Crescita del valore aggiunto per l'agricoltura nel 2010: sulla scia della timida ripresa dell'economia italiana (nel 2010 il Pil è aumentato dell'1,5% in termini reali, grazie prevalentemente alla ripresa delle esportazioni), il valore aggiunto è cresciuto, a prezzi correnti, di 1,3 punti, a fronte di un aumento del valore della produzione (+1,7%) e dei consumi intermedi (+2,0%).
I dati della ripresa sono contenuti nel Rapporto sullo stato dell'agricoltura dell'Inea, l'Istituto nazionale di economia agraria, presentato ieri 27 luglio 2010. La crisi economica, la volatilità dei prezzi delle commodity agricole, i mutamenti della Politica agricola comunitaria, la diversificazione delle aziende agricole, gli effetti dei cambiamenti climatici sul settore primario e la gestione forestale sono solo alcuni dei temi centrali, affrontati all'interno del Rapporto, giunto all'ottava edizione.
Nel dettaglio il volume realizza un'analisi dello scenario internazionale, attraverso lo studio delle principali dinamiche dell'economia mondiale. Il Rapporto prende in esame, inoltre, le ripercussioni verificatesi in Italia, anche attraverso l'osservazione dei principali indicatori economici del sistema agricolo e agroalimentare italiano.
In questo contesto l'occupazione agricola è aumentata di ben 17 mila unità (+1,9%). Aumentano molto il peso degli stranieri, soprattutto neocomunitari, in coerenza con il loro crescente ruolo in tutta l'economia e la società italiana percentuali.
Dopo la stasi del 2009, nel 2010 il fatturato dell'industria alimentare è tornato a crescere (+3,3%). L'evoluzione positiva dell'industria alimentare viene ribadita anche dall'indice della produzione industriale dell'Istat, che evidenzia per il 2010 un valore pari a 102,9 (base 2055=100), denotando una crescita del 2,4% rispetto al precedente anno. Quasi tutte le categorie di prodotti alimentari evidenziano una crescita dell'indice della produzione industriale rispetto al 2009. L'unica eccezione è rappresentata dalle conserve di frutta e ortaggi (-0,9%), anche se l'indice rimane comunque a livelli elevati grazie alla crescita degli ultimi anni.
Anche la spesa delle famiglie, nel 2010, è tornata a crescere, con una dinamica che si è tradotta, sostanzialmente, in un riposizionamento su livelli analoghi a quelli prima della crisi. I consumi complessivi delle famiglie registrano un andamento positivo, sia in termini nominali che reali, pari rispettivamente a 2,5% e 1,0%.
Le dinamiche degli scambi agroalimentari nel 2010 e nei primi mesi del 2011 sono sviluppate in un contesto caratterizzato dall'incertezza, soprattutto relativamente alla volatilità dei prezzi. In questo contesto il 2010 si è caratterizzato come l'anno della ripresa degli scambi internazionali; anche l'Italia ha fatto registrare un netto incremento sia dell'import (+11,9%) sia dell'export (+11,5%).
L'Inea ha diffuso anche alcune simulazioni realizzate sulla base delle comunicazioni della Commissione europea su 'La Pac verso il 2020'. Riguardo al tema dei pagamenti diretti tra Stati membri il dibattito si è concentrato soprattutto sul tentativo di stabilire criteri 'oggettivi' con cui procedere alla distribuzione delle risorse del primo pilastro della Pac tra gli Stati. Il criterio che ha rappresentato il punto di riferimento iniziale, sulla base dei molteplici studi realizzati negli ultimi mesi a livello comunitario, è quello della superficie agricola.
Tuttavia secondo l'Inea, questo parametro, se utilizzato in maniera esclusiva, darebbe luogo a forti scostamenti dallo status quo, cioè dall'attuale distribuzione degli aiuti, con conseguenti consistenti travasi finanziari tra gli Stati membri. L'Italia sarebbe tra i Paesi maggiormente penalizzati: se si utilizzasse la superficie ammissibile agli aiuti (comprensiva delle superficie vitate e a ortofrutta), il massimale del nostro Paese si ridurrebbe significativamente.
In generale - ha osservato il rapporto - un importante elemento nella valutazione delle potenzialità della riforma della Pac è la dimensione finanziaria attribuita a questa politica nelle future prospettive finanziarie. La recente bozza di discussione delle nuove prospettive finanziarie dell'Ue traccia un quadro complessivo che prevede una riduzione dei pagamenti diretti, che sembra collocarsi intorno al 12,5% per tutto il periodo (2020 rispetto al 2013), mentre invece al primo anno (2014) la riduzione sarebbe limitata a circa il 2,9% rispetto ai massimali del 2013. Per l'Italia, si passerebbe il primo anno ad un ammontare pari a 3.834,7 milioni di euro, e a regime a 3.455,6 milioni, con un tasso medio annuo di riduzione pari a 1,9%.
