Il maltempo si è abbattuto a più riprese, nei giorni scorsi. Prima grandine e tromba d’aria, poi bombe d’acqua. Se non fosse che il calendario dice che è luglio, sorgerebbero dei seri dubbi.
Tutta l’area ha dovuto dire addio a una parte rilevante delle produzioni. Non solo mais, carburante privilegiato in due province come Mantova e Cremona, ad alta intensità zootecnica. Ma anche insalata, che vede un distretto piuttosto fiorente nel comune di Guidizzolo. Tetti scoperchiati, coperture divelte, serre distrutte. Raccolti flagellati e piante spezzate. Stessa sorte ai kiwi, che le reti antigrandine non hanno protetto, squarciate sotto un bombardamento di chicchi di grandine grandi come palline da ping pong.
Già, perché nel contesto apocalittico si inserisce anche l’elemento beffardo. “I cannoni antigrandine non hanno funzionato – ammette sconsolato Fabrizio Cimarosti, presidente della Op Cooperativa orticola di Guidizzolo, 400 ettari coltivati a insalata e pomodoro – e tutti i servizi meteo non hanno previsto un evento di simile portata”.
Chi c’era racconta di un vero e proprio inferno, con alberi sradicati finiti in strada e fino a 98 millimetri di acqua riversatisi sui terreni in poche manciate di minuti.
A una quarantina di chilometri in linea d’aria, nel Casalasco terra di melone e angurie, altro scenario di desolazione, con i tunnel delle serre bucati e i frutti simbolo dell’estate ridotti come se fossero stati colpiti da centinaia di picozze.
Il bilancio di un meteo folle in un’estate maledetta lo traccia Matteo Pilan, referente della Coldiretti provinciale per i comuni dell’Alto mantovano. “Diverse aziende della zona hanno avuto danni totali, pari al 100 per cento – dichiara – e su una decina di comuni, da Guidizzolo a Ceresara, al momento la media dei danni che ho potuto constatare è attorno al 75 per cento”.
Si parla di prime stime e si cerca di attivarsi per richiedere lo stato di calamità naturale, che comunque per essere dichiarato dall’esecutivo nazionale deve rispettare determinati parametri. Li ha ricordati l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, che pochi giorni fa ha visitato alcune aziende agricole colpite e ha incontrati i rappresentanti dei Comuni colpiti.
“La situazione è abbastanza critica - ha detto Fava - ma per avere accesso ai risarcimenti deve essere dichiarata danneggiata oltre il 30% della produzione lorda vendibile. Pertanto, prima di qualsiasi procedura, dobbiamo verificare se sussistono i requisiti e il soggetto col quale le Amministrazioni comunali dovranno interfacciarsi è la Provincia, che dovrà raccogliere e inviare alla Regione tutta la documentazione per la ricognizione dello stato dell’arte”.
Tuttavia, anche altre criticità sono da considerare. “Le colture agricole hanno obbligo per legge di essere assicurate per essere risarcite dalle assicurazioni - ha precisato Fava - e su questo punto possiamo affermare con certezza che quest’area è una di quelle della Lombardia maggiormente assicurate. Una parte del territorio, inoltre, aderisce a delle Op che prevedono l’obbligo di assicurazione per i propri soci”.
L’alternativa alle assicurazioni, ha ricordato l’assessore lombardo, “è costituito dal Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali, che mostra alcuni limiti, perché oltre ad essere incapiente ha il problema dei tempi biblici per eventuali risarcimenti”.
Dal 2015 la situazione potrebbe cambiare, perché attraverso il Pon (Piano operativo nazionale) verranno messi a disposizione fino al 2020 una dote complessiva pari a 1.640 milioni, cifra prelevata dal Secondo pilastro della Pac.
L'assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia, Gianni Fava
Ma anche chi ha le assicurazioni è angosciato. “Abbiamo l’80% del prodotto in pieno campo – spiega Cimarosti –. In alcuni casi il prodotto è andato al 95 per cento e l’assicurazione, se va bene ci rimborsa il 30% di quanto è andato perso”.
E poi, ad avercela la copertura assicurativa. Molto spesso obbligatoria per chi aderisce alle Op, ma per gli elevati costi i produttori più piccoli e indipendenti a volta non la sottoscrivono. Così Davide Bombana, giovane agricoltore di San Giacomo di Cavriana, premiato con l’Oscar Green di Coldiretti poche settimane fa. “Non ci siamo assicurati – ammette – e abbiamo subito danno a circa il 40% dell’azienda, mentre zucche e cavoli sono andati completamente distrutti”.
Anche Claudio Frigo lamenta danni ingenti: “Trenta ettari di mais completamente distrutti e 500 quintali di rotoballe di fieno non più fruibili, per quanto si sono imbevute d’acqua”.
Intanto Albano Agabiti, il presidente di Asnacodi, l’associazione nazionale dei consorzi di difesa, ieri ha presentato la campagna nazionale di comunicazione “Infopac2014 - gestire i rischi per sviluppare l’impresa”, finanziata dall’Unione europea.
L’obiettivo dell’iniziativa è “entrare in contatto con almeno 350mila imprese agricole, alle quali far conoscere tutte le opportunità che il mercato italiano è in grado di offrire a livello assicurativo – ha detto Agabiti – perché avere circa 100mila imprese che in Italia ricorrono al sistema assicurativo è ancora troppo poco”.
A parlare di un conto salato è la Coldiretti, che stima mezzo milione di posti di lavoro a rischio, a fronte di un aumento del 34% di media delle precipitazioni nel mese di luglio rispetto alla norma. Maltempo che si è riverberato anche su turismo e sui prezzi al consumo dei prodotti stagionali.
Stime Ismea rilevano che i prezzi delle produzioni hanno perso oltre il 34% rispetto allo stesso periodo del 2013, con punte del 40% per le nettarine, ma anche susine, meloni e cocomeri, per i quali non si riescono a coprire neanche i costi di raccolta.
Matteo Bernardelli