori esteri e diverse new entry, come quelle di Etiopia, Santo Domingo e Danimarca.

La conferenza stampa di presentazione è stata anche l'occasione per presentare l'outlook "Il futuro del mercato, i mercati del futuro" di Vinitaly-Nomisma wine monitor, dal quale emerge una sempre più forte propensione dei vini italiani a trovare sbocco sui mercati esteri, in grado peraltro di apprezzare il valore aggiunto dei prodotti nostrani e sostenerne i costi.

In base alle previsioni di Nomisma i prossimi cinque anni saranno caratterizzati da una forte crescita delle esportazioni, con mercati target che vedranno in testa la Cina, con incrementi del 38,5%, seguita da Russia (+27,5%) e Giappone (+10%). Più contenute le performance sui mercati storici, con una previsione di crescita in Germania e Uk tra lo 0,5 e l'1%. Trump permettendo dovrebbe andare meglio negli Usa, con variazioni attese attorno al 4,5% annuo e un incremento medio da qui al 2022 del 22%.
Dovrebbe confermarsi in generale l'esplosione delle bollicine che ha visto negli ultimi dieci anni i nostri frizzanti crescere nel mondo del 240% contro il 50% della media, con una tendenza a stabilizzarsi favorendo la fidelizzazione dei consumatori verso determinate etichette.

Non solo vino, infine, a Vinitaly, che affianca alla manifestazione principale Sol&Agrifood, salone internazionale dell'agroalimentare di qualità, ed Enolitech, appuntamento internazionale con la tecnologia innovativa applicata alla filiera del vino e dell'olio.

Tornando alla fiera: cresce l'offerta "green", con le aree ViVit, VinitalyBio e Fivi; ma forse la novità più innovativa (ci si perdoni l'orrendo gioco di parole) è costituita da "Vinitaly directory", un innovativo portale in lingua inglese, cinese e italiana che sostituisce il tradizionale catalogo online, progettato per contenere mini siti di tutte le cantine espositrici e consentire la ricerca di aziende e vini per zona di produzione, fascia di prezzo, bottiglie prodotte, mercati di riferimento, canali di vendita utilizzati e altro ancora.

Attualmente il catalogo contiene 4.319 espositori di 33 paesi e 13mila vini, ma dovrebbe essere implementato regolarmente per proporsi come strumento ideale di matching B2B internazionale durante tutto l'anno.

Vinitaly sembra dunque pronta a fare 'il grande salto', ma una fiera che rinuncia a una larga fetta di pubblico pagante e si concentra sul business, che si affianca un salone internazionale sull'agroalimentare e una fiera dedicata alle tecnologie della filiera dell'olio, che ricerca espositori esteri, in quale direzione sta saltando? Una risposta la troviamo ancora una volta nelle parole di Maurizio Danese e Giovanni Mantovani, direttore generale di VeronaFiere. "Con Vinitaly lavoreremo sempre di più fuori dai confini nazionali, anche in stretta collaborazione con Ice-Agenzia, - ha dichiarato Mantovani - perché siamo e restiamo convinti che solo attraverso un progetto di promozione di sistema oggi sia possibile per il vino italiano crescere".

La collaborazione con Ice è già abbondantemente avviata, al punto che, insieme a Vinitaly, è stata presentata anche la nuova campagna di comunicazione 'Italian wine - Taste the passion' targata Ice e destinata a promuovere il vino italiano sul mercato Usa. Si tratta a tutti gli effetti di una collaborazione istituzionale difficilmente instaurabile se Vinitaly fosse solo il 'marchio registrato di una fiera'. Mantovani, inoltre, parla di 'promozione di sistema' lasciando chiaramente intendere che Vinitaly rappresenta, o punta a rappresentare, un elemento fondamentale di un modello fortemente strutturato e competitivo.

Superare l'aura di provincialismo di un 'nome fiera' per inserirsi da protagonista sui mercati che contano. Ma in che veste? E a far cosa? Ce lo svelano le parole di Danese: "Il vero discriminante nel futuro sarà sempre di più il prezzo e non il volume, che non è certo illimitato. Oggi per sopperire al nanismo delle nostre imprese e per penetrare nei mercati più lontani serve un brand ombrello e una struttura qualificata in grado di accompagnare nel mondo non le singole aziende ma tutto il made in Italy enologico con modalità aggregative". Sorge il forte sospetto che questo ruolo, in un settore che - ricordiamolo - nel 2016 ha fatturato nel nostro paese oltre 12 miliardi di euro, lo si voglia attribuire alla fiera veronese. Un balzo in avanti niente male, che porterebbe Vinitaly a passare da semplice fiera tematica, per quanto importante e prestigiosa, a vero e proprio hub mondiale del business enologico.

Rimane da vedere se sono queste le intenzioni degli organizzatori e, in caso positivo, se l'operazione riuscirà. Quello che per ora è certo, è che la crescita della manifestazione nel corso degli anni è stata costante e tutte le scelte strategiche prese, anche le più discusse, alla fine sono state dichiarate vincenti dai fatti.