Uno degli obiettivi della riforma della Pac - ha spiegato il rapporto - "è di rendere la distribuzione degli aiuti più omogenea, non solo tra Stati membri ma anche tra Regioni e aziende. In Italia, dove a seguito della riforma Fischler è stato applicato il criterio storico di distribuzione tra aziende del regime di pagamento unico, gli aiuti sono molto differenziati tra aziende, produzioni e territori. Di conseguenza la futura riforma della Pac potrebbe avare effetti redistributivi molto rilevanti.
A questo elemento, nella valutazione degli effetti redistributivi della riforma, va aggiunto quello relativo alla posizione di ciascuna Regione. Oggi ciascuna Regione riceve un ammontare di aiuti che è in funzione delle produzioni storiche di quei territori; il passaggio ad un aiuto forfettario ad ettaro, anche non tenendo conto della riduzione delle risorse complessive, comporterà una rottura del legame tra territori e aiuti storici e quindi, a seconda di quale sarà il criterio prescelto per ridistribuire le risorse, differenti saranno gli effetti della regionalizzazione".
Le simulazioni dell'Inea hanno tenuto conto anche dello 'spacchettamento' degli aiuti nelle diverse componenti (pagamento di base, pagamento 'verde', pagamento per le aree svantaggiate e pagamento per le aree Natura 2000). In riferimento al caso italiano, il rapporto ha stabilito che la componente di base dei pagamenti diretti avrebbe, a partire da un massimale pari a 3.949 milioni di euro, un plafond di 2,5 miliardi di euro, mentre per il greening sarebbe a disposizione poco meno di 1 miliardo di euro. L'envelope per le aree svantaggiate e per le aree Natura 2000 sarebbero pari entrambe a circa 190 milioni di euro.
Il rapporto Inea ha analizzato anche le implicazioni sul settore agricolo dei cambiamenti degli assetti istituzionali nazionali.
"Negli ultimi decenni - ha osservato l'istituto - l'intervento pubblico in agricoltura ha subito profonde modificazioni sotto lo spinta, da un lato, dell'evoluzione della politica agricola comunitaria e nazionale e, dall'altro, del cosiddetto processo di 'devoluzione', cioè del trasferimento di funzioni e risorse dallo stato centrale a regioni e enti locali".
"Da un lato - ha spiegato l'Inea - il passaggio dalla politica dei trasferimenti erariali agli enti decentrati a quella basata su risorse proprie determina conseguenze importanti in termini di offerta di servizi e livello di prestazioni che questi enti locali sono in grado di garantire. Dall'altro lato la possibilità, da parte degli stessi enti, di applicare tributi propri, in aggiunta alla compartecipazione al gettito dei tributi erariali, riscossi sul loro territorio, può produrre variazioni rilevanti nella pressione fiscale in agricoltura".
In chiusura, il volume si sofferma su specifici argomenti tematici fra i quali un approfondimento sul tema della grande variabilità delle quotazioni delle materie prime e sulle risposte sia della comunità internazionale, principalmente del G20, sia della Commissione europea.
Altro tema al quale l'Inea dedica un'analisi specifica è quello dei processi di diversificazione delle aziende agricole, emblema della ricerca di forme di sostegno al reddito provenienti da attività agricole non tradizionali.
L'Inea ha osservato che negli ultimi decenni la gamma di strategie utilizzate dalle imprese agricole per far fronte alla riduzione e all'instabilità dei redditi è andata via via modificandosi, arricchendosi di nuove fonti e di percorsi alternativi di allocazione dei fattori della produzione. Nel volume sono state prese in considerazione le seguenti forme di diversificazione: l'utilizzo di metodi di produzione biologica e a ridotto impatto ambientale; l'utilizzo di certificazioni di indicazioni geografiche (denominazioni di origine e per prodotti tradizionali); la vendita diretta; la trasformazione del prodotto in azienda; la partecipazione a programmi di estensivizzazione, di conservazione del paesaggio e a difesa della biodiversità; la presenza di attività agrituristiche; i noli di macchine (contoterzismo attivo); gli affitti di terreni e fabbricati aziendali.
Il quadro della diversificazione è completato dalla pluriattività, identificata con la presenza di un qualche reddito da lavoro (dipendente o indipendente) extraziendale percepito da un qualunque componente della azienda-famiglia. La trasformazione in azienda e la vendita diretta risultano nel complesso le attività di diversificazione più diffuse: si tratta di attività non strettamente agricole ma che mirano alla valorizzazione del prodotto agricolo aziendale e, quindi, che mantengono le risorse aziendali nell'ambito della filiera agricola. La diversificazione può quindi essere - ha concluso l'Inea - "indicata come un'opportunità per le aziende agricole di integrare e stabilizzare i bassi redditi, consentendo la sopravvivenza stessa di una certa tipologia di attività primaria, recuperando uno spazio di autonomia decisionale".
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