Degli oltre 210 partecipanti, 95 provenivano dal mondo della ricerca pubblica, 109 dal mondo dell'assistenza tecnica e dell’industria e 15 tra studenti e agronomi liberi professionisti.
Molti gli spunti di analisi e di riflessione offerti dagli autori delle relazioni orali (24) e dei poster (20) per la costruzione di un nuovo paradigma della gestione più basata sul interazioni sistemiche e sulla naturale biofortificazione delle piante.
Nel corso del convegno è stata messa in evidenza la necessità di mantenere un elevato standard di protezione delle colture con i prodotti già registrati e di superare la carenza normativa che mantiene i prodotti biostimolanti, corroboranti e induttori di resistenza in un limbo compreso fra agrofarmaci e concimi, nonostante essi presentino notevoli peculiarità per la registrazione. Questa mancanza di chiarezza non giova, infatti, alla diffusione dei nuovi strumenti di controllo fisiologico capaci, in alcuni casi, di ridurre suscettibilità a patogeni e di controllare la crescita.
Sono state presentate esperienze di impiego di alcune sostanze riconosciute come corroboranti in agricoltura biologica (propolis, polvere di pietra o di roccia; bicarbonato di sodio, gel di silice, preparati biodinamici, oli vegetali alimentari, lecitina, aceto di vino e frutta, sapone molle e/o di marsiglia e la calce viva) e di alcuni biostimolanti: prodotti di natura organica in grado di incrementare l’attività microbica del suolo e la crescita delle piante mediante la stimolazione di diverse vie metaboliche.
Questi ultimi, derivati principalmente da microrganismi, alghe, amminoacidi e sostanze umiche, hanno mostrato delle potenzialità nel favorire l’aumento della biomassa vegetale e nel supportare la pianta nel superamento di stress biotici e abiotici.
L’importanza tecnica di biostimolanti e corroboranti (già ammessi nel biologico in Italia come classe a parte) è crescente e diversi sono stati i prodotti innovativi presentati nel corso del convegno.
Nell’approccio complessivo proposto, le difese della pianta possono essere elicitate da fattori biotici (microrganismi) o abiotici (stress di natura fisica, pratiche agronomiche, applicazione di composti naturali o di sintesi) e l’induzione di resistenza consiste nell’attivazione delle difese della pianta, che risulta più reattiva a successivi stress di natura biotica o abiotica.
Tale approccio mira generalmente alla prevenzione delle avversità.
Sebbene i risultati nella protezione delle piante ottenuti con corroboranti, biostimolanti ed induttori di resistenza siano talvolta inferiori rispetto a quanto si può ottenere con trattamenti con agrofarmaci di sintesi, il cambio di paradigma effettuato in agricoltura integrata e biologica verso una maggiore sostenibilità e una maggiore qualità dei prodotti con minori residui, ne rende attuale l’uso e lo studio. Allo studio di queste classi di prodotti deve infine essere affiancato un uso molto più moderno dei micronutrienti.
Questi vanno considerati non solo per la loro presenza e biodisponibilità ma soprattutto per le interazioni con altri nutrienti.
Sono state presentate esperienze con micronutrienti Fe e Ni nelle colture orticole, considerando aspetti relativi alle forme presenti nel suolo, alle fonti apportate, ai meccanismi di acquisizione e all’efficienza d’uso, alle interazioni con altri nutrienti (N e S) in relazione all’accumulo di nitrati nei tessuti verdi ed alla pratiche agronomiche orientate alla biofortificazione. E’ stato trattato infine il caso dell’elemento non essenziale ma benefico del Si considerandone effetti sulla produzione e sui meccanismi di acquisizione di altri nutrienti.
La necessità di migliorare la normativa è apparsa come una priorità di tecnici ed operatori del settore, e sembra che l’Unione europea stia facendo i passi appropriati per portare più chiarezza nel settore, ad esempio permettendo l’uso di alcuni induttori di resistenza come sostanze di base per la protezione delle piante.
A cura del Comitato organizzatore:
Gianfranco Romanazzi, Serena Polverigiani, Davide Neri
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