Quindi, io mi auguro che non ci siano realtà cooperative che stanno pensando di quotarsi, perché sarebbe un danno per i propri soci. Se sono cooperative saranno gli stessi soci a dire no a situazioni di questo tipo".
E' il messaggio di Giorgio Mercuri, presidente di Fedagri-Confcooperative e coordinatore di Agrinsieme, in un'intervista che rilascia ad AgroNotizie, a margine della due giorni di studi internazionali sulla cooperazione, che si è tenuta a Firenze sotto la regia dell'Accademia dei Georgofili e di Agrinsieme.
Presidente, qualora ci fossero società di capitali che detenessero di fatto la cooperativa, che cosa cambierebbe?
"Abbiamo sentito oggi il caso sia di Granarolo che di Mezzocorona, ancora più significativo a mio avviso. In quest'ultimo caso, gli agricoltori da una parte sono soci e dall'altra sono azionisti. Da una parte, mi spiego meglio, sono soci fornitori della materia prima, mentre dall'altra diventano azionisti interessati allo stesso business. Ma sono sempre i produttori al centro: è questo l'esempio da prendere in considerazione".
In questa fase, parlando di Pac, qual è la posizione di Agrinsieme?
"Bisogna essere chiari. La Pac attuale sta mettendo in difficoltà le aziende agricole; molte realtà stanno chiudendo. Con questo impianto della Politica agricola comune non avremo la salvezza del settore. C’è pertanto la necessità di orientare la Pac in modo diverso".
In quale direzione?
"Abbiamo degli esempi dell'Ocm che stanno dando delle opportunità alle aziende agricole. Noi siamo convinti che il futuro della Pac possa essere in parte orientato agli aiuti diretti. Parliamo ovviamente di quelli finalizzati alla disciplina ambientale, mentre gli incentivi legati agli investimenti devono rimanere agganciati al Secondo pilastro. Tale meccanismo, in estrema sintesi, metterebbe le aziende in condizione di poter investire e di innovare".
Una delle proposte che sembra essere in discussione ipotizza un taglio degli aiuti a fondo perduto, per preferire un abbattimento degli interessi finanziari. Come commenta?
"Se i tassi di interesse sono quelli di oggi, spero non si prenda una simile direzione, perché oggi il costo del denaro per le aziende strutturate è così basso che avere un intervento che taglia i tassi di interesse serve a nulla. Significherebbe soltanto togliere risorse all'agricoltura. Se il costo del denaro dovesse ritornare ai livelli di qualche anno fa, allora probabilmente potrebbe essere una soluzione.
Noi siamo perché queste risorse siano sempre a fondo perduto e siamo anche favorevoli al fatto che tali risorse possano essere indirizzate anche alle grandi aziende, perché questo significherebbe stimolare tutte le realtà a cercare nuove forme di aggregazione per rimanere sul mercato".
Il modello francese prevede un unico Programma di sviluppo nazionale, contrariamente a quanto attuato in Italia, dove i Programmi di sviluppo rurale seguono lo schema regionale. Cosa sarebbe più efficace per l'agricoltura italiana? Non dimentichiamo la gestione dell'Ocm vino, gestita a livello centrale e con risultati imbarazzanti.
"Come cooperazione, partendo proprio dal Sistema vino, abbiamo sempre chiesto la possibilità di devolvere più risorse al nazionale e meno al sistema regionale. Se si vuole fare una strategia per il paese deve essere sacrosanto agire così, senza comunque spostare tutto a livello nazionale. Abbiamo situazioni diverse in Italia e credo che spostare la gestione dei fondi a livello nazionale significa che si riesca successivamente metterle a disposizione laddove gli agricoltori spendono di più.
Tornando al settore vino, credo che, essendo forse il sistema più avanzato dell'agricoltura, la politica debba dire grazie alla parte produttiva, perché i mercati oggi sono stati occupati grazie al mondo imprenditoriale privato e cooperativo.
Abbiamo chiesto e abbiamo ottenuto un'attenzione per eliminare un po' la burocrazia nel settore del vino e la politica ci ha seguito, però abbiamo anche dato indicazioni di come impostare un discorso di strategia politica sul settore".