Expo delle idee o Leopolda del cibo, come l’ha definita Attilio Barbieri in un articolo sul sito “Italia in prima pagina” che rovescia la prospettiva autocelebrativa dell’evento? E ancora. Si è trattato di un momento operativo con 500 esperti e 42 tavoli tematici, in vista della presentazione della Carta di Milano su lotta allo spreco e diritto al cibo o è stata una passerella costosa per Renzi e qualche ministro e poco altro?

L’appuntamento di sabato 7 febbraio all’Hangar Bicocca, battezzato Expo delle idee, in parte ha diviso gli operatori, senza che tuttavia nessuno mettesse in discussione la strategicità per il Paese di un evento mondiale come appunto Expo 2015, che il 1° maggio prossimo aprirà i battenti, con una scia di polemiche dovute al fatto che è la festa dei lavoratori. Ma questa è un’altra questione.

Gli effetti speciali ci sono tutti: il Santo Padre in un messaggio video registrato e il guru di Slow Food, Carlin Petrini, che getta il mantello verso i poveri contadini e manda il messaggio che o è l’Expo dei contadini oppure è inutile. “Il nervo scoperto che oggi sta mettendo in ginocchio milioni di contadini ha un nome chiaro – dichiara Petrini -. Si chiama libero mercato, che applicato al cibo sta generando uno sconquasso di proporzioni bibliche”.

Papa Francesco punta il dito su quello che il suo predecessore, “il santo Papa Giovanni Paolo II, indicava come paradosso dell’abbondanza: c’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi. Questo è il paradosso!”.

Poi è la volta dell’ex presidente del Brasile, Luis Inacio Lula, il presidente operaio che esordisce con un “compagno Renzi e compagno Martina” e che parla del suo progetto fame zero. “Abbiamo scoperto che il problema della fame non è la mancanza di cibo, ce n’è in abbondanza, ma c’è chi non ha la possibilità di comprarlo. Allora abbiamo preso la decisione di garantire che i soldi arrivassero realmente a chi aveva bisogno e in particolare delle madri, perché sono loro le più responsabili”.

Sul filo dell’ideologia, nel carosello dei messaggi sul cibo non poteva mancare lo spot “veggie” dell’oncologo Umberto Veronesi, mentre il segretario generale della Fao, José Graziano De Silva, rimarca che “è importante coinvolgere la società civile nella discussione”, dal momento che la Carta di Milano sul cibo sarà una sorta di “Protocollo di Kyoto del cibo”. Si spera più utile, commenta qualcuno in platea.

Procede quello che il commissario unico di Expo 2015, Giuseppe Sala, chiama a margine dell’evento “una elaborazione culturale del tema di Expo, che deve essere gestita dal Paese ospitante e quindi dal Governo. Oggi è solo l’avvio di un lavoro e vuol dire anche accettare che il tema dell’alimentazione è talmente ampio che o lo si declina, come facciamo nei 42 tavoli tematici, o il messaggio rimane veramente intangibile”.

Il governatore lombardo Roberto Maroni si pone un obiettivo concreto; “Noi vogliamo che i visitatori di Expo amino la Lombardia e ci tornino nei sei anni successivi”. La Lombardia è in prima fila per sfruttare al meglio un’occasione irripetibile. “Come Regione - prosegue Maroni - abbiamo organizzato una serie di iniziative sul tema di Expo, per esempio sul non sprecare il cibo, sulla lotta alla contraffazione, ma anche per valorizzare territorio. La Lombardia ha 10 siti Unesco sui 50 dell’Italia, la Lombardia è patrimonio dell’Unesco e quindi vogliamo valorizzarla”.

Expo, secondo quanto sostenuto dal presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, sarà una vetrina fondamentale per il made in Italy agroalimentare, vera e propria locomotiva per il Paese. “Tra il 2007 e il 2014 – afferma Scordamaglia - il settore agroalimentare ha perso soltanto 3 punti percentuali di produzione, contro i 24 punti del manifatturiero nel suo complesso. Ha incrementato l’export di 48 punti, contro i 9 punti dell'export totale. E ha tenuto anche nei suoi livelli occupazionali, evidenziando anche sotto l'aspetto sociale la sua preziosa forza stabilizzatrice e anticiclica”.

In prima linea fra gli organizzatori dell’evento c’è il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che ha un obiettivo preciso riguardo all’Esposizione Universale. “La mia ambizione è che i 20 milioni di visitatori di Expo divengano, dopo aver visitato quel sito, 20 milioni di ambasciatori del diritto al cibo nel mondo”. L’auspicio di Martina è che i cittadini siano “consapevoli che attorno alla questione alimentare globale c’è un tema di equità e giustizia”.
Questa è la nostra ambizione - conclude – che l’Italia abbia un'Expo partecipata, consapevole, e all’altezza del tema che deve sviluppare con i 6 mesi espositivi”.

Le conclusioni della giornata sono affidate al primo ministro Matteo Renzi. Il 2015, secondo Renzi, sarà “un anno felix, straordinariamente fertile. Ci sono tutte le condizioni esterne per tornare a correre”. Perché “se l’Italia fa l’Italia per bene non ce n’è per nessuno nel mondo”.

Difatti, l’Italia fa l’Italia: provinciale, come spesso accade. Tanto che Rezina Ahmed, console generale del Bangladesh, lamenta: “Nessuna traduzione, niente cuffie, nemmeno un programma con i titoli delle conferenze. Torno a mani vuote, senza poter riferire nemmeno a grandi linee i contenuti di questa giornata”.

E a margine dell’evento, da Mantova parte anche il bombardamento dell’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, che parla di “Expo delle banalità”.
Rispetto alle migliaia di agricoltori e di addetti alla filiera agroalimentare – spiega Fava - che in questi giorni sono scesi in strada per dimostrare tutta la propria difficoltà rispetto a un’Europa e a un’Italia, che hanno scelto di condannare il made in Italy agroalimentare a morte certa, la costosa ostentazione di oggi grida vendetta al cospetto di dio”.
È evidente - prosegue l’assessore - che agli allevatori che fanno i conti con il latte a 35 centesimi al litro, ai suinicoltori che vendono suinetti sottocosto o ai cerealicoltori che con listini del mais a 15 euro al quintale non pagano il gasolio per innaffiare, una generica risposta come quella contenuta nella Carta di Milano, risulti assolutamente inaccettabile”.

Lucio Minghelli

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