Domani si aprirà, alla Fiera di Bolzano, “Interpoma” una fiera dedicata alla coltivazione, conservazione e commercializzazione della mela. Esperti del settore da tutta Italia e altri settori si incontreranno per discutere di tutte le problematiche legate alla produzione del frutto che rappresenta una delle eccellenze della regione. Su questo sfondo, quest’oggi, si è tenuta la presentazione dell’innovativo studio su “L’impronta carbonica della mela in Trentino - Alto Adige”, effettuato dalla Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano in collaborazione con Assomela – l’Associazione italiana dei produttori di mele - che da anni promuove ricerche tese a valutare l’impatto ambientale della produzione del frutto.

Sempre più commercianti e consumatori finali richiedono una certificazione della sostenibilità ambientale dei prodotti. L’obiettivo della ricerca era determinare l’impronta carbonica (“carbon footprint”), ovvero quantificare le emissioni di Co2, che avvengono durante il ciclo produttivo in campo e nella vita della mela in post-raccolta in Trentino Alto Adige. Contenendo le emissioni di anidride carbonica, che contribuiscono all’effetto serra, questa conoscenza può aiutare anche i produttori a rendere più efficace l’uso delle risorse nella filiera produttiva, con un ritorno economico.

I risultati della prima parte di questo studio – che si riferiscono alla fase che va dalla coltivazione della mela fino al suo trasporto nei magazzini - indicano consumi energetici e emissioni di Co2 che risentono positivamente delle elevate rese produttive che ormai sono la regola nella melicoltura della regione. Sulla base di diverse stime l’impronta carbonica della mela regionale per la fase di campo è compresa tra 0,04 e 0,06 kg di Co2 per Kg di mele, valori in linea con la valutazione della dichiarazione ambientale di prodotto (Edp, Environmental product declaration) ottenuta in modo indipendente da Assomela. La mela si colloca quindi tra i prodotti con impatto contenuto per quanto riguarda le emissioni di Co2. Parte di queste emissioni sono inoltre compensate dall’attività di fissazione biologica della Co2 da parte del meleto attraverso valori di fotosintesi che superano abbondantemente quelli di respirazione.

La seconda fase dello studio - in progress – sta invece analizzando le spese energetiche e le relative emissioni di anidride carbonica dovute alla conservazione e lavorazione delle mele nei magazzini della regione e quelle relative al trasporto della mela dal sito di stoccaggio al luogo di vendita. Dai risultati preliminari si evince come l’utilizzo di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili (idroelettrico e fotovoltaico) nelle fasi di conservazione, lavorazione e packaging costituisca un elemento di grande importanza ridurre l'impronta carbonica.

Georg Koessler, il presidente di Vog, il Consorzio delle cooperative ortofrutticole dell’Alto Adige ha espresso “un forte incoraggiamento a proseguire nello studio dei fattori che possono migliorare il rapporto tra produzione della mela ed ambiente in generale, al fine di trovare un nuovo equilibrio tra esigenze dei frutticoltori e sensibilità dei consumatori e delle comunità residenti". Ennio Magnani, presidente di Assomela, ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra Libera Università di Bolzano ed Assomela. “Insieme abbiamo prodotto un risultato importante”, ha affermato Magnani, “perché da un lato possiamo capire meglio il risultato in termini di "energia consumata" nella produzione di mele e, dall'altro, confermiamo una forte sensibilità e attività dei produttori su questi temi, parte importante della politica agricola della Comunità europea e della società del futuro".

La collaborazione con Assomela, condotta insieme al collega ingegnere agrario, professor Fabrizio Mazzetto, ha permesso, da un lato, di ottenere risultati importanti conoscenze riguardo alle potenzialità di sottrazione della Co2 atmosferica del sistema meleto e”, ha concluso il professor Massimo Tagliavini, professore alla Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano, “dall’altro, di capire quali interventi colturali e in post-raccolta incidono maggiormente sull’impiego di energia e sull’impronta carbonica della mela”.