Più che una guerra di trincea, è una battaglia sulla collina. Sui fronti opposti, il Consorzio della Valpolicella e le Famiglie dell’Amarone, i produttori storici del vino simbolo della Valpolicella.

L’oggetto della contesa riguarda la modifica del disciplinare di produzione dell’amarone e l’eliminazione, di fatto, della differenza fra collina e pianura.

Una omologazione al ribasso, secondo l’accusa delle Famiglie dell’Amarone  (Allegrini, Begali, Brigaldara, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant'Antonio, Tommasi, Venturini, Zenato), che potrebbe danneggiare la reputazione e di conseguenza anche i prezzi di vendita del vino.
Sulla questione si è espressa, nei giorni scorsi, anche l’assemblea dei soci, cassando l’opposizione delle Famiglie dell’Amarone ed aprendo la porta alla produzione anche su impianti sistemati in terreni freschi e pianeggianti.
Il presidente del Consorzio della Valpolicella, Christian Marchesini, per smorzare i toni ha voluto precisare che la modifica del disciplinare non porterà ad alcun “ampliamento della zona di produzione dell’Amarone e degli altri vini della Valpolicella. Piuttosto, con la modifica adottata, il Valpolicella, il Ripasso, l’Amarone e il Recioto continueranno ad essere prodotti esattamente dove vengono prodotti oggi. Senza tale modifica, circa 2/3 delle produzioni avrebbero corso il rischio di non essere più certificate”.

In estrema sintesi, la posizione del Consorzio della Valpolicella è la seguente: “Nessun allargamento delle zone di produzione, ma semplicemente una correzione ad un errore nel disciplinare del 1968”.

Tutto qui? Nemmeno per idea, a sentire la controreplica delle Famiglie dell’Amarone. “Prendiamo atto – dichiara il vicepresidente Stefano Cesari (Brigaldara) - che la legittimazione produttiva della pianura, frutto della modifica del comma 2 dell’articolo 4, votata dall’assemblea dei soci del Consorzio il 10 maggio scorso, decreterà l’omologazione tra tutte le aree produttive della denominazione e che, da quella data, la collina non esiste più. Questo è ciò che più ci rammarica: il mancato riconoscimento della ‘superiorità’ della collina, da cui ha avuto origine anche il benessere diffuso per tutto il territorio”.

Secondo le Famiglie si tratterebbe di un’inversione di rotta nella visione della denominazione, quella attuata dalla modifica del Consorzio che, solo nel 2008,  riconosceva la diversità di zonazione attribuendo alla collina il 53%, il 23% alla fascia pedecollinare e il 24%  alla zona di fondovalle (http://www.consorziovalpolicella.it/uploads/files/UploadedFile/anteprima_2004Pedron.pdf).

Sulla querelle interviene anche Marilisa Allegrini, presidente delle Famiglie dell’Amarone: “Leggiamo che il Consorzio dichiara che la modifica al comma 2 dell’articolo 4 si è resa necessaria per correggere un vizio di forma del disciplinare e per dare una maggior coerenza fra lo stesso e la fotografia reale dei vigneti da sempre esistenti in Valpolicella”.
Quindi, secondo Allegrini, “un condono tombale che noi avevamo sollevato il 6 maggio. Inoltre, apprendiamo che prossimamente il Consorzio convocherà un tavolo interprofessionale, segno che forse qualche problema all’interno della denominazione c’è. Infatti la modifica del disciplinare è stata presa all’unanimità dal cda del Consorzio e non dall’unanimità dell’Assemblea del 10 maggio, che ha registrato il voto contrario non solo delle Famiglie socie del Consorzio, ma anche di altri produttori”.

Il Valpolicella, con i suoi 7.002 ettari di superficie vitata, rappresenta il 10% del totale regionale, dislocato nei 19 comuni della pedemontana veronese. 
Sono 2.245 le aziende che vivono e lavorano su 30.000 ettari, per una produzione di 60 milioni di bottiglie, per un valore di 350 milioni di euro